Per la Giornata Internazionale della Donna, la scrittrice Ingrid Beatrice Coman Prodan lancia il libro “Badante pentru totdeauna” (Badante per sempre) sul mercato editoriale romeno
Le iniziative romene per promuovere i diritti delle donne, non solo nella Giornata internazionale della Donna perché non basta più un solo giorno, sono molte ogni anno ed uno di questi eventi è stata la promozione on line del libro “Badante pentru totdeauna” (Badante per sempre), della scrittrice Ingrid Beatrice Coman Prodan, che ha scelto questo giorno speciale per le donne, per onorarle ancora più di quanto ha fatto fino adesso, con le parole, con la scrittura e con i fatti. La sua scrittura, simbolica, metaforica, intima, si rivolge principalmente al mondo femminile, che grazie alla sua naturale ed abbondante empatia si immedesima in ognuna di loro, le ascolta con pazienza, soffre e ride insieme, punta i riflettori su quelle invisibili agli occhi della società e valorizza il loro operato sminuito spesso.
L’esperienza di vita e di scrittrice, in Romania, in Italia ed a Malta, l’ha portata a conoscere varie realtà e purtroppo anche condizioni di vita meno rosee delle migranti romene, alle quali ha dedicato la sua ultima opera letteraria, prima in Italia, dove svolgono una parte della loro vita lavorativa ed adesso nel loro Paese natale da dove sono dovute andare.
A sostenere il suo impegno letterario ed a riconoscerlo come un mattone essenziale per l’edificazione di una memoria solida sul sacrificio personale di ognuna delle badanti a beneficio della famiglia romena e della famiglia italiana, è Valentin Adjer, il direttore della casa editrice romena Editura Eikon – dallo slogan “l’immagine delle parole” – convinto che “il potere dei libri cambia destini”, come questo libro che ha mandato in stampa senza pensarci due volte, convinto dalla prima lettura del suo valore. E si capisce molto bene dalle sue parole: “Una scrittrice responsabile, impegnata a guarire le ferite della società”.
Basterebbero queste parole per avere la convinzione di leggere il libro “Badante per sempre”, ma Valentin Adjer fa di più e porta in suo aiuto tre professioniste della cultura e letteratura romena – Violeta Popescu, Nicoleta Dabija, Cristina Gavriluta ed a sorpresa lo scrittore e filosofo Vianu Muresan – per spiegare ai futuri lettori perché il libro merita di essere letto.
Nonostante la sua assenza di vent’anni dal Paese natale e lo stacco prolungato dalla lingua materna come lingua di scrittura, l’autrice non si è mai separata dagli scrittori romeni e durante la sua permanenza in Italia è stata il pioniere che ha sostenuto la divulgazione della letteratura romena, sia classica sia contemporanea, tramite la casa editrice Rediviva Edizioni, fondata insieme al Centro Culturale Italo Romeno di Milano, guidato dalla figura professionale della presidente Violeta Popescu, in un momento storico in cui la letteratura romena era troppo poco conosciuta.
Il detto “chi si assomiglia, si piglia” (in romeno “cine se aseamana, se aduna”) è veritiero anche in questo caso perché l’unione di conoscenza e d’animo tra queste due donne esperte– entrambe di origini romene e divulgatrici della cultura romena in Italia, entrambe sempre disponibili ad accogliere le voci inascoltate, entrambe impegnate costantemente per il bene altrui – ha fatto nascere la Rediviva Edizioni come legame culturale tra i due Paesi e come vetrina delle migliori opere letterarie romene di sempre.
Da Milano, dal luogo in cui è nato effettivamente il libro, prima da lettrice e poi da collaboratrice di Ingrid Beatrice Coman Prodan, Violeta Popescu ricorda con emozione il suo esordio sulla scena letteraria e soprattutto il ruolo coraggioso di difenditrice dell’immagine della Romania – le repliche agli articoli diffamatori, poco documentati e stereotipati indirizzati ai migranti romeni – descrivendola come la “scrittrice con la penna impegnata socialmente che fa cambiare la percezione della realtà, la scrittrice della voce dei bambini, della voce delle badanti, della voce di tutti quelli a cui è mancata l’energia necessaria per svelare il loro dolore. Con “Il villaggio senza madri” (2013), volume diventato in breve tempo materia di studio nei corsi di intercultura, Ingrid ha tirato il primo segnale di allarme di sensibilizzazione, e con il volume “Badante per sempre” (2015) ha dato inizio ad una serie di investigazioni giornalistiche sulla realtà della migrazione romena.”
