Centro Culturale Italo Romeno
Milano

Testimonianze e legami dei romeni con Milano nell’arco del tempo

Lug 25, 2017

«…Non si vede neppure in sogno una chiesa come il Duomo di Milano e non ci si stancherebbe mai di guardarla»

Simion Bărnuțiu

Nel presente articolo farò riferimento ad alcuni aspetti che uniscono i romeni alla città di Milano già dal Medioevo, attraverso il prisma dei rapporti militari, culturali e degli scambi economici fra l’Italia e la Romania, senza dimenticare l’interesse mostrato da alcuni italiani, milanesi d’origine o di adozione, che si sono avvicinati al mondo romeno attraverso i viaggi e l’hanno poi fatto conoscere nei loro scritti.

Di fatto, tutte queste piccole testimonianze contribuiscono a comporre un capitolo che attesta una lunga tradizione culturale, economica e diplomatica romena in Italia. Milano è la città dove hanno abitato e sono passate importanti figure della storia e personalità romene, dal voivoda Iancu de Hunedoara (1407 c.-1456) al soprano Hariclea Darclée (1860-1939), dal poeta Vasile Alecsandri (1821-1890), in veste di diplomatico al tempo dei Principati danubiani, e da Simion Bărnuţiu (1808-1864), importante figura del movimento del ‘48, al filosofo Ioan Petru Culianu (1950-1991), che negli anni ‘70 ha insegnato all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. I primi contatti dei romeni con l’Italia risalgono al Medioevo, quando i romeni erano denominati vlahi, i territori romeni non erano riuniti in un unico stato, ma la componente linguistica e la latinità costituivano un forte legame di comunicazione. Gli scambi romeno-italiani che si ritrovano nei documenti dell’epoca sono di tipo economico, militare e culturale.

Iancu de Hunedoara (1407 c.-1456) e il legame con la famiglia Sforza di Milano

Molti governanti dei Principati danubiani hanno avuto stretti contatti con l’Italia. Il rapporto del voivoda Ştefan cel Mare (1433-1504) con l’Italia è di tipo simbolico, perché il papa Sisto IV, per le sue gesta e la difesa del cristianesimo, gli conferisce il titolo di “Athleta Christi” (Campione di Cristo). Una delle figure più importanti della nostra storia che intrattiene rapporti con Milano è il condottiero e voivoda Iancu de Hunedoara (1407 c.-1456), crociato, difensore del cristianesimo e stratega militare. Il professor Vasile Mărculeţ, nel suo studio “Contacte culturale italo-transilvane până în secolul al XIX-lea” [1], parlando della storia dei contatti con l’Italia, mette in primo piano la figura di Iancu de Hunedoara, che entra in contatto con importanti personalità di Milano e di altre zone dell’attuale Lombardia, come Francesco Sforza. Iancu de Hunedoara si mette

completamente al servizio della lotta condotta dagli stati e dai popoli del centro e del sud-est dell’Europa per la difesa della loro indipendenza, minacciata dall’espansione dell’Impero ottomano e, attraverso le alleanze militari che stringe, si dimostra un “difensore della civiltà europea” occidentale. Il legame di Iancu de Hunedoara con l’Italia e con Milano risale al 1431, quando accompagna in Italia Sigismondo di Lussemburgo, re di Ungheria, entrando a far parte dei contingenti militari che questo sovrano mette a disposizione del duca di Milano, Filippo Maria Visconti, contro Venezia. Secondo i documenti Iancu de Hunedoara rimane a Milano fra il 1431 e il 1433 e ha l’occasione di conoscere l’organizzazione degli eserciti italiani, le loro strategie militari, incontrando alcuni comandanti del tempo, come Francesco Sforza, e arricchendo la sua esperienza militare, che sfrutterà nelle grandi campagne contro l’Impero ottomano. Iancu de Hunedoara ha fra i suoi collaboratori alla sua corte anche alcuni italiani, come il cardinale Giuliano Cesarini, legato pontificio, e l’inquisitore Giovanni da Capestrano, rappresentanti del papa. Iancu de Hunedoara, governatore del Comitato di Temes, voivoda della Transilvania dal 1441 e, poi, reggente del regno di Ungheria, fra il 1446 e il 1453, stabilisce la propria residenza a Timişoara e, al posto del vecchio castello distrutto da un terremoto, ne fa costruire uno nuovo con l’aiuto di architetti italiani, di origine milanese.

