Centro Culturale Italo Romeno
Milano

Norman Manea

Gen 6, 2009




Norman Manea

Norman Manea è nato nel 1936 a Suceava, in Bucovina (Romania del Nord). Tra i cinque e i nove anni, per le sue origini ebraiche, è stato internato con la famiglia in un campo di concentramento del regime fascista rumeno, in Ucraina. Ha vissuto la sua giovinezza nella Romania stalinista del dopoguerra e, dalla metà degli anni Sessanta, ha sperimentato come uomo e come scrittore la dittatura di Ceauşescu.

Dopo la laurea in Ingegneria a Bucarest, ha praticato la professione fino al 1974, quando riuscì a dedicarsi interamente alla scrittura. Ha esordito nel 1966 con un primo racconto, cui sono seguiti tre raccolte di racconti, cinque romanzi e due volumi di saggi. Nel 1986 ha lasciato il suo Paese e vive attualmente negli Stati Uniti, dove scrive ancora in romeno e dove insegna al Bard College di New York (prima ha vissuto in Germania). Fra le sue opere, tradotte in più di dieci paesi (Italia, Germania, Spania, Francia, Cina, ecc), i romanzi Atrium (1974), Il libro del figlio (1986); i saggi compresi in Gli anni di apprendistato del povero Augusto (1979), Di contorno (1984) e Clown. Il dittatore e l’artista(Feltrinelli,1994; seconda edizione: Il Saggiatore, 1999; terza edizione: casa editrice Net, 2004); la raccolta di racconti Un paradiso forzato (casa editrice Feltrinelli,1994). Altri capolavori sono: Ottobre, ore otto (Il Saggiatore, 1998; seconda edizione: Net, 2005), La busta nera (Baldini Castoldi Dalai, 1999), Il ritorno di huligano (Il Saggiatore, 2004; seconda edizione col titolo Il ritorno di huligano. Una vita, casa editrice Il Saggiatore tascabili, 2008), La quinta impossibilità. Scrittura d’esilio (Il Saggiatore, 2006), Felicità obbligatoria (Il Saggiatore tascabili, 2008). Nel 1992 ha ricevuto la borsa Guggenheim e il premio MacArthur (l’equivalente del premio Nobel in America). Altri premi ricevuti: 1993-„Literary Lion“ della Biblioteca Nazionale di New York, 2002- il Premio Internazionale Nonino per Opera Omnia, 2006- Premio Médicis étranger per l’edizione in francese dell’autobiografia Il ritorno di huligano. ‘Huligano’ è il teppista, l’accusa di ‘uliganismo’ designava spesso nel periodo comunista il reato di chi si opponeva alle idee-guida dell’ideologia: come dire ‘teppista intellettuale’. Ma la parola era già in uso precedentemente al comunismo: proprio il romanzo giovanile di un’altro grande scrittore romeno, Mircea Eliade, si chiamava Gli uligani. E Manea parla di ‘anni uliganici’ per il periodo tra le due guerre. Le sovrapposizioni sono così numerose e si riferiscono a casi così differenti che l’interpretazione del titolo sembra incerta. Manea si autodefinsce huligano. Perché? Dovrebbe essere decisiva la definizione che l’autore dà a p.24: huligano è il ‘marginale, non allineato, escluso’: e cioè, interpreto, colui che i nuovi nazionalisti, con parola presa a prestito dalla ‘lingua di legno’ comunista, accusano di uliganismo. Un altro libro da non perdere è Clown. Il dittatore e l’artista:

L’autore ha vissuto in prima persona la dittatura di Codreanu e di Antonescu e quella stalinista di Ceauşescu. Questa raccolta di articoli e saggi mette a nudo la natura dei regimi totalitari e descrive i ruoli o le possibilità di sopravvivenza che si offrono a un artista in simili condizioni politiche. Bersaglio di Manea sono i dittatori, dipinti (così come faceva anche il pittore Corneliu Baba) come clown dispotici che trasformano i loro paesi in ridicoli circhi, ma anche gli intellettuali che si vendono al regime o cercano invano di contrastarlo. Una riflessione ironica e disillusa, ma anche un monito contro il livellamento dell’individuo da parte della società.

Diana Pavel Cassese

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