Centro Culturale Italo Romeno
Milano

Alcune considerazioni sulla comunità romena che vive in Italia

Giu 8, 2014

I romeni in Italia

Oggi i romeni occupano in Italia il primo posto tra le comunità di immigrati. Si tratta di una comunità onesta, diffusa nel territorio, che lavora soprattutto in edilizia, cura della persona, agricoltura, alberghi e ristoranti. È al primo posto per le morti bianche, paga le tasse e lavora per stipendi dimezzati. Tuttavia i giornali di questi aspetti non scrivono nulla, trascurano molteplici aspetti, vedendo il “discorso romeni” solo nella cronaca nera.

Le relazioni culturali italo-romene hanno origini fin dal Medio Evo, e rappresentano un’importante prospettiva nella ricostruzione attuale di un’immagine comune. Una caratteristica degli scambi culturali italo –romeni è la comune base di ideali, che emerge fin dal Medio Evo. A quel tempo Stefan Cel Mare (Stefano il Grande), aveva rapporti con il Papa Sisto IV e con la Repubblica di Venezia. Inoltre, Francesco delle Vale, viaggiando nei Principati nel 1532 scrive “la loro lingua è poco diversa dalla nostra italiana”. Tra i primi poeti romeni a scrivere in lingua italiana abbiamo Gheorghe Asachi nel 1811. Successivamente, e soprattutto nel periodo tra le due guerre, vengono istituite le prime cattedre di lingua romena a Milano, Venezia, Padova e Roma. Nello stesso periodo sono stati istituiti gli accordi bilaterali di cooperazione culturale, le missioni archeologiche, i viaggi di propaganda, le associazioni culturali, i giornali, gli scambi di conferenze, ecc. Con l’avvento del comunismo, la Romania si è chiusa in se stessa, anche culturalmente, ma dopo il 1989 i romeni hanno riscoperto la libertà, e nella speranza di costruirsi un futuro migliore hanno cominciato ad emigrare. Nel 2007 i paesi europei preferiti dai migranti romeni erano Spagna e Italia, e lo sono rimasti tutt’ora. Dall’ultimo censimento risulta che sono più di 2 milioni i romeni regolarmente soggiornanti nei paesi dell’UE. Purtroppo i giornali parlano dei romeni solo in caso di criminalità, dimenticando il loro contributo al sistema produttivo italiano.

L’Italia e la Romania sono quindi, già attualmente, ed ancora di più in prospettiva, due paesi meno distanti di quanto si creda, tanto più che una significativa presenza lavorativa romena è insediata in Italia e una significativa presenza imprenditoriale è presente in Romania. La reciproca integrazione sta nella logica dei fatti, solo che bisogna rendersi conto che essa non si raggiunge per decreto legge. La collettività romena in Italia non nega i suoi aspetti problematici, ma è tempo di considerarla nella sua sostanza più valida, e cioè di sostegno al nostro sviluppo e di legame tra i due paesi.1

L’immigrazione romena in Italia

Tra la fine del XIX e l’inizio del XX secolo i flussi migratori Romania-Italia avevano una tendenza inversa a quella attuale. Fin dall’impero Austro-Ungarico erano intere famiglie del Trentino, del Friuli o del Veneto a trasferirsi in Romania in cerca di nuove possibilità. Questo potrebbe spiegare le aspettative dei romeni di oggi che vedono l’Italia come un paese con una cultura affine, un passato di stenti e un rapporto di amicizia antico.2 L’Italia è presente in Romania con più di 10.000 aziende che danno lavoro a una buona parte di romeni.                                                                                                         Con la caduta del comunismo, la Romania è entrata nel panorama migratorio europeo. Nei primi anni dopo la caduta del regime emigravano soprattutto le minoranze etniche, come quella ungherese e sassone, poi a partire dal 1992 cominciano ad emigrare anche i romeni, specialmente i giovani con un alto livello di istruzione, la maggior parte di loro diplomati e tanti persino laureati. La maggioranza dei romeni immigrati in Italia proviene dai villaggi rurali della Moldavia, che corrisponde alla parte più povera della Romania. I flussi di immigrati romeni si sono intensificati a partire dal 2002, quando è stato tolto anche ai romeni l’obbligo del visto per spostarsi in un paese dello spazio Schengen per un periodo di breve durata. A partire da questi anni c’è stato un esodo sostanzioso, che designa come mete principali Italia e Spagna. Per quanto riguarda l’Italia, i nuovi arrivati si sono insediati principalmente nelle aree del Centro, Nord-Ovest e Nord-Est. I principali poli essendo Roma e Torino. È difficile stabilire il numero esatto di romeni presenti sul territorio italiano, ma secondo gli ultimi dati ufficiali ISTAT sarebbero circa 997.000 residenti, circa il 21% di tutti gli stranieri presenti nella penisola e 1,6% del totale delle persone residenti in Italia.

