di Tudor Călin Zarojanu
Io non credo che la Romania si trovi in una situazione catastrofica. La Romania della televisione, sì, certo, la Romania della stampa è sull’orlo dell’Apocalisse, i romeni si uccidono, si tirano sotto con la macchina, si odiano, si disprezzano, rubano, mentono, imbrogliano, distruggono, la corruzione scorre loro nelle vene e l’incompetenza guida ogni loro mossa.
Nell’altra Romania, quella che non vediamo spesso in televisione, tutte queste cose esistono, ovviamente, ma sono di gran lunga inferiori, superate, come area di diffusione o qualunque altra unità di misura vogliamo prendere, dalle cose normali, dalla gente comune, e a volte sono addirittura schiacciate dalle azioni fuori dalla norma, nel senso positivo della parola.
Ho viaggiato molto negli ultimi anni e non poche sono state le sorprese-piacevoli, nella loro stragrande maggioranza. Poche settimane fa, sulla strada per Târgovişte, sono passato da una località, Băleni, che ci ha lasciati a bocca aperta. Vista dall’aria deve sembrare lo scheletro di una gigantesca balena: decine di file di serre, semicilindri di plastica, brillavano nel sole, tesi fino all’orizzonte, da una parte e dall’altra della strada, del tutto impressionante! Non avevo mai sentito parlare di Băleni, in seguito ho cercato il paese su Internet e ho trovato persino dei piccoli filmati su YouTube, in cui si racconta che la gente non ne ha mai abbastanza di lavorare!
Sono convinto che ci siano numerosi altri posti del genere nel paese. Ho passato vacanze da sogno nelle piccole pensioni di Praid, Săcele, Cheia è, detto tra parentesi, ci sono volute circa due ore per vedere tutto quello che c’era da vedere nell’insieme di monumenti Curtea Domnească di Târgovişte.
Io non credo che la gente sia cattiva, stupida, furba. So che ci sono delle persone cattive, alcune anche molto cattive, ma loro non sono affatto rappresentative per la razza umana. Dall’altra parte, so che ognuno di noi ha le sue pecche, le sue vigliaccherie, le sue pigrizie-però, come diceva qualcuno, un uomo non può essere giudicato da una sola azione, ma dall’insieme delle sue azioni.
Non credo che il mondo sia sul punto di disintegrarsi. Credo, vedo, so che ci sono tanti problemi, di ogni natura, ma nello stesso tempo penso che i problemi ci siano sempre stati. Oggi si vengono a sapere più in fretta, vengono analizzati più in profondità, si diffondono più facilmente, ma non sono, di fatto, né di più, né più gravi di quelli affrontati 200 o 2000 anni fa. L’aspettativa di vita è cresciuta in un secolo di trent’anni, vale a dire tanto quanto è cresciuta dalla preistoria fino a 100 anni fa! E un’altra cosa: l’America trionfante di oggi è stata costruita dalla generazione di Power Flower, dai pazzi di Monterey Pop e da Woodstock, che si rotolavano nel fango, andavano in giro quasi nudi e fumavano “l’erba”.
Non credo che la cultura stia per morire. In Romania funzionano più di 1000 case editrici- sulla carta sono molte di più – non fa in tempo a finire un festival di film o teatro che già comincia un altro e solo il programma di un mese del Museo del Contadino Romeno, per esempio, contiene più eventi culturali di quelli che si facevano in un anno nella Bucarest degli anni ’80, forse persino del periodo interbellico.
Non credo che la stampa sia compromessa per sempre . Ovviamente, ci sono dei giornalisti compromessi per sempre , ma non la categoria nel suo insieme. La stampa non è solo tabloid e trasmissioni isteriche, la stampa è anche Ziarul de Duminica, TVR Cultural, le riviste di architettura.
Ma più di ogni altra cosa, non credo che siano in tanti quelli che, almeno in questi giorni che precedono la grande festa della Resurrezione, non si fermino a riflettere, ricordando quanto e perché Gesù ha sofferto per noi e chiedendosi cosa potrebbe fare ognuno di noi per ripagare il sacrificio di allora, per allietare un dolore, far nascere un sorriso, creare un’emozione.
Io credo che la maggior parte della gente sia buona nel profondo del suo cuore e non debba far altro che scoprirlo o semplicemente ricordarlo.
Traduzione a cura di Ingrid Beatrice Coman