- Il fascino senza tempo dei villaggi romeni
Per alpestre declivio,
Verde soglia d’eliso…
(Miorita/L’agnellina, ballata popolare)
(trad. Marco Cugno)
Il tempo scorre lento, tra le rughe solcate su visi sereni, tra le mani piene di calli dei contadini che tornano dai campi con gli attrezzi sulle spalle, cadenzato dallo scricchiolio dei carretti trainati dai cavalli, carichi di fieno, letame, persone o raccolti vari, a seconda della stagione in cui ti fai il loro incontro; tra le grida dei bambini che giocano liberi per le strade polverose, tra le risate complici delle donne affaccendate… il mondo del villaggio, dal nord al sud della Romania, evoca, come in una ballata popolare, una sorta di vissuto ciclico, quasi mitico, di questa terra mioritica. “Per sua propria coscienza, il villaggio è situato al centro del mondo e si prolunga nel mito. Il villaggio si integra in un destino cosmico, in un cammino di vita totalitario oltre il cui orizzonte non esiste più nulla”, affermava il filosofo romeno Lucian Blaga, nell’Elogio del villaggio romeno, il discorso pronunciato nel 1936 in occasione della sua elezione all’Accademia[1]. Axis mundi, il villaggio romeno è custode di un ricchissimo patrimonio culturale materiale e immateriale, dai paesaggi e dalle foreste incontaminate, dagli insediamenti dei pescatori nel bellissimo Delta del Danubio, ai prodotti tradizionali e alle usanze e tradizioni che raccontano “L’anima del villaggio”, colta nel profondo dal poeta L. Blaga: “Bambina, posa le mani sulle mie ginocchia. /L’eternità, io credo, è nata nel villaggio…”. Fin dalla sua fondazione, il villaggio romeno ruota intorno allo spazio abitato (la vatra), un “cosmos” sacro e protetto: tutto ciò che si trova al suo esterno rappresenta un mondo “profano” e sconosciuto, ben delimitato dal hotar, che segna i confini e ha funzione di difesa. Difesa dai numerosi nemici succedutosi nel tempo, ma soprattutto difesa dal tempo, per conquistare una dimensione atemporale, reiterata sempre nelle bellissime usanze popolari.
Si scruta l’eternità nelle croci blu, dipinte in modo allegorico, del cimitero allegro Săpânţa in Maramureş, che raccontano ritmicamente, in mini ballate pseudo autobiografiche ironiche, tipici episodi della vita in un (ma anche di un qualsiasi) villaggio romeno, nelle ceramiche di Horezu che parlano della maestria degli artigiani, nei bellissimi costumi popolari che si vedono ancora alle festività o domenica alla messa, nel pane intrecciato in cui è racchiusa l’ospitalità di questa terra. Alcuni di questi “tesori” sono conosciuti, in quanto diventati patrimonio dell’umanità dell’UNESCO, tanti altri aspettano ancora di essere scoperti.
Cogliamo dunque il mistero di qualche angolo di paradiso, “verde soglia d’eliso”, luoghi affascinanti e monumenti senza tempo della natura e della creatività contadina:
Un villaggio da favola che ha preservato la tradizionale armonia architetturale, è Ciocăneşti, (distretto di Suceava), nella Regione storica della Bucovina, situata nella parte Nord-Est della Romania. Il nome di questo “villaggio museo” (derivato dal verbo “a ciocăni”, “battere, martellare”) ricorda i tempi in cui i contadini fabbricavano le armi e le armature per i voivoda della Moldavia e le loro armate. La leggenda dice che Ştefan cel Mare (Stefano il Grande) avrebbe stabilito la posizione dell’altare per il Monastero Putna lanciando una freccia fatta dagli abitanti di questi luoghi. Ogni casa qui ha i muri esterni dipinti con vari motivi popolari tradizionali romeni creando un’atmosfera di accoglienza e di allegria.
