Cara Italia,
Queste righe sorprendono qualche frammento di una vita. La vita di una persona come tutte le altre, con i suoi problemi e le sue gioie, cosi come sono tanti altri milioni qui, nella penisola.
Quello che mi rende diverso della maggioranza dei tuoi cittadini è che io non sono nato nella tua casa. Sono romeno e sono arrivato qua in un momento della mia vita, quando cercavo un’occasione migliore per materializzare i miei sogni. Tu mi hai accolto. Mi hai permesso di trovarmi un mio posto e di costruirmi una nuova vita, lontano dalla mia famiglia e della mia patria, compensando tutto ciò con la promessa delle belle cose che potrò realizzare. In cambio io ti ho offerto la ricchezza materiale che risulta dal mio lavoro e dalla mia astuzia – sono uno di quel un milione di romeni che ha aiutato l’economia italiana a crescere con 1,2%; la mia ricchezza umana, che fa sì che la vita di tante persone sia soccorsa da medici romeni negli ospedali italiani, che i bambini italiani crescano curati e protetti dalle tate romene, gli anziani siano aiutati da persone romene che li assistono, e che gli italiani di tutte le età e categorie abbiano degli amici romeni; la mia ricchezza culturale dovuta alla quale gli artisti romeni creano, fanno danza, teatro, scultura e cantano qui, in Italia, arricchendo di fatto non solo un paese, ma l’intera umanità.
Cara Italia,
Ho sempre considerato che la mia nazionalità non costituisce un difetto, ma è un motivo di orgoglio. Quello che mi definisce come essere umano non proviene dal passaporto ma di quello che rappresento davvero e sono in grado di offrire a te e a tutti gli italiani con i quali vengo in contatto.
Sono rattristato però, perché da qualche tempo, per alcuni, la cittadinanza romena e diventata un problema, l’appartenenza alla grande famiglia europea non conta più ed il principio generoso di “umanità”, al quale la cultura italiana ha contribuito nei secoli scorsi in maniera fondamentale, e dimenticato a favore di alcuni criteri pericolosi quali “razza” e “straniero”. Queste categorie creano spaccature nel corpo sociale e generano inimicizie discriminatorie, calpestando perfino lo spirito e la lettera della Costituzione italiana.
Nel 1990 nella penisola se trovavano quasi 6000 romeni. Perciò il circa un milione di persone che sono arrivate qua dalla Romania alla ricerca di una vita migliore l’ha fatto dopo che si è salvato dalla reclusione di un duro regime totalitario. La certezza della libertà e della sicurezza che uno stato di diritto offre all’individuo è quella che ci ha attratti verso te. Però lo stato di diritto ha come fondamento la protezione e lo sviluppo dei diritti civili politici, economici e culturali, basati sul principio della non-discriminazione.
Quali garanzie ho adesso – quando il barometro dell’odio mi determina talvolta di temere di parlare il romeno in strada – che sarò protetto dalle tue istituzioni, al quale funzionamento contribuisco con tasse ed imposte?
Conosco bene i diritti dei quali godo. So che il diritto all’eguaglianza di fronte alla legge ed alla protezione contro la discriminazione per tutte le persone è universalmente riconosciuto. Conosco anche i documenti internazionali che mi proteggono e che non sono rispettati da quelli che mi perseguitano perché sono romeno: la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, la Convenzione Internazionale per l’Eliminazione di tutte le forme di Discriminazione Razziale, le Convenzioni dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per i Diritti Civili e Politici ed i Diritti economici, sociali e culturali, la Convenzione europea per i Diritti dell’uomo e le Libertà fondamentali, firmati da tutti gli stati membri.
Ma quelli che applicano questi testi nella vita comune sono le persone. Come potrei io determinarli a guidarsi nelle loro azioni seguendo i principi di questi documenti, da te firmati ed riconosciuti, e non seguendo l’onda di odio e intolleranza che risento con sempre più intensità?
Cara Italia,
La mia storia e quella di una Persona qualsiasi, che non uccide e non ruba. E la storia di un milione di romeni che vive qui, nella tua casa, rispettando le tue regole, ma che si sente stigmatizzato e trasformate in capro espiatorio per la colpa e le illegalità di qualche nostro cittadino. Quelli che infrangono le leggi devono pagare. Ma, come in tutti gli stati di diritto, le pene devono essere individuali e in diretta proporzione con la gravità dei fatti.
Le pene collettive non risolvono nulla. Al contrario, coltivano il clima dell’odio e dell’intolleranza. Cioè fanno sì che noi, persone con storie semplici ma buone e belle, non ci intendessimo più tra noi, non comunicassimo più, non avessimo più fiducia uni negli altri.
La storia ci insegna che, ogni volta che lasciamo l’odio prendere il posto della tolleranza e del rispetto, quando le persone stigmatizzano i loro simili al posto di trovare soluzioni concrete ai problemi concreti, quando intere comunità sono biasimate per una colpa costruita al livello dell’immaginario collettivo, i risultati sono disumananti.
Credo tu abbia sentito storie simili anche dai milioni d’italiani che hanno provato di realizzarsi oltre i tuoi confini e che, sia che si trovavano negli Stati Uniti, sia in diversi paesi europei, sono stati la meta di certe campagne e manifestazioni di odio e d’intolleranza.
Pensando a tutto ciò ed alla bella storia che noi potremo creare insieme, ho la fiducia che i tuoi cittadini capiranno che i romeni non sono ne più buoni ne più cattivi degli italiani. Che la furia nulla risolve, ma il rispetto reciproco, la fiducia e l’applicazione corretta delle leggi possono invece fare tanto. Che noi, romeni ed italiani, siamo uguali ed è proprio per questo che possiamo costruire insieme tante buone cose ed è ancora per questo che tu ci hai ricevuti qui, cara Italia.
La lettera sarà oggetto per due o tre domeniche di una sottoscrizione e sarà poi inviata con le firme raccolte alle curie vescovili e ai comuni.
Un romeno.