Nonostante oggi siano moltissimi i romeni immigrati, si è propensi a pensare a un temperamento dei flussi tenendo conto di fattori come l’aumento dei salari in Romania, la crescita del benessere, l’integrazione europea.3

Questi flussi di immigrati periodici spaventano il paese, negli anni ’90 erano gli albanesi, oggi sono i romeni. L’esodo di albanesi in quel periodo era pari al 15% di tutti gli stranieri, mentre oggi i romeni corrispondono al 21% del totale. Il motivo di coloro che emigrano è la povertà delle condizioni di vita in patria e la speranza di trovare un lavoro migliore all’estero. Molti romeni affermano che tornerebbero in patria, a condizione di poter trovare un lavoro che offra un salario superiore a quello attuale, che si aggira intorno ai 250/300 euro. Tuttavia molti romeni presenti in Italia affermano di non volere tornare nel paese d’origine, essendosi ambientati e inseriti nella società, come dimostra il fatto che molti hanno acquistato una casa e hanno avviato attività imprenditoriali. È anche vero che i romeni tendono a fare comunità a sé, soprattutto per difendersi dall’ostilità dell’opinione pubblica verso di loro in seguito ad alcuni episodi di cronaca nera. Molti di questi episodi sono commessi dai rom, purtroppo però questi ultimi sono spesso e volentieri associati ai romeni, senza fare una netta distinzione, e questo penalizza molto l’immagine dei romeni nella società italiana.

Il lavoro dei romeni in Italia

Il flusso dei lavoratori romeni in Italia comincia negli anni ’90, ma raggiunge il massimo picco nel 2002, quando avviene la regolarizzazione di tanti immigrati, grazie alla legge Bossi-Fini.4

I lavoratori romeni regolari prima dell’adesione della Romania all’UE, erano circa 270 mila. I lavori svolti dai romeni sono principalmente nell’edilizia e nell’agricoltura per gli uomini, e nella cura della persona per le donne. Negli ultimi anni il numero di lavoratori romeni nella penisola è arrivato a 969 mila regolari, secondo i dati INAIL. I romeni sono tra i primi tra gli stranieri che versano contributi all’Italia. Per quanto riguarda il numero di imprenditori, sono al secondo posto dopo i marocchini, con 37 mila romeni titolari di attività imprenditoriali, di cui il 75% nell’edilizia. Il flusso di lavoratori romeni si è caratterizzato anche per una grande presenza di giovani istruiti, quasi tutti con almeno il diploma, e molti di loro anche laureati.       Dopo l’ingresso nell’UE il Governo italiano ha scelto di fare ricorso alla clausola moratoria, esentando però dalle limitazioni alla libera circolazione i lavoratori di alcuni settori, come quello agricolo e turistico alberghiero, lavoro domestico e di assistenza alla persona, edilizio, metalmeccanico e del lavoro stagionale. Dal 1 Gennaio 2012 l’Italia apre il mercato del lavoro a romeni e bulgari, togliendo le restrizioni ai lavoratori di questi due paesi.