Romeo Lovera, Grammatica della lingua rumena (Milano, U. Hoepli, edizioni 1892-1906)

La città di Milano è legata anche alla pubblicazione di una grammatica romena Il libro è una grammatica romena scritto in italiano, pubblicato per la prima volta nel 1892 presso Hoepli di Milano. Il professor Ştefan Cuciureanu, nel suo studio Eminescu în limba italiană[2], ricorda il contributo di Romeo Lovera nella diffusione del poeta Mihai Eminescu in Italia. Senza avere una preparazione didattica specifica, Lovera insegna lingua romena all’Università di Torino e ha il merito di aver pubblicato nel 1892 la grammatica romena in italiano, per la nota casa editrice di Milano Hoepli, Grammatica della lingua rumena, coll’aggiunta d’un vocabolario delle voci più usuali, dove compare anche una poesia di Mihai Eminescu. Nel 1906 Lovera pubblica sempre a Milano il volume La letteratura rumena (Milano, Hoepli, 1906), corredato anche di un breve dizionario esplicativo. Romeo Lovera organizza il primo corso ufficiale di lingua romena in Italia, all’Istituto Superiore di Studi Commerciali di Torino[3]. Una preziosa fonte di informazioni sui romeni, la loro lingua e le loro tradizioni è rappresentata dagli scritti dei viaggiatori stranieri nei territori romeni. Lo attestano i dieci volumi Călători străini despre Ţările române[4] pubblicati fra il 1968 e il 2001 da un gruppo dell’Istituto di Storia “Nicolae Iorga” dell’Accademia Romena. A partire dalla prima metà del XIX secolo, assistiamo a un’ondata di viaggi compiuti da stranieri, attirati dall’atmosfera pittoresca e dalle peculiarità dei Principati danubiani. La bellezza della natura con i monti e le foreste sconfinate, i monasteri e le chiese spinge I viaggiatori stranieri a riscoprire la zona carpatico-danubiana, fatto testimoniato da migliaia di annotazioni di viaggio, centinaia e centinaia di stampe, litografie e disegni di grafici e pittori stranieri, una vera miniera e fonte di informazione documentaria. Una predilezione per i territori romeni viene mostrata dagli italiani soprattutto a partire dal XV secolo. L’interesse degli stranieri verso i territori romeni, inaugurato dalla corrente romantica, viene poi incrementato con il movimento rivoluzionario del 1848.

Milano 1812. Caronni in Dacia…

Uno degli italiani interessati ai romeni e alle caratteristiche tipiche della loro cultura è Felice Caronni (1747-1815), originario di Monza, che ha svolto la sua attività di archeologo e numismatico a Milano. A lui si deve la composizione di un libretto, pubblicato a Milano nel 1812, dal titolo Caronni in Dacia. Mie osservazioni locali,nazionali, antiquarie sui Valacchi specialmente e zingari transilvani, la mirabile analogia della lingua valacca coll’italiana e la nessuna della zingara colle altre conosciute. Con un rapporto su le miniere più ricche del principato. Caronni compone il libro dopo i suoi viaggi in Transilvania, dove viene colpito dalla bellezza dei luoghi e dalla lingua, descrive la vita dei romeni in quella terra, la paragona a quella dei contadini italiani, ricorda le usanze popolari, i riti di sepoltura, la medicina popolare e fa riferimento alle somiglianze fra la lingua romena e i dialetti lombardi.

