Gheorghe Carageani
La sua attività di traduttore dal romeno in italiano è relativamente ridotta. Traduce lo studio di Ov. Densusianu Il folclore – come deve essere inteso (pubblicato in “Il Folklore” nn. 3-4, 1949), alcune poesie di G. Cosbuc, I. Minulescu, A. Maniu e Al. Philippide (nella rivista “Termini”, settembre 1938-1939), 20 poesie di G. Bacovia (nella rivista “Il Baretti”, n. 2 del 1961), 11 poesie di T. Arghezi e alcune pagine di prosa dello stesso autore (sempre nella rivista “Il Baretti”, nn. 19- 20 e n. 24 del 1963).
Neppure l’attività scientifica del professor Onciulescu è molto ricca e rappresenta solo in parte le sue estese e varie conoscenze. Il professore leggeva molto, era generalmente ben informato sulle ultime novità editoriali, cercava di procurarsi i libri necessari apparsi in Romania (e non era affatto facile durante gli anni della guerra fredda!), preparava scrupolosamente i corsi e i seminari i cui temi raramente si ripetevano (fatto che gli prendeva parecchio tempo), ma era soprattutto uomo d’azione: andava quasi quotidianamente all’Istituto Universitario Orientale, si occupava della biblioteca di romeno, si incontrava e discuteva con i colleghi, partecipava anima e corpo all’organizzazione dei congressi della S.A.R. (cercando e riuscendo generalmente ad ottenere fondi per questo scopo), invitava professori romeni a Napoli per conferenze, aveva spessissimo ospiti a pranzo o a cena, soprattutto romeni (professori, ex colleghi, amici, parenti, amici dei parenti o amici…degli amici) che ospitava di frequente, condividendo con la moglie, signora Leontina, lo spirito di ospitalità generosa proprio in un certo senso del romeno d’altri tempi, soprattutto del romeno nato e cresciuto, nei suoi primi anni di vita, in campagna. Forse, proprio per questo, scriveva relativamente poco. Dal totale di 34 titoli che mi dettò poco prima della sua morte al fine di redigere un “curriculum vitae”, nel 1980, 10 sono recensioni o presentazioni di libri e articoli, 3 sono necrologi, 3 hanno carattere bibliografico e 2 sono articoli pubblicati in giornali napoletani in cui presentava sommariamente l’opera dei poeti Georghe Coşbuc e Octavian Goga.
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Sul piano scientifico è senza dubbio, fondamentale il suo lavoro G. Vegezzi Ruscalla e i Romeni. Risultato di ricerche effettuate soprattutto negli anni in cui era borsista presso la Scuola Romena di Roma, esso è apparso nel 1940 in “Ephemeris Dacoromana”, il noto Annuario della Scuola Romena di Roma.
A Vegezzi Ruscalla Onciulescu ha dedicato altri quattro studi: Contributo alla storia della filologia romanza in Italia – Giovenale Vegezzi-Ruscalla (1937); Un assiduo socio della Società Nazionale Italiana e di quella Neo-Latina: il torinese Giovenale Vegezzi-Ruscalla (1940); Un precursore dell’Etnografia italiana (1952); Giovenale Vegezzi-Ruscalla traduttore e cultore della letteratura portoghese (1967). Apparsi nell’arco di 30 anni, essi dimostrano un interesse costante rivolto all’attività di una personalità meno conosciuta e non di primo piano, ma ugualmente importante nell’ambito della filologia, etnografia ed etnologia italiane. Però l’importanza di Vegezzi-Ruscalla è di grande rilievo nell’ambito dei rapporti culturali (e non solo) italo-romeni. Teodor Onciulescu ha innanzitutto il merito di aver consultato con scrupolo decine e centinaia di giornali e riviste in cui Vegezzi-Ruscalla aveva pubblicato studi, articoli, note, commenti e recensioni riguardanti in particolare i Principati Romeni e i Romeni, di aver cercato e trovato moltissime fonti inedite di informazioni relative alla vita e all’attività di Vegezzi-Ruscalla. Onciulescu ha consultato e studiato la biblioteca conservata nella villa Vegezzi-Ruscalla situata sul Colle San Vito a Torino (che conteneva anche l’archivio personale di Vegezzi-Ruscalla), ha studiato i manoscritti di Vegezzi presso la Biblioteca della Storia Patria di Napoli, ha consultato atti e documenti nell’Archivio di Stato di Torino, al Registro di nascita della parrocchia di Torino, alla Biblioteca Comunale di Bologna, al Parlamento italiano, ha consultato la preziosa corrispondenza di Vegezzi-Ruscalla con Spanu presso la Biblioteca dell’Università di Cagliari ecc.