I disegni murali di Ciocăneşti ricordano quelli, ormai famosi, delle uova di Pasqua dipinte a mano oppure i motivi cuciti sugli abiti tradizionali romeni o sui copriletto, asciugamani o altri arredi.Uno dei più bei villaggi della Transilvania è Rimetea, nel distretto Alba. Situato nei Monti Trascău, in un paesaggio mozzafiato, Rimetea è in attesa di essere inserito nell’elenco dei luoghi patrimonio dell’umanità. I suoi abitanti usano dire che a Rimetea il sole sorge due volte. E per certi versi, pare proprio di sì. Fiancheggiato da versanti ripidi, sembra che il sole si alzi due volte. I visitatori rimangono colpiti dal bianco immacolato delle case con un’architettura immutata da oltre cento anni. Gli abitanti sono famosi per l’abilità nel lavorare il ferro: oggetti unici possono essere ammirati al Museo Etnografico oppure nelle case, come per esempio le maniglie o i chiavistelli. Oggi però, l’attività mineraria è stata abbandonata e si vive di turismo. L’altra meraviglia della zona sono i costumi popolari tradizionali e i mobili dipinti a mano nello stile del XVII secolo. A 5 kilometri distanza si può visitare la roccaforte Colţeşti, edificata nel XIII secolo su uno scoglio ripidissimo, che fu il rifugio degli abitanti durante l’invasione dei tatari. A Hăşmaş, bellissimo villaggio nel distretto di Arad, abitato fin dai tempi preistorici, sono state rinvenute tracce della fiorente cultura Tisa, la più nota e duratura cultura del neolitico.
Molto particolare, poiché l’unico villaggio circolare della Romania, è Charlottenburg (o Şarlota), nascosto tra le colline, tra Timişoara e Lipova, costruito dai colonnisti tedeschi nel 1771. È stato fondato da 32 famiglie provenienti dalla Provincia Autonoma Trento, Lorena e Baden-Württemberg. Il villaggio, dichiarato monumento storico dal Ministero della Cultura e dei Culti, ha un diametro di 210 metri, con la chiesa e la fontana al centro. Johann Caspar Steube nella terza lettera da Timişoara, nel marzo 1779, scrive che “questo è l’unico villaggio circolare. Al centro si trova una fontana coperta con acqua buonissima. Intorno a essa c’è una piantagione di gelsi dietro cui ci sono le case, che nella corte hanno la stalla e il fienile. C’è poi il giardino con la vigna. Non c’è casa più alta dell’altra neppure di un dito, e nemmeno più distante dell’altra di un piede, in stile simmetrico e bellissimo; stessa cosa vale per le quattro vie di accesso nel villaggio – sono situate alla stessa distanza”.
Nel cuore del Maramureş, una delle regioni più conosciute della Romania, nel nord della Transilvania, sulla Valle dell’Iza, c’è una terra da favola che sfida il tempo: Botiza, attestata fin dal 1373 con il nome Batizha. Nei dintorni c’è la fonte con la nota acqua minerale Borcut, il monastero Botiza e il monastero Bârsana, che fa parte delle chiese lignee del Maramureș, erette durante il diciassettesimo e diciottesimo secolo. Queste rappresentano otto tecniche architetturali risalenti a diversi periodi e relativi a diverse zone, costruzioni in legno strutturale strette e alte, con campanili particolarmente alti e sottili situati sul lato occidentale dell’edificio. Sono l’espressione dell’architettura vernacolare tipica dell’ambiente culturale di questa zona montuosa della Romania.
Maramureș, con i suoi villaggi e chiese in legno, lo stile tipico di vita, i vestiti colorati, tuttora in uso, sembra un museo vivente, la terra dell’allegria e dell’ospitalità, circondato da prati, fattorie e villaggi. Nel cuore della Transilvania, una serie di piccoli villaggi costruiti a partire dal tredicesimo secolo attorno a una chiesa fortificata, sei risalenti ai sassoni e uno ai siculi della Transilvania, sono entrati a far parte del Patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO: Biertan, Viscri, Valea Viilor, Câlnic, Dârjiu, Prejmer, Saschiz. Situati in una zona minacciata dalle invasioni ottomane e tatare, le piccole comunità fortificarono il centro del paese attorno alla chiesa. Viscri, località di circa 1.000 persone, in cui c’è una delle più spettacolari e antiche chiese fortificate sassoni, è diventata nota al mondo dopo che il principe Carlo d’Inghilterra ha acquistato lì una casa. Chi visita il paesino si delizia dei piatti tipici come il brodo di gallina con le tagliatelle, il pane e la marmellata che dal 2012 è stata lanciata anche a Parigi. In zona Braşov, si rimane stregati dal “paesino dei draghi”, Drăguş, con le case tipiche, i riti e le feste tradizionali, in cui si trova il più antico mulino in pietra della zona.