Le badanti per Violeta Popescu sono delle vere e propri ambasciatrici della Romania, che portano in Italia la cultura, le tradizioni e tutto quello che significa la personalità ed il carattere del popolo romeno. “Gli italiani si domandano spesso che tipo di scuola esiste in Romania a preparare così bene le badanti per questo mestiere, ma contrariamente a questa visione, le donne romene hanno portato nelle case degli italiani solo la bontà d’animo che le caratterizza e che pensavano di aver perso durante il regime comunista così oppressivo da vivere con la sensazione di essere stati privati anche della bellezza dell’anima. Conosco tanta gente qui che è stata spinta dal desiderio di approfondire la conoscenza dello spirito e della cultura romena, di andare alla fonte, in Romania, grazie alle badanti che hanno cambiato profondamente la mentalità italiana, adesso la società italiana è molto più attenta al fenomeno badanti ed il libro contribuisce significativamente alla sensibilizzazione ed alla presa di coscienza del problema. Sono contenta del fatto che anche in Romania la società è interessata a questo problema e non soltanto la collettività romena in Italia perché riguarda tutti i romeni e solo collaborando da entrambe le parti possiamo eliminarlo.”
L’amica che ha “adottato” Ingrid al suo ritorno in Romania dopo vent’anni di assenza e gli ha reso più facile l’alienazione iniziale, Nicoleta Dabija, scrittrice, giornalista e traduttrice, autrice di vari volumi di trattati di filosofia e interviste, ci aiuta a capire meglio la scrittrice: “La caratteristica che la differenzia è la bontà d’animo, una persona fondamentalmente benevola, con una compassione anomala, quasi malata, ama l’umanità talmente tanto da aver bisogno ogni tanto di un freno da parte di una mano amica, la bontà in definitiva è la qualità suprema dello spirito umano e sono contenta di averla trovata in Ingrid. La sua letteratura, se dovessi ridurla ad una sola parola, sarebbe amore. Il libro non parla solo delle badanti, ma di tutte le donne, perché credo che non esiste donna al mondo, anzi non esiste persona al mondo, che non abbia cura di qualcuno, sia che si tratti di nostro figlio, di nostra madre, del nostro amato, ci sarà sempre una persona a cui badare.”
Molto convinta del valore accademico del libro e impressionata dall’uso sapiente della metafora a tal punto da rimanere contagiata e da usarla senza rendersi conto all’interno di uno studio scientifico, Cristina Gavriluta, professore universitario presso la Facoltà di Filosofia e Scienze socio – politiche dell’Università Alexandru Iona Cuza di Iasi (Romania), promette di riprodurre ai suoi studenti la definizione più bella del libro – “Le badanti, quel esercito numeroso ed invisibile di donne che, in un modo o in un altro, modifica la geografia della vecchiaia” – le metafore che più l’hanno colpita: la metafora che fa riferimento al legame tra un uomo ed un albero, il rito antico di seppellire i defunti ai piedi di un albero e l’istinto dell’uomo di andare a morire sotto un albero; la metafora farfalla/anima; la metafora orfanotrofio come la casa dei bambini orfani e la casa degli anziani assistiti dalle badanti, un orfanotrofio della vecchiaia.
Ritiene il libro un argomento essenziale per le sue future conferenze insieme agli assistenti sociali sul tema della famiglia “perché il più grande profitto che otteniamo dalla lettura del libro è la poesia che rimane nella nostra anima e che ci spinge, ci obbliga a ragionare sulle cose realmente importanti della vita”. Ritengo questo libro una confessione letteraria sul pentagramma della vita, dove le noti musicali dominanti sono quelle della vita e della morte.”
Il libro ha colpito molto anche Vianu Muresanu, redattore dell’Editura Eikon, scrittore e filosofo, che si scusa per la sua intromissione nell’evento, ma è stato più forte di lui non partecipare all’evento, per le sensazioni di brividi e fremito che gli ha trasmesso la lettura del libro.