Simion Bărnuţiu (1808-1864) e gli studi a Pavia

A Milano è legato anche il nome di Simion Bărnuţiu, uno dei rappresentanti più importanti dell’intellighenzia transilvana della metà del XIX secolo, uomo politico, giornalista e giurista. Bărnuţiu studia diritto in Italia, a Pavia, città non molto distante da Milano e sede di una delle più antiche e celebri università italiane. È interessante notare che la prima pagina del sito web di Pavia ricorda questo intellettuale fra le persone più in vista che hanno abitato in città durante il XIX secolo. Da Pavia, Simion Bărnuţiu può raggiungere rapidamente Milano e lo dimostrano le amicizie strette con alcuni abitanti del capoluogo lombardo e la conoscenza di alcune celebri personalità del tempo, come l’abate Pietro Monti di Brunate. Durante il suo soggiorno in Italia, Bărnuţiu si dedica ad approfondire anche questioni di tipo linguistico, mostrando interesse verso i dialetti di Pavia e di Milano. Dopo aver visitato il Duomo di Milano, Simion Bărnuţiu, a cui il monumento era già noto per descrizioni indirette, ammette che la realtà non corrisponde all’idea che se ne era fatto. In una lettera indirizzata a Sextil Puşcaşiu esprime tutta la sua ammirazione alla vista di questo edificio: «non si vede neppure in sogno una chiesa come il Duomo di Milano e non ci si stancherebbe mai di guardarla». All’inizio incontra difficoltà con l’italiano: «la lingua, in bocca al popolo è davvero incomprensibile, anche i cittadini parlano di rado in modo corretto, inseriscono chi tanto chi poco elementi dialettali e questo rappresenta una difficoltà per un viaggiatore straniero che come me comprende l’italiano, ma non riesce tanto a parlarlo». Il 7 giugno 1854 Simion Bărnuţiu ottiene il dottorato in diritto con una tesi che riscuote grande ammirazione. Conclude quindi il suo soggiorno in Italia, non prima di essere ripassato da Milano per fare un’ultima visita al filologo Bernardino Biondelli e discutere con lui del problema dei romeni. Colpito anche dalle vestigia romane, Simion Bărnuţiu, nelle lettere scritte ad alcuni amici a casa, afferma che la sua presenza in Italia non dipende solo da motivi di studio, ma rappresenta anche un modello, una fonte di conoscenza e di ispirazione per la questione nazionale. Le sue opinioni riguardo alla lingua nazionale sono citate nel suo articolo dal titolo Suveniri din Italia, pubblicato nel 1853 (in «Foaie pentru minte, inimă şi literatură», nr. 11-12, 1853, p. 81-82).

Il milanese Carlo Cattaneo (1801-1869) e il rapporto con i romeni

Nel gruppo dei romantici italiani che ricordano i romeni nei loro scritti, sottolineandone l’originalità della lingua, va citato il milanese Carlo Cattaneo (1801-1869), esponente di spicco del Risorgimento italiano, sostenitore appassionato dell’unificazione dell’Italia in una repubblica federale. Il professor Cornel Sigmirean, nel suo intervento Italia şi construcţia naţiunii române[5], analizza una serie di aspetti che riguardano il ruolo significativo svolto dai romantici italiani nella formazione presso i romeni della coscienza di popolo. In questa sede si fa riferimento a Carlo Cattaneo che, con il suo interesse per la lingua romena, ha il merito – sottolinea il professor Sigmirean – di tracciare nei suoi scritti un parallelo fra la lingua romena e quella italiana, argomento a cui l’intellettuale milanese dedica anche uno studio monografico, Del nesso fra la lingua valacca e l’italiana, pubblicato sulla rivista «Gli Annali di Statistica» nel 1837 e ripubblicato nel 1846[6].