Gli amanti della montagna possono fare delle stupende gite nei Monti Făgăraş. Per i turisti, gli abitanti organizzano dei soggiorni indimenticabili in occasione del “Giorno del raccolto”, quando aprono le porte delle loro fattorie invitando gli ospiti a vivere insieme a loro, a partecipare ai lavori e ad assaggiare i prodotti della loro terra, frutto di tanta cura e fatica.
L’emblema di Drăguş è “cojocarul” Dumitru Sofonea, quasi ottantenne, noto in tutto il mondo per le sue “gabbane” e dichiarato dall’UNESCO Tesoro Umano Vivente, per la sua maestria nel lavorare la pelle secondo la tradizione popolare della zona. Nea Dumitru è tra gli ultimi artigiani che conosce ancora i misteri di questo mestiere in România e le sue “pieptare”, una specie di panciotti di pelle, abbelliti con motivi tradizionali, sono il simbolo del villaggio nel mondo.Un altro paesino della zona di Braşov, che sembra uscito dai romanzi di Tolkien, è Şirnea, situato alle falde dei monti Piatra Craiului, a circa 1400m. Nel 1960 Şirnea è stato dichiarato il primo villaggio turistico della Romania e qui si svolgono numerosi eventi e ricorrenze, come per esempio il Fuoco di Sumedru (il protettore del raccolto e dei pastori), che si festeggia ogni anno il 25 ottobre. Per l’occasione, i bambini vestono i costumi popolari specifici, accendono un grande fuoco e ballano attorno. I più audaci saltano sopra e dentro il fuoco.
Nella ricerca dell’unicità, ci s’imbatte nel villaggio Palilula, a otto kilometri da Craiova, nella Regione dell’Oltenia, nella Romania meridionale: la sua attrazione sta nei bufali allevati da decenni. Le prime fonti scritte su Palilula sono del XVII secolo.
Per scoprire un altro angolo di paradiso si va nella regione storica della Dobrugia, a Jurilovca, Luncaviţa e Niculiţel, paesini di rara bellezza nel distretto di Tulcea, che invitano ad assaggiare la deliziosa zuppa di pesce in stupende case dei pescatori, bianche-blu con tetto di canna palustre. Da qui si parte per una gita sui canali pieni di ninfee e pellicani, in seno a una natura miracolosa in cui si scorgono i volti barbuti e i vestiti in colori vivaci dei “lipoveni”, che sono stati i fondatori di queste comunità, agli inizi del XIX secolo, quando furono esiliati dalle parti del Don e del Nistro, per delle regole canoniche imposte dalla Chiesa ortodossa russa e dallo zar Pietro il Grande.
2 Mai (2 maggio), il luogo dove sorge il mare, un piccolo abitato al sud della Romania, è situato nell’area protetta Acquario litorale marino Vama Veche-2 Mai, dove si trovano più di 250 specie di flora e fauna marina. L’area protetta che si estende su circa 7 kilometri e una superficie di circa 5.000 ettari confina con un’altra riserva naturale, la foresta di Hagieni, di circa 450 ettari, dove crescono varie specie di querce, case di tartarughe di terra, uccelli e fiori rari. Un vero paradiso terrestre, un’isola di vegetazione, circondata da culture agricole. Non lontano si trovano la meraviglia di Limanu, i due laghi di acqua dolce e salata separati da una diga di terra, la più lunga grotta della Dobrugia (oltre 3600 metri), sopranominata dagli speleologi lo Stonehenge della Dobrugia, e il sito archeologico di Albeşti situato a 500 metri verso sud. Qui si trovano insediamenti romani, una villa rustica del II-IV secolo, tumuli e un santuario preistorico, mentre nel vicino villaggio Coroana ci sono altre vestigia archeologiche, una fortificazione del IV secolo a. C. che parlano delle antiche radici e del sapore eterno di questi luoghi d’incanto.
Pochi sguardi rubati alla terra romena, oltrepassando boschi, colline, pianure, fino al Danubio e al mare, alla scoperta delle sue pulsazioni d’eternità, della sua anima, nei villaggi così caratteristici, avvolti nel mito.
[1] L. Blaga, “Elogiul satului romanesc”, in Lucian Blaga, Isvoade, Minerva, Bucuresti 1972, pp 33-48.
Dott.ssa Maria Floarea POP; Tratto dall’Annuario “Andiamo in Romania”, ed. Rediviva, 2015- Annuario del Centro Culturale Italo >Romeno (III edizioni)