Beato Geremia da Valacchia (Giovanni)
Dott. Marco BARATTO
Joan Stoica nasce il 29 Giugno 1556 a Saxo (Szászkút/Sascut) in Valacchia, un vilaggio agricolo abitato da tedeschi sassoni provenienti dalla Transilvania. I suoi genitori Stoica Konstit . Fin da giovane , Joan sente di nutrire profonde simpatie per l’Italia, dove secondo quanto gli ripeteva la madre “’c’erano buoni cristiani e dove i monaci erano tutti santi e v’era il Papa, Vicario di Cristo’.
All’età di 19 decide di lasciare tutti i familiari e dirigersi verso la Penisola. Dopo diversi giorni di viaggio ormai privo di ogni mezzo di sostentamento, raggiunse Alba Julia dove si mise a fare il muratore. Durante la sua permanenza in questa città ha modo di incontrare e fare amicizia con il medico pugliese Pietro Lo Iacono che era stato chiamato dall’Italia per curare il principe Stefano Barthory. Conosciuto il motivo per cui il giovane voleva recarsi in Italia, il medico lo portò con sé e dopo tre mesi di viaggio, Giovanni , raggiunse la città di Bari, dove gli trovò un lavoro presso una farmacia; lavoro che lasciò dopo un anno e mezzo per l’ambiente malsano che lo circondava e che prima lo turbò, poi gli fece decidere di tornare in patria per dire a sua madre che i ‘buoni e santi cristiani’ erano in Paradiso e non ‘nel Paese al di là delle montagne, pieno di sole’. Mentre si trovava al porto in attesa di una nave, qualcuno lo chiamò per nome e gli disse che Bari non era tutta l’Italia; a Napoli, per esempio, le cose andavano diversamente e che lì avrebbe potuto trovare ‘santi’ che cercava. Joan partì subito. Non tutti erano ‘santi’, ma le luci superavano le ombre, che lui stesso un giorno vide allontanarsi per la predicazione di un frate cappuccino: con poche parole ispirate riuscì a calmare la folla in sommossa per alcune disposizioni del viceré. Joan non credette ai suoi occhi: finalmente aveva trovato uno di quei ‘santi’ a cui aveva accennato sua madre, e qualche giorno dopo bussò al convento, chiedendo di essere accolto. Divenne fra Geremia da Valacchia, impegnato prima negli orti dei conventi di Napoli e di Pozzuoli, poi definitivamente nel convento di San Eframo Nuovo, a Napoli, dov’era stata costruita l’infermeria dei religiosi. Nella Napoli sotto il dominio spagnolo, fra Geremia diventa una sorta di patrono della gente più derelitta, servendo intanto la sua comunità nei compiti meno gradevoli; un numero crescente di diseredati fa appello alla sua straordinaria capacità di compatire, proprio nel senso di “soffrire insieme”. Lui fa anche il mendicante, per loro: raccoglie cibo e vestiti, e non si sa bene che cosa mangi, perché la sua razione di pane e verdure sfama sempre qualcun altro. Accompagna tutto questo con lunghe preghiere: ama soprattutto il Pater Noster e la Salve Regina. Quando non va in giro per i poveri, è nelle celle e nelle stanze dei malati: quelli senza speranza, con piaghe ripugnanti, o paralitici, o pazzi. L’effluvio delle sue erbe aromatiche combatte la puzza dei corpi disfatti, le sue braccia sostituiscono quelle bloccate dalla paralisi. Sorride agli insulti dei dementi. Ma non sono solo i poveri a rivolgersi a questo frate venuto da lontano ,anche persone importanti legate alla corte . Ma la sua attenzione la riveserva nei confronti dei poveri e degli “ultimi” : di fendeva i servitori maltrattati dai padroni, s’interessava per collocare i disoccupati in un lavoro onesto, si premurava di procurare la dote a ragazze orfane o pericolanti perché si sposassero decorosamente, si recava nelle carceri per visitare i detenuti, si prodigava per estinguere le inimicizie e pacificare gli animi agitati dall’odio… Era un’immagine vivente e operosa della misericordia del Signore’. Molte e singolari le grazie ottenute per gli infermi e i poveri che bussavano alla porta del convento o che lo incontravano per le vie di Napoli, dove non riusciva a camminare per la calca che lo stringeva da ogni parte, e da dove ritornava con la tonaca tagliuzzata da eccessi di devozione del popolo che già in vita lo venerava come un Santo.
Ammalatosi per una polmonite contratta mentre tornava dalla casa di un ammalato, morì il 5 marzo 1625 e solamente nel 1983 dopo che se ne era persa la memoria Giovanni Paolo II lo proclamò beato, il primo romeno cattolico ad essere canonizzato e solamente dal maggio del 2008 Fra Geremia, l’umile frate romeno a fatto ritorno a “casa” dove riposa nella Chiesa di Onesti.