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L’inserimento nella società italiana

Come si starebbe senza i romeni? Meglio o peggio di adesso? Sicuramente peggio, perché ne risentirebbero due settori importanti in cui vengono impiegati i romeni, l’edilizia e la cura della persona. Il lavoro è vissuto dai romeni come un veicolo di integrazione, poiché negli ultimi anni si è assistito a un grande numero di ricongiungimenti familiari e molti bambini nati in Italia, quindi si può notare una stabilizzazione dei flussi migratori. Il processo di integrazione è aiutato anche dalla facilità con cui si apprende la lingua italiana, dovuta probabilmente alle comuni radici latine.    È un universo ben diverso da quello che ci hanno offerto i media, soprattutto nel 2007, secondo i quali l’insicurezza sociale avvertita in tutta Italia sarebbe da attribuire a romeni e rom (i termini sono spesso, e in modo sbagliato, interscambiati). I romeni sono propensi all’associazionismo, infatti in molti paesi con forte immigrazione romena, quindi anche in Italia, sono presenti associazioni, istituti culturali, negozi alimentari con prodotti tipici romeni. L’associazionismo  intende mantenere vive le radici, a ricordare ed a trasmettere le proprie tradizioni.   I romeni sono la prima collettività di immigrati in Italia. All’inizio le migrazioni romene erano caratterizzate da una grande temporaneità e circolarità delle sue presenze e dal protagonismo della sua componente femminile. Adesso invece si assiste ad un bilanciamento del rapporto di genere e la crescita del numero dei bambini nelle scuole e dei ragazzi nelle università testimoniano un inserimento più stabile e di integrazione nelle strutture, non solo lavorative, della società. Secondo alcune ricerche, i romeni, come anche altri migranti dell’Europa Orientale, sono persone con un livello di istruzione piuttosto elevato, quasi tutti possiedono il diploma e molti di loro persino la laurea. Tuttavia questo non trova riscontro in un altrettanto qualificata collocazione nel mercato lavorativo italiano, molti romeni essendo impiegati in lavori più bassi rispetto alla loro istruzione. Oltre al lavoro, un altro fattore importante per l’integrazione è la rete di amicizie. La maggior parte dei romeni ha sia amicizie romene, di vecchia data o acquisite in Italia, sia amicizie italiane.

La collettività romena in Italia vive una vita cosiddetta “transnazionale”, cioè una vita nella quale abitudini, usanze e contatti con il paese d’origine coesistono con le pratiche quotidiane volte all’inserimento nel nuovo tessuto sociale. Questa strategia diventa un modo per superare la nostalgia delle cose che mancano di più del proprio paese, come la famiglia e gli amici più cari, la città natale, le tradizioni e un modo di vivere che si è dovuto cambiare una volta arrivati in Italia. Molti romeni continuano ad avere contatti con la Romania, anche grazie alle nuove tecnologie, infatti, oltre al telefono fisso, la maggior parte usa i cellulari e soprattutto gli sms. Un altro fattore a testimonianza della proiezione transnazionale dei romeni verso il paese d’origine, è l’invio delle rimesse alla famiglia rimasta in patria.    Inoltre, data la vicinanza dei due paesi, la maggior parte dei romeni effettua almeno una visita all’anno in Romania, specialmente durante le ferie. Si evidenzia quindi un’immagine dei cittadini romeni impegnati in una serie di pratiche transnazionali  che consistono nell’alimentare e tenere vivi i legami con la terra d’origine, come viene evidenziato anche dalla presenza in Italia di ristoranti e negozi romeni, di chiese ed associazioni, di giornali romeni venduti anche nelle edicole italiane. Emerge quindi una collettività che vede i propri membri non come migranti sospesi tra due realtà, ma come persone impegnate in pratiche sociali transnazionali, che servono a colmare la distanza tra i due poli della migrazione, senza però cercare di ricreare una nuova Romania nelle città italiane di adozione. La ricchezza dei romeni è proprio questa: essere effettivamente parte di due realtà, quindi poter fare anche un confronto tra Italia e Romania.5

Per quanto riguarda la percezione personale tra italiani e romeni, questa si basa su stereotipi e luoghi comuni, ed è molto superficiale. Gli italiani definiscono i romeni “zingari/rom”, mentre i romeni descrivono gli italiani come “sfruttatori”. Entrambe queste immagini sono state influenzate dai media, dalla letteratura o dalla filmologia.