“Sono venuto qui per confermare l’entusiasmo di Cristina Gavriluta per questo libro, che si presta ad essere discusso ed analizzato da sociologi ed antropologi, perché non si tratta soltanto di un mestiere che principalmente può essere eseguito da una donna, ma si tratta di un carisma, insisto sul termine “carisma” come il più naturale e meraviglioso amore femminile.
Vianu si riferisce all’amore incondizionato, all’amore privo di erotismo, senza pretese di ricompense. Nessuno datore di lavoro ricompensa o chiede ad una donna badante di aggiungere al suo mestiere anche gesti di affetto e compassione ed in questo sta il suo carisma, la grazia della bontà d’animo. Come succede anche con gli anziani abbandonati dalle famiglie che ricevono abbracci teneri ed affettuosi, non richiesti, ma consolatori e protettori sia per chi li riceve sia per chi li dona.
“Sono rimasto piacevolmente sorpreso dall’immagine della donna che accompagna verso il viaggio eterno questi anziani, “guerrieri in pampers”, che lottano per ogni attimo di vita rimasta ancora, un’immagine paradigmatica degli scheletrici guerrieri in pampers che ricevono ancora qualche sussulto di vita trasmesso dall’affetto della badante.”
L’ospite “intrufolato”, per la fortuna di tutti, colleghi e lettori, crede con un po’ di preoccupazione che “questo libro è così contegnoso, così profondo, così giudizioso, con un forte impatto emotivo che necessità un lettore maturo in grado di intravedere i veri problemi dietro al destino di questa badante”, ma Cristina Gavriluta ribatte: “ogni libro ha un suo destino, non conta il numero dei lettori quanto le trasformazioni che possa provocare nel loro intimo, in me ha destato una forte emozione stimolando il ricordo di esperienze personali simili a quelle della protagonista. In più ho sentito che il libro contiene anche una chiave religiosa tramite la nostra relazione con il divino che banalizza e trasforma anche la più crudele delle realtà umana”. Ed infatti, Ingrid è riconoscente e si congratula per l’intuizione per il senso religioso che intendeva inserire nella figura della sua protagonista “tutti vedono solo la Magdalena, la parte umana, e non riescono a vedere anche la Maria, la parte santa. Sentire le vostre parole è stato come se mi fossi specchiato negli occhi di quelle persone che sanno leggere tra le righe e adesso so che le mie parole hanno toccato il punto dove paravo. Ho sentito l’eco di ogni mio pensiero e stato d’animo dell’atto di scrittura nelle vostre descrizioni del mio libro. La più grande gioia che uno scrittore possa vivere è la compagna dei lettori che ti seguono nel tuo viaggio letterario.”
Anche Nicoleta Dabija crede decisamente che il libro piacerà a tanti lettori perché al suo interno troveranno quella saggezza terapeutica di cui tutti abbiamo bisogno.
La complessità dell’opera si deduce dalle multiple interpretazioni dei primi lettori, gli ospiti dell’evento lancio del libro, con più chiavi di lettura, da quella sociale e morale – la denuncia di una realtà sociale e la difesa della voce degli invisibili – a quella poetica, metaforica; dal carisma della donna curatrice delle ultime sofferenze umane a quella religiosa – la scelta voluta del nome di Maria Maddalena, simbolo della donna che si sacrifica per il bene altrui.
Dedicato alle “forme sublimi di amore”, come ama chiamarle la scrittrice, ovvero alle donne che la protagonista del libro rappresenta, affrante per il sentimento di vuoto che sentono per la mancanza dei figli lasciati a casa, quel vuoto che non può essere spiegato in parole e che è diventato tanto grande da non poter essere mai riempito, l’opera denuncia l’indifferenza sulle donne che curano la loro famiglia, curandosi di estranei.
I.B.Coman Prodan ci tiene a sottolineare “Occorre maggiore sensibilità e si deve stare attenti a non ferire ulteriormente quell’umanità su cui posa lo sguardo e ne ritrae la storia. Lavorare all’estero non rende una madre snaturata e irresponsabile per definizione. Non mi stancherò mai di ribadire quanta responsabilità ci sia nella penna di chi scrive. Prestiamo i nostri occhi per vedere. Il nostro cuore per sentire. Lasciamo allora che la verità guidi la nostra penna. È un atto di giustizia, a volte l’unico ancora possibile, verso gli altri e anche verso noi stessi.”