E’ stato un lavoro da vero certosino che gli ha permesso di sintetizzare alcuni dati relativi alla vita e all’attività di Vegezzi-Ruscalla contenuti già negli studi di Al. Marcu e Cl. Isopescu, talvolta di correggerli, ma soprattutto di completarli copiosamente, riuscendo infine ad elaborare una vera monografia esaustiva, di fondamentale importanza per conoscere i rapporti culturali italo- romeni nel XIX secolo.
Vediamo ora chi fu Vegezzi-Ruscalla e perché è così importante per la storia della cultura romena. Nato a Torino nel 1799 da una famiglia venuta dal Canton Ticino, egli frequenta i corsi elementari in lingua francese, ma fino ai 13 anni, poi, a causa delle precarie condizioni materiali della famiglia, è costretto ad abbandonare gli studi e a lavorare. Occupa, all’inizio, mansioni modeste in vari ministeri, ma, grazie ai suoi meriti personali, percorre i gradi della carriera amministrativa divenendo, nel 1850, ispettore generale delle prigioni. La moglie proveniva dalla nobile famiglia Ruscalla della Piova e Vegezzi ottiene il diritto di aggiungere al suo patronimico quello della moglie2.
Benché egli abbia frequentato solo alcune classi elementari, diventa autodidatta e poliglotta, con ampie e solide conoscenze in vari campi scientifici: filologia, linguistica, etnografia, etnologia. Nel 1860 viene eletto deputato in Parlamento e nel 1865 il Ministero della Pubblica Istruzione gli conferisce il titolo di dottore aggregato di filosofia alla Facoltà di Filosofia e Lettere dell’Università reale di Torino. Però già nel 1863 il Parlamento romeno gli aveva conferito non solo il titolo di cittadino onorario della Romania, ma anche uno stipendio mensile di 1000 lei per tenere un corso libero di storia e letteratura romena all’Università di Torino, corso che egli tiene per alcuni anni.
In tutta l’immensa attività svolta a favore della lingua, letteratura, storia e cultura romena e dell’emancipazione dei Romeni, anche sul piano politico, – sostenuta da Vegezzi-Ruscalla – l’idea centrale era quella di riunire tutti i popoli di stirpe latina, di creare una confederazione latina che si opponesse al panslavismo e al pangermanesimo3.
Vegezzi-Ruscalla pubblica numerosi articoli sui Principati Romeni (più tardi sulla Romania) e sui Romeni, segnala e analizza alcune affinità del romeno con l’italiano e con i suoi dialetti, traduce dalla poesia romena (soprattutto da quella popolare), ha una fruttuosa corrispondenza con una serie di scrittori romeni e alcuni di loro li ospita pure in occasione di alcuni loro passaggi a Torino (per es.: I.H. Rădulescu e Dimitrie Raletti nel 1858, quando questi tornavano da Parigi nei Principati), sostiene l’unione dei Principati danubiani e non solo quella attuata nel 1859, tra la Moldavia e la Valacchia, ma anche l’idea di unione di tutti i Romeni (della Bessarabia, Bucovina, Transilvania, accanto ai Valacchi e ai Moldavi, senza dimenticare i loro fratelli al di là del Danubio, i Macedoromeni). Ugualmente sostiene l’idea di liberazione totale dei Romeni dal giogo ottomano. Vegezzi-Ruscalla intrattiene rapporti di amicizia con diversi scrittori romeni e scrive articoli o note su alcuni di loro. Si tratta di V. Alecsandri, I.H. Rădulescu, D. Raletti, C. Negruzzi, G. Cretzeanu, C. Aristia, C. Negri, P. Poenaru. Tuttavia Onciulescu rileva che egli sopravvaluta spesso i meriti di alcuni scrittori romeni (per es. quelli di D. Raletti, le cui opere sono considerate degne di far parte della “collezione di autori geniali”), e osserva che le lodi esagerate “non son dovute tuttavia a scarsa conoscenza della lingua romena da parte del Vegezzi, ma piuttosto alla buona volontà di far conoscere la letteratura romena nel suo Paese” (p. 56). Onciulescu nota in Vegezzi-Ruscalla la mancanza di criteri nella valutazione della letteratura romena e dei suoi scrittori, ma afferma che “Nessuno fino a lui aveva mai pensato ed agito su un piano così esatto, nel diffondere l’amore e l’interesse per una giovane letteratura, facendo sì che i rapporti culturali con l’Italia cominciassero ad essere più stretti e più frequenti, fino alla formazione di un folto pubblico di eruditi e di poeti che si occuperanno anche dopo di lui del popolo romeno”(p. 67).