Discriminazioni nei confronti dei romeni

L’articolo 249 del Trattato CE specifica che ogni Stato membro deve adottare delle misure anti discriminatorie. In Italia è attivo l’Ufficio per il contrasto delle discriminazioni, UNAR, mentre in Romania è attivo il Consiliul National pentru Combaterea Discriminarii, CNCD. Nell’ambito delle proprie funzioni, il 9 Aprile 2008 i due uffici hanno firmato un Protocollo d’intesa con lo scopo di sviluppare una costante collaborazione per la lotta alla discriminazione razziale ed etnica nei confronti delle comunità straniere presenti nei paesi. Questo rapporto di cooperazione è nato in seguito ad alcuni tragici eventi che nel 2007 hanno visto come protagonisti cittadini romeni e rom. I maggiori disagi indicati dalla comunità romena sono: l’informazione tendenziosa da parte della stampa italiana nel riportare episodi che vedono coinvolti i romeni; mancanza di informazione, assistenza legale e formazione ai romeni che arrivano in Italia; casi di sfruttamento sul luogo di lavoro; difficoltà nei Comuni italiani ad iscriversi presso gli uffici anagrafici ed infine la difficoltà nell’esercizio all’elettorato passivo.6

Prima di analizzare le opinioni sui cambiamenti che l’ingresso nell’UE ha portato nella vita dei romeni in Italia, bisogna dire come erano visti prima del 2007. Molti romeni affermano di aver subito discriminazioni e la maggior parte di loro conoscono romeni che ne hanno subito. Molte discriminazioni non erano legate alla nazionalità, bensì alla condizione di immigrato. Per quanto riguarda il periodo successivo al 2007, i media europei in vista dell’allargamento, hanno generato allarmismi circa una possibile invasione di cittadini romeni e bulgari.

Quindi l’ingresso nell’UE ha significato la libera circolazione e la fine dell’incubo Cpt ed espulsioni, ma non la fine delle discriminazioni. A peggiorare la situazione già difficile, a Novembre 2007, dopo l’uccisione di Giovanna Reggiani da parte di un rom romeno, è stato emanato un “Decreto Sicurezza”, Decreto Legge n. 181/2007. Questo decreto affidata ai Prefetti  il potere di espellere qualsiasi cittadino comunitario per motivi di ordine pubblico o pubblica sicurezza. In realtà si è tradotto in un decreto “anti- romeno”. Infatti, al di là dei suoi effetti pratici, il suddetto decreto ha contribuito ad ampliare ulteriormente l’immagine del migrante romeno come “minaccia pubblica”. I cambiamenti che secondo i romeni l’adesione all’UE ha portato nella loro vita di migranti in Italia sono la libera circolazione, l’accesso al mercato del lavoro facilitato, meno burocrazia e fine dell’obbligo del permesso di soggiorno. Tuttavia molti ritengono che siamo ancora lontani dall’essere tutti uguali, non basta essere diventati cittadini europei, bisogna fare ancora molta strada. L’integrazione viene intesa dagli immigrati romeni come un processo graduale e bidirezionale che deve vedere coinvolti migranti e società di arrivo in un lavoro sinergico di conoscenza, comprensione, rispetto e fiducia reciproca.7

Gli immigrati romeni e la criminalità

Le seguenti considerazioni cercano di inquadrare in maniera equilibrata il rapporto che gli immigrati romeni insediati in Italia hanno con la criminalità. È lecito affermare che, pur senza negare i casi criminali commessi da questa comunità, si può evitare di affermare che “i romeni sono di per sé criminali”. È assurdo incriminare un intero popolo per colpa di pochi individui. La società italiana è divisa tra due atteggiamenti, da una parte coloro che affermano la necessità di integrazione degli immigrati, adeguandosi alle tradizioni ed alla cultura italiane; dall’altra parte ci sono quelli che vedono l’immigrazione come un problema per l’ordine pubblico. Molti di coloro che hanno paura dei romeni sono d’accordo con il motto “rimandiamo i romeni a casa loro”, senza tenere conto che ormai il territorio dell’UE, e quindi anche quello italiano, è comune anche ai romeni.