Il tema del racconto è anticipato dalla copertina che ci accoglie con un messaggio d’amore – “prenderci cura gli uni degli altri ci tiene in vita” – “Se dimentichiamo di prenderci cura gli uni degli altri, l’intero si disgrega e, in seguito all’implosione, l’unica libertà che ci resta è quella dell’annientamento” (Magda, la protagonista)
Raccontato in prima persona da Magda –“ sono entrata nel diminutivo Megy come in un abito appena cucito, non desiderato e un po’ stretto forse, ma che aggiungeva una nuova dimensione al mio essere. Megy, la badante, una straniera dagli occhi di vetro azzurro e uno strano accento” – ha cinquant’anni ma sente una stanchezza antica di cinquemila anni.
Chi è capace di così tanta empatia e di scrivere queste parole non può essere che la personificazione dei suoi personaggi – “So soltanto che la gioia delle persone mi lenisce l’anima. Che quando posso alleviare il dolore di qualcuno, guarisco anche me stessa. Che a volte puoi salvare la vita di qualcuno solo tenendogli la mano per qualche secondo e che una buona parola può far nascere attorno una serie infinita di vibrazioni che si propagano, all’infinito, nel mondo. Che l’amore può assumere mille forme ed entra nella nostra vita per vie inaspettate”
Ingrid Beatrice Coman Prodan ha sperimentato in prima persona la dolorosa scelta, senza opzioni, di allontanarsi per necessità dal proprio Paese ed il sentimento dell’alienazione al ritorno dopo tanto tempo alle proprie radici, come il suo alter ego, Magda – “Una volta avevo l’impressione di affondare le radici in questa terra e che, qualunque cosa facessi, un legame profondo partisse dalle mie caviglie verso le sue viscere tenendomi ancorata alle mie origini. Ma quella convinzione era svanita, senza che me ne accorgessi; le mie radici, strappate con la mia partenza, giacevano ai miei piedi, senza vita e mi intralciavano il cammino, perché sentivo di trascinarmele dietro o almeno così mi sembrava.”
La scelta di migrare non è mai una scelta, è l’unica opzione per la sopravvivenza, ingiustamente criticata, superficialmente giudicata, facilmente colpevolizzata.
“So che l’amore masticato dai miei bambini nei bocconi comprati con il mio lavoro non avrà mai lo stesso sapore dell’amore nel cibo che avrei potuto preparare io, con le mie mani, ma l’alternativa sarebbe stata la fame. Il che, di fatto, significa mancanza di alternative. So che, forse, non mi perdoneranno mai, il mio volto perderà, col tempo, i contorni nei loro ricordi e, lentamente, mi lasceranno scivolare via dal loro cuore. Lo so. Questo, e tante altre cose. Ma è l’unico modo di amare che mi è concesso da questo mondo stolto.”
Un libro da amare, da tenerlo stretto, vicino e sfogliarlo ogni volta che incontriamo per strada quelle donne che camminano “con le caviglie impigliate nel filo invisibile dell’amore per un bambino, una madre o un fratello più piccolo, lasciati là, lontano, che dipendono da loro come dall’aria che respirano”. Un libro da regalare, a chi passa troppo frettoloso per notarle e a chi le nota invece, le guarda senza comprenderle e per impotenza si aggrappa agli stereotipi ed ai pregiudizi nei loro confronti. Un libro da offrire alle troppe Magda che vivono vicino a noi, come riconoscimento del loro valore e da donare alle famiglie che mettono nelle loro mani la vita dei loro genitori ed il loro accompagnamento affettuoso verso il viaggio eterno.
Oggi per la Giornata della Donna, Ingrid Beatrice Coman Prodan, svela il nostro segreto femminile, tramite la voce della sua eroina badante:
“Il più meraviglioso gesto del mondo che un uomo possa fare è prenderti la guancia in mano con delicatezza, come un fiore che ha paura di sciupare, e concederti di farla riposare nel suo palmo. In quell’istante, che ha la consistenza dell’eternità, tutto diventa più leggero, più etereo e qualunque cosa ti aspetti l’attimo dopo è più facile da sopportare”.
ARTICOLO A CURA DI LORENA CURIMAN