“Amate gli alberi! Loro sono la fonte e la salvaguardia e la poesia della Vita. Il Bosco è il tempio primordiale e sarà l’ultimo rifugio dell’Umanità”, ci chiedeva umilmente Al. Vlahuta nel 1911.
“[…] Siamo i figli della selva per la maggior parte del nostro passato. E’ nei boschi che abbiamo imparato la doina (canto tradizionale), là siamo cresciuti e prolificati, da là siamo sciamati nella pianura. E ci siamo costruiti armi con le sue querce e ci ha offerto protezione al suo interno ogni volta che un’ondata ci si abbatteva addosso. E ce ne sono state di ondate grosse! Non si può dire che non siamo stati amati dal bosco e che non si è preso cura di noi. In tutti i canti antichi del nostro popolo troviamo l’eco di questo secolare amore santo:
io mi allontano, il bosco resta
il suo fogliame si lamenta
I canti del nostro popolo! Quanto è triste sentire il bosco suonare la sua ultima doina di addio, perché adesso è lui che si sta allontanando e noi che restiamo! Non lo sentite? Attraverso il rimbombo assordante delle asce, attraverso l’affamato urlo animalesco dei seghetti, attraverso il fruscio delle zattere che scivolano sugli alteri fiumi delle nostre montagne, schiavizzati anche loro, poverini – io sento, giorno e notte, il lamento del bosco che se ne va per sempre. E a volte mi sembrano dei vigliacchi, nella loro fretta di svignarsela dal bosco, i vagoni carichi di legna … come se scappassero con una preda. Chi sa cosa si dicono le aquile quando guardano da là su la terrificante devastazione del loro impero, che credevano fosse eterno!
Stanno scomparendo i nostri boschi. Rimangono solo le loro impronte come delle ferite aperte. Ferite mortali sul corpo del Paese. Sembra l’inizio della fine del nostro mondo. I Monti Neamt (nella Moldavia) mostrano paesaggi desolanti, Vrancea è devastata, su Lotru (nel Monte Cozia) le rocce franano per colpa della torrida siccità. Ovunque crollano il dominio della Terra e la preservazione dell’umanità – da tutte queste ferite fuoriesce il sangue del nostro Paese. Ma noi ce ne freghiamo di tutto questo. Stanno aumentando gli anni di siccità, si intensificano i venti forti che soffiano sopra le nostre coltivazioni e le brucia in estate talmente forte che ti piange il cuore solo a guardarle, nelle valli dei fiumi nemmeno l’erba cresce più – ma noi pensiamo che sia semplicemente la sorte … cosa vuoi fare? Come Dio vuole …
[…] Riusciremo mai a piantare nel cuore dei nostri bambini il seme dell’amore per la natura o almeno il rispetto per il suo operato? Sulla scorza degli anziani alberi dei monasteri di Agapia e Neamt (nella Moldavia) ho guardato le iscrizioni, con lettere grandi quanto un palmo, di nomi di così tanti avari di celebrità che pensano che le prossime generazioni debbano per forza sapere che anche loro una volta hanno fatto ombra su questa terra e … che hanno offeso i suoi doni. Lungo le vie, i fertili alberi piantati dai monaci che hanno faticato a lasciare dopo di loro un’opera di bene, i poveri alberi fertili, di nessuno e di tutti, più sono carichi di frutti in estate e più sono maltrattati e fregiati. La ricompensa per essere stato buono e generoso! […] Esiste un grande giorno, “la Festa degli Alberi”. Non c’è bambino che non pianti quel giorno il suo alberello con cura, con amore e con il bel pensiero che anche lui contribuisce nel mondo con il suo pezzettino di benessere, che anche lui si connette tramite qualche cosa con la Terra che lo nutre.