Per quanto riguarda i crimini commessi in Italia, i casi in cui sono coinvolti maggiormente i romeni sono quelli dei furti con destrezza, sui quali incidono di un terzo circa. Per quanto riguarda le donne, queste compiono il 25% dei casi attribuiti ai romeni.                                                             Secondo le indagini condotte dalla Direzione Investigativa Antimafia, la criminalità straniera, e quindi anche quella romena, si è organizzata e le bande comuni si sono trasformate in organizzazioni criminali più complesse. Queste organizzazioni, dopo essere venute a patti con quelle italiane, iniziano ad esercitare la loro influenza in diversi ambiti in Italia.8    

La criminalità organizzata romena si occupa di diversi reati, come l’immigrazione clandestina, la tratta di esseri umani, il lavoro nero, la prostituzione, la clonazione di carte di pagamento e il traffico di sostanze stupefacenti. I romeni operano anche in concorso con altri gruppi criminali, per esempio con gli albanesi per quanto riguarda la prostituzione, e per loro conto avviano e controllano su strada le donne ridotte in schiavitù.9

Nel 2013, secondo i dati Ismu, i romeni presenti nelle carceri italiane sono quasi 4 mila, al secondo posto dopo i marocchini.

Bisogna tenere conto però, che il comportamento deviante è un aspetto parziale della realtà complessiva e che gli stranieri, quindi anche i romeni, sono anche vittime di reato. Secondo i dati dell’ISTAT la criminalità non è cresciuta in modo spropositato come si pensa, dopo l’arrivo degli immigrati, quindi non si può attribuire totalmente a loro, e specialmente ai romeni, il fenomeno della criminalità in Italia. Certamente non si possono esentare i romeni dalle implicazioni penali, ma bisogna riconoscere che i toni sono stati e lo sono ancora, esagerati nei loro confronti.

Tratto dalla tesi di laurea di Oana Ruxandra Lelitiu

Facoltà di Filosofia, Lettere, Scienze Umanistiche
e Scienze Orientali

L’IMMAGINE DEI ROMENI NELL’UNIONE EUROPEA
TRA RIFIUTO E ACCOGLIENZA: IL CASO PARTICOLARE DELL’ITALIA

Università Sapienza di Roma

1.Discorso di Luminita Anghel, mediatrice interculturale, 15 Marzo 2009, Asti

2. A. Ricci, “Flussi di lavoratori e di investimenti tra Romania e Italia. Le nuove opportunità dell’allargamento a Est”, in F. Randazzo (a cura di), Romania-Italia-Europa, ed. Periferia, Cosenza, 2003, pp. 261-283

3. Ricci, “Romania: immigrazione e lavoro in Italia prima e dopo l’allargamento”, in F. Pittau, A. Ricci, L. I. Timsa (a cura di), I romeni in Italia. Tra rifiuto e accoglienza, Caritas Italiana, IDOS, Roma, 2010, pp. 14-27

4. Legge Bossi-Fini 189/2002, promulgata dal centro- destra di Berlusconi

5. A.R. Torre, “Integrazione sociale e lavorativa. Il punto di vista della collettività romena in Italia”, in Romania, immigrazione e lavoro in Italia, IDOS, Roma, 2008, pp. 169-186

6. De Giorgi, “La cooperazione Italia – Romania per il contrasto alle discriminazioni. Il protocollo d’intesa UNAR-CNCD, in Romania, immigrazione e lavoro in Italia, IDOS, Roma, 2008, pp. 158-165

7. A.R. Torre, “Integrazione sociale e lavorativa. Il punto di vista della collettività romena in Italia”, in Romania, immigrazione e lavoro in Italia, IDOS, Roma, 2008, 169-186

8. DIA, Relazione del Ministero dell’Interno al Parlamento sull’attività svolta e sui risultati conseguiti dalla Direzione Investigativa Antimafia, II semestre, 2008, www.interno.it

9. Ministero dell’Interno, Rapporto sulla criminalità in Italia. Analisi, prevenzione, contrasto

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