Centro Culturale Italo Romeno
Milano

Romania sconosciuta: Chuck Norris vs comunism

Apr 24, 2020

  

Più mi addentro nella storia recente della Romania più ne scopro aspetti inediti (com’è ovvio), e ogni tanto quasi incredibili. Questa volta lo stupore ha avuto origine da alcune conversazioni con gli amici Sotir Caragată e Gabriel Popescu. Entrambi, quasi negli stessi giorni, mi consigliavano di non perdere alcuni film emblematici della vita del popolo romeno prima e durante l’epoca comunista. Sotir mi suggeriva i film di Dan Piţa, in molti dei quali ha lavorato come tecnico del suono. Li ho trovati bellissimi, è un cinema denso di immagini simboliche e icastiche, dove il regista rinuncia a qualsiasi macchinosità per affermare la nuda verità di ciò che vuole trasmettere. Ne parlerò volentieri e diffusamente in un’altra occasione.Gabriel mi ha indirizzato, fra gli altri, verso un film-documentario del 2015, scritto e diretto da Ilinca Călugăreanu, e che porta l’accattivante titolo Chuck Norris vs Communism. Meritatamente pluripremiato, il film, nella sua semplicità e immediatezza, mi ha scioccato.

Ripeto, dopo anni di letture di ogni tipo riguardanti la Romania, pensavo di conoscere, almeno per grandi linee, i fatti più rilevanti e significativi. Invece no; per esempio, ignoravo l’importanza, per la vita di un intero popolo, di un piccolo oggetto che si rivelò un elemento sovversivo di grande efficacia contro un regime che controllava tutto e tutti: questo oggetto era una semplice videocassetta! Proprio così, i VHS, comunissimi all’epoca nell’Occidente, vietati in Romania, dove però circolavano clandestinamente.

Riassumo qui l’intera, stupefacente vicenda, rifacendomi spesso ai sottotitoli del film, perché rappresentano il miglior commento al contenuto e al senso del film stesso.

Dunque, nel 1985 Ceauşescu è al potere da 20 anni; i romeni sono schiacciati da un regime che attua un rigido isolamento culturale. Un giorno, un ragazzino di 8-9 anni si sente dire: “Stasera vieni con me, andiamo a una serata video”. Per quel ragazzo, e per tutti coloro che poterono assistere a quell’evento, si apriva letteralmente un mondo nuovo: vedevano un film straniero per la prima volta, ed era un film d’azione, una vera bomba di emozioni!

Immaginate la scioccante differenza: da una parte la televisione di Stato, che aveva ridotto i canali da due a uno e fissato a due le ore di programmazione, durante le quali venivano trasmesse le trite immagini di propaganda del regime. Dall’altra, le videocassette clandestine, che per intere notti riempivano lo schermo di avventure e scenari fantastici, case e negozi scintillanti, macchine superpotenti, città bellissime, luoghi esotici, eroi destinati a rimanere nell’immaginario di milioni di persone in ogni Paese del mondo.

Torniamo qualche anno indietro, alla presa del potere da parte di Ceauşescu; nel corso di uno dei suoi comizi, con tipica gestualità paranoica, il dittatore aveva annunciato che “il popolo è il vero padrone del proprio destino e delle ricchezze del Paese”. Enorme, assurda contraddizione con la realtà della situazione romena: il regime “del popolo” negava l’accesso all’informazione a 20 milioni di cittadini, e faceva di tutto per mantenerli nell’ignoranza di ciò che accadeva nel mondo.

Un giorno, però, apparvero le videocassette, i “video”. La cosa straordinaria è che Rambo, Chuck Norris, il Marlon Brando e la Maria Schneider di Ultimo tango a Parigi, il De Niro de Il cacciatore, avevano tutti la stessa voce, che in Romania divenne, a un certo punto, la più nota dopo quella di Ceauşescu: era la voce di Irina Nistor, unica doppiatrice dei film. Irina lavorava come traduttrice di film per la Tv di Stato; un giorno le si avvicinò un collega e le disse che un compagno comunista cercava un collaboratore per tradurre e doppiare gli attori di alcuni film americani. Irina sa che la cosa comporta dei rischi, ma è curiosa di vedere le pellicole, e accetta l’incarico. Viene portata in una specie di scantinato, e lì conosce il signor Teodor Zamfir, organizzatore dell’intera operazione.