Quanti tra i passanti non si costruiscono un bastone, un manico per la frusta o una corda per il carro coni fragili rametti piantati sul bordo della strada? Non si tratta di cattiveria e nemmeno del piacere di distruggere. E’ semplicemente un abitudine; una cattiva abitudine … per non chiamarla maleducazione. Qualcuno gli ha mai parlato chiaramente e umanamente di cosa va bene fare e cosa non va bene fare, di cosa va bene e di cosa va male oltre la porta della loro casa? Ma ad un villano – un bambino selvatico della natura, della vasta e indifferente natura, che non possiede strade dritte ed alberi piantati in fila, mai gli ha chiesto il conto per questo tipo di danni, che non ha mai subito da parte sua. Lui sa bene quanto è piacevole in estate, sul bordo della strada, trovare un pezzettino di ombra per un attimo di riposo. Per un cittadino, che è sopraffatto di incombenze, la sua mente non è abituata ad arrivare così lontano …
Cosa c’entra l’attimo di riposo dei suoi antenati all’ombra di questo fragile pioppo, sottile come un dito, con le foglie tremolanti, incontrato esattamente nel punto giusto dove … a lui serviva urgentemente un manico per la sua frusta! Come se Dio lo avesse messo là proprio per lui …
Ci riesce ad immaginarlo tra cinquant’anni un grande albero? Solo voi, insegnanti e preti dei nostri villaggi, non ancora risvegliati alla realtà della vita, solo voi riuscirete a fargli guardare il mondo oltre cent’anni in futuro ed oltre cent’anni in passato, per fargli sentire dentro di lui non l’attimo avido della sua scelleratezza, ma la forza decisa e duratura di una stirpe, che arriva da lontano e continua a proseguire …
Da voi ci aspettiamo il rimboschimento del Paese. Siete voi i primi a dover amare gli alberi. D’altronde per molti versi, vi assomigliate a questi grandi amici dell’Uomo, che tramite il benessere che ci trasmettono ci insegnano tanto. I nostri silenziosi, robusti, benedetti amici. Loro assorbono la frescura dalla Terra per donarcela in estate ed accumulano il calore dal Sole per offrircelo in inverno. Loro purificano l’aria, spuzzandola tramite il suo fogliame con l’acqua che aspirano da profondità considerevoli con i filamenti delle radici. Loro ammorbidiscono la rabia dei venti e regolano i cambiamenti atmosferici avendo il dono ed il potere di comunicare alle nuvole le esigenze della terra. Loro bloccano la terribile devastazione delle inondazioni che le rompono e le domano. Loro impediscono la disgregazione delle montagne ed il collasso delle colline, loro collegano l’intensa oscurità a terra con la provvidenziale luce in cielo – loro sono la salute e l’abbondanza, l’orgoglio e la solennità della Terra.
Amate gli alberi! Il loro fogliame decomposto ha fatto lievitare l’argilla di cui è fatto l’Uomo. Loro sono la fonte e la salvaguardia e la poesia della Vita. Amate gli alberi!
Ci sono stati popoli che hanno venerato il bosco. Questi popoli hanno nel loro sangue anche oggi, come in tempi remoti, qualcosa che sa di fresco e robusto – qualcosa che ricorda l’eterna giovinezza degli Dei.
Il Bosco è il tempio primordiale e sarà l’ultimo rifugio dell’Umanità.
Quanta ricchezza di vita c’era una volta in Palestina! Come anche in Grecia! E come è andata perduta tutta! Con ogni albero abbattuto cadeva anche una goccia di quella meravigliosa realtà. E quando si sono estinte tutte le foreste, la desolazione e l’aridità si sono impossessate della Terra dell’anima dell’Umanità. (traduzione del testo originale dal volume “Davanti alla stufa”, 1911)
Sembra oggi, ma è già passato più di un secolo da quando il poeta romeno Alexandru Vlahuta, attraverso questo elogio degli alberi e con una breve lezione, ci spiegava l’importanza delle foreste nelle nostre vite. All’epoca, Vlahuta osservava con preoccupazione la deforestazione che avanzava e ci intima adesso, come allora, ad aprire bene le orecchie per sentire il lamento del bosco, nonostante i rumori di fondo che ci distraggono. Ci intima ad aprire bene gli occhi per accorgerci delle ferite della terra e del vuoto lasciato dalla scomparsa definitiva degli alberi. Ci ammonisce per la nostra indifferenza, come se non ci riguardasse la morte della natura, e ci ricorda che rompendo il legame con il bosco con il quale da tempi immemori siamo connessi ci stiamo condannando alla morte insieme al lui. Allo stesso tempo, rimane ottimista, suggerendoci anche la soluzione: la nuova generazione e la sua educazione alla natura, instillare la curiosità dei bambini per la natura, coltivarla, alimentarla, arricchirla perché le religioni dell’umanità e le filosofie sono emerse dalle foreste e non nelle aule di studio.