Le conclusioni di Onciulescu alla fine del suo studio sono le seguenti: Vegezzi-Ruscalla è stato prima di tutto un romanista, e più precisamente un italianista e un romenista. Si è interessato anche di storia, letteratura, cultura e politica dei popoli latini, promuovendo il rafforzamento dei loro rapporti con l’Italia. E’ stato il primo a svolgere un’intensa attività per far conoscere agli italiani il popolo romeno e la situazione politica critica in cui si trovava. A ciò hanno contribuito sia i suoi scritti che le conoscenze che aveva in seno al governo piemontese. Poliglotta, al corrente con tutto ciò che si pubblicava, ha affrontato anche argomenti riguardanti la linguistica generale, l’etnografia e l’etnologia, ma con poche idee originali. Benché autore di studi che, oggi, non hanno in genere un certo valore, ha applicato con profitto le sue conoscenze allo studio delle questioni politiche importanti sulla struttura etnografica dell’Europa, tema che interessava particolarmente l’Italia e la Romania. Le sue idee si basavano sulla propria concezione di nazionalità, in quanto era convinto della superiorità e vitalità della “razza” latina sulle altre. Non ha fatto parte di alcun partito politico, ma in gioventù è stato seguace delle idee liberali. Ha sempre perseguito l’idea di prosperità delle piccole nazioni, come pure quella di libertà e di indipendenza delle nazioni sottomesse, soprattutto di quelle latine.
L’opera di Vegezzi-Ruscalla che tratta svariati temi – e forse proprio per questo non profondi e non troppo importanti – non può avere nella cultura italiana quella particolare rilevanza che presenta per la cultura romena, alla cui conoscenza ha contribuito sia sul piano letterario che su quello politico. Vegezzi-Ruscalla è stato un pioniere per quegli uomini di lettere e di scienze che si sono occupati della nazione romena nel XIX secolo. Mantenendosi fedele ai suoi principi giovanili, egli ha espresso attraverso tutti i suoi scritti il desiderio di veder trionfare la causa dell’unità e dell’indipendenza della sua seconda patria, la causa della Romania. Muore a Torino nel 1885. Negli altri quattro studi dedicati a Vegezzi-Ruscalla, citati prima, Onciulescu ha affrontato aspetti diversi dell’attività del torinese: quello di romanista, di etnografo, di traduttore e ricercatore della letteratura portoghese, di membro assiduo della Società Nazionale Italiana e di quella Neo-Latina, quest’ultima fondata proprio da Vegezzi-Ruscalla insieme a suo genero N. Melisurgo. Onciulescu non si è limitato ad analizzare con particolare attenzione e con spirito critico questi settori dell’opera e dell’attività di Vegezzi-Ruscalla ricorrendo, a questo scopo, allo studio di numerose riviste e giornali, ma ha esteso la sua ricerca anche agli archivi di alcune biblioteche, esaminando scrupolosamente la corrispondenza inedita di Vegezzi-Ruscalla con diverse personalità scientifiche: Giovanni Spano, Giovanni Galvani, Raynouard, Graziadio Isaia Ascoli, Camillo Cesarini.
In questo modo si completa il profilo dello studioso torinese, autore laborioso e uomo d’azione, che probabilmente sarebbe rimasto nel dimenticatoio se non si fossero interessati a lui con amore, ma anche con rigore scientifico, dapprima A. Marcu e C. Isopescu e poi, in modo (quasi) esauriente T. Onciulescu.