Inizia così una straordinaria attività di traduzione, doppiaggio, riproduzione e distribuzione di videocassette clandestine, che presto riuniscono nelle case romene decine di persone, e interi gruppi familiari. Bastano pochi film per comprendere quanto la società romena, blindata e ignara del mondo, sia rimasta indietro rispetto all’Occidente. E tuttavia – osserva una delle persone intervistate nel film-documentario – “dei film che vedevamo clandestinamente nessuno parlava, perché non sapevi mai chi avevi accanto, e si correva il rischio di essere denunciati”.

In poco tempo, la moltiplicazione e la diffusione delle videocassette inizia a influire nell’immaginario dei romeni, che si amplia ad un mondo sconosciuto e infinitamente più vario e ricco di vita; ma soprattutto, dai film arriva il soffio fresco e inebriante di un bene che da sempre sta in cima a tutti gli altri: la libertà.

Ormai il traffico clandestino delle videocassette non è più un segreto per la Securitate; ma Zamfir, che riceve i video pagando mazzette alla Polizia di confine, può contare sulla complicità di un apparto deviato dei Servizi.

Un giorno, nello studio di registrazione arriva il giovane Mircea, che si alternerà ad Irina nella traduzione e nel doppiaggio. Quando un’irruzione improvvisa della Securitate fa temere il peggio per Zamfir e sodali, una parola in codice di Mircea rimette subito le cose a posto; così, Zamfir scopre che il giovane è un agente sotto copertura della Polizia di Stato. Il problema è che lo stesso Mircea, adesso, versa in una situazione di pericolo; allora Zamfir, per salvaguardare entrambi, cala il jolly: bisogna andare oltre, arrivare ai papaveri alti, agli esponenti del Comitato Centrale. Ma come fare? Semplice, regalando loro delle videocassette! Persino il figlio di Ceauşescu, apprendiamo dal film, chiese e ottenne dei video; e tuttavia neppure lui informò il padre, perché TUTTI volevano continuare a vedere i film vietati!

Nel 1992 il fenomeno cominciò a scemare e il signor Zamfir lasciò l’attività clandestina con la quale aveva raggiunto ogni angolo del Paese. E’ a questo punto che nel film, provocando una grande emozione nello spettatore, compare lo stesso Zamfir. Faccia simpatica, espressione bonaria, pronuncia sorridendo delle parole semplici e al contempo dirompenti: “C’era una dittatura che controllava tutto, ma avevano perso il controllo su qualcosa che sembrava insignificante: la videocassetta, che scombussolò l’intero sistema comunista”.

Le parole di Zamfir, e il film-documentario nel complesso, suggeriscono che la visione delle pellicole clandestine abbia avuto una grande influenza sugli eventi che portarono alla caduta del Comunismo. Ci pare una tesi esagerata, ma non c’è dubbio che la finestra aperta dalle videocassette su un mondo immensamente distante da quello che sperimentavano i romeni abbia influito su molte coscienze. I film occidentali contrabbandati da Zamfir svegliarono molte menti e sollecitarono paragoni e riflessioni di grande portata. L’immediatezza, l’efficacia, la potenza dell’arte cinematografica entrò nell’animo romeno per confermare che nella libertà si può sbagliare, ci si può sentire meno protetti, ci si può perdere, si può fallire e arrivare a chiedere l’elemosina; ma ciò che importa è che si può scegliere, che nessuno deve aver paura di esprimere un’idea, un dissenso, che tutti possono avere accesso ai beni che una società produce, fra i quali quelli inestimabili dell’informazione e della conoscenza.

                                                                                                  Armando SANTARELLI

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