Alexandru Vlahuta ha avuto un ruolo considerevole nello sviluppo della cultura romena. Prima di tutto grazie alla sua opera in versi e prosa. Le sue novelle trattano argomenti profondi che non si ritrovano negli altri prosatori dell’epoca. Inoltre, la saggistica di Vlahuta ha portato un ruolo importante nell’educazione nazionale e nella formazione di una coscienza etica. L’opera “La Romania pittoresca” è entrata nel patrimonio scolastico per il suo valore letterario e si è mantenuto fino ad oggi come la più alta celebrazione delle terre romene. Ha dato vita a tante riviste letterarie che hanno marcato l’evoluzione della scrittura romena, lasciandoci in eredità l’etica della responsabilità della parola scritta, messa in atto in tutta la sua opera. Un profondo sentimento di solidarietà e generosità l’ha spinto a scoprire e a sostenere innumerevoli talenti nell’ambito letterario e culturale. Il grande storico Nicolae Iorga parlava di Vlahuta con solennità come se fosse un maestoso prete dell’arte nazionale:
“A quelli che conoscevano Vlahuta come il poeta di un’arte sicura e fiera, a quelli che si sentivano l’anima accarezzata dalla sua prosa armoniosamente scandita, a tutti i lettori di tutte le regioni romene dico che non hanno conosciuto però l’uomo che ho avuto la fortuna di conoscere io, appena compiuti diciannove anni ed agli albori della scrittura, l’essere superiore che con il tempo, sono sicuro, si accorgeranno le generazioni a venire di quanto è stato romeno ed umano nella sua riservatezza senza orgoglio e senza concessioni. C’era dentro questo uomo – che non voleva farsi scoprire se non in un ambiente molto ristretto e che lo spaventava, lo terrificava, addirittura lo disgustava qualsiasi triviale apparizione in pubblico – un vero e prezioso tesoro che, avaro della sua tesoreria intima e brillando nella luce dei raggi dell’ispirazione, non permetteva a nessuno, a parte ai suoi cari e solo nei momenti scelti da lui, ad avvicinarsi”.
Gran parte dei nostri errori nei confronti delle foreste deriva dalla nostra distrazione provocata dalle incombenze sociali e materiali, ad esempio la mancanza di tempo da dedicare alle attività rilassanti come le passeggiate in natura. Una delle responsabilità fondamentali dell’essere umano è prendersi cura anche della psiche e nel contesto di questa missione un ruolo fondamentale lo ricopre proprio passare alcune ore al giorno all’aperto, in aree verdi dove poter respirare aria pulita prodotta appunto dal verde. Il ritmo della vita moderna e la salvaguardia della foreste non sono contradittori, ma implica una maggiore attenzione nel ritagliare una pausa quotidiana alla ricerca della serenità che solo le piante riescono a trasmetterci, con benefici proficui, come lo svuotamento della mente tramite esercizi di respirazione, lo svuotamento dei polmoni dell’aria inquinata della città, il silenzio e l’attivazione di emozioni attraverso l’osservazione della natura, il ritorno alla quotidianità più carichi di energie fisiche e mentali. Più cerchiamo soddisfazioni sul piano materiale, ignorando quelle spirituali, più accresce la nostra infelicità che coinvolge alla fine l’intera comunità. La natura ha un impatto forte sulla nostra condizione di salute, non per niente le sedute più riuscite di meditazione si eseguono in mezzo al verde ed il nostro compito consiste nel bilanciare lo sfruttamento delle foreste con la conservazione della superficie boscosa per mantenere il legame benefico senza il quale l’uomo non funzionerebbe al meglio. Quando si tratta di affrontare problemi umani messi in gioco dalle attività distruttive per profitto immediato senza calcolare i danni futuri, il più urgente da risolvere è la riduzione della distruzione dell’ambiente favorevole per una vita sana ed equilibrata, appunto del verde di cui abbiamo bisogno di circondarci per rilassarci, per riflettere, per meditare, per ricaricarci di emozioni positive.
Ci sono tantissime iniziative, progetti e attività al riguardo in tutto il mondo, nonostante la continua deforestazione e distruzione incosciente proprio nelle aree più antiche ed incontaminate che rappresentano un patrimonio inestimabile per l’intera umanità. Si combatte su scala larga ed a livello internazionale, ma forse quello che conta e somma gli sforzi di salvezza delle foreste sono i gesti singoli di ogni individuo, giornaliero e costante, la presa di coscienza e la maggior consapevolezza negli acquisti di beni di consumo e la consapevolezza del rispetto per la natura, con tutto quello che implica, come ci ha ben esemplificato Alexandru Vlahuta – proteggere quelle esistenti e riforestare, coinvolgere le comunità e le generazioni giovani, massimizzare i benefici migliorando la vita sociale, condividere le azioni di ogni singolo progetto come esempio da seguire.
Con la stessa speranza ed ottimismo che caratterizzavano il nostro grande scrittore amante dei boschi romeni centenari, anche noi pensiamo che solo tramite la collaborazione tra le vecchie e le nuove generazioni si arriverà ad una buona conservazione del verde patrimoniale, attraverso l’invito ad accomodarsi sotto i rami di un grande albero che ombreggia piacevolmente la chiacchierata sui vantaggi evidenti dell’esistenza di questo albero nelle nostre vite o con una passeggiata spensierata nel bosco per svegliare la voglia di ritornarci e la consapevolezza del legame che abbiamo con i suoi alberi. Magari con le stesse parole di Vlahuta:
“Vivere in un Paese così bello, con un passato così glorioso, in mezzo ad un popolo così razionale, come non può essere una vera religione l’amore per la patria e come fare a non tenere la testa alta come gli imponenti antenati di una volta, fiero di poter dire: sono romeno!” (Alexandru Vlahuta)
Articolo a cura di Lorena Curiman.