Hariclea Darclée (1860-1939) e il debutto al Teatro alla Scala di Milano: 26 dicembre 1860

Un’importante esponente della musica romena, per cui Milano ha rappresentato l’inizio di una carriera gloriosa, oltre a essere stato il suo luogo di residenza per qualche tempo, è Hariclea Darclée (1860-1939). Secondo lo scrittore Nicolae Carandino, nel libro intitolato Darclée. Viaţa de glorie şi de pasiune a unei mari artiste (Bucureşti, Fundaţia Internaţională Ateneul Român, 1995), alla nascita di Hariclea Darclée, Ileana Ţiganca disse che «la donna avrebbe viaggiato molto e la vita sarebbe stata sempre per lei una festa». Il saggio, apparso nel 1995, ha il merito di ricostruire le tappe fondamentali della vita di questa grande artista e gli anni della sua gloria musicale. «L’usignolo dei Carpazi», questo il suo soprannome, cantante a cui importanti musicisti italiani del tempo dedicano loro composizioni, si impone come prima donna in molti teatri d’opera a Parigi, Berlino, Firenze, Milano, Roma,

Buenos Aires, Lisbona, Barcellona, Madrid, Monte Carlo, Mosca e San Pietroburgo. Alla Scala di Milano, luogo della sua consacrazione mondiale, Hariclea Darclée debutta il 26 dicembre 1890, con il ruolo di Chimène nell’opera Le Cid di Jules Massenet, applaudita persino da Giuseppe Verdi, e il successo le garantisce poi di essere scritturata nei più grandi teatri italiani del tempo. Dopo la tappa a Parigi, significativa per la sua carriera, il soprano Hariclea Darclée torna a Milano, soggiornando inizialmente presso la pensione Mozzi di via san Pietro all’Orto, n.14, dove prende lezioni di canto da Ruggiero Leoncavallo. A Milano Giuseppe Verdi resta incantato dalla sua voce e, dopo la rappresentazione della Traviata, diventa uno dei suoi migliori amici. A sua volta, la cantante Hariclea Darclée diventa una stella sempre più luminosa nel panorama artistico italiano, mentre la lussuosa abitazione di via Cernaia, sempre a Milano, dove si trasferisce, è meta di importanti esponenti del mondo della musica come Verdi, Mascagni o Ricordi. Il 14 gennaio 1900 è una data significativa per il soprano romeno. Al Teatro Costanzi di Roma va in scena la prima dell’opera Tosca di Giacomo Puccini, ritardata di un giorno per la minaccia di una bomba. Nel ruolo della protagonista: Hariclea Darclée. La celebre aria «Vissi d’arte, vissi d’amore» è stata appositamente composta per lei. L’aria è stata scritta su suggerimento del soprano in base alle sue indicazioni musicali. Puccini ha tenuto conto del parere della cantante:

«Come, Floria Tosca non canta abbastanza?».

«Canta abbastanza, ma non canta tutto ciò che dovrebbe. Manca la sua grande aria in cui confessa le sue emozioni, passioni, sofferenze, dalle quali gli spettatori possono conoscere il suo sacrificio per amore e, soprattutto, la dignità della protagonista...» [7].

Sempre nel volume ricordato sopra, Carandino scrive: «All’ultima nota, tutti si sono alzati in piedi. Tutti hanno applaudito. Darclée concede il bis, ma le ovazioni non cessano. Un delirio che sancisce in modo definitivo il destino dell’opera» [8]. Il giorno seguente i giornali italiani titolano: Darclée ha salvato la Tosca. Prima dello scoppio della Prima guerra mondiale, il nuovo capolavoro di Puccini viene presentato in più di cinquanta città in tutto il mondo. Torre del Lago è una piccola località vicino a Viareggio, dove il maestro Puccini soggiorna per oltre tre decenni, data la sua passione per questo luogo incantato dove costruisce anche la sua villa. Qui il compositore scrive gran parte delle sue opere: La bohème, Tosca, Madama Butterfly. La villa è oggi un museo che ricorda la vita e le opere di Puccini. Alla ricerca di prove che collegano la carriera musicale del soprano Hariclea Darclée con il maestro Puccini, Florentina Niţă scrive in un articolo dedicato al soprano e pubblicato in Impronte culturali romene in Italia: In cerca di documenti attestanti il passaggio della Darclée a Torre del Lago, nella mostra delle grandi interpreti pucciniane, abbiamo trovato una sola fotografia spedita da Milano con una dedica: «Al Maestro Illustre Giacomo Puccini Ammiratrice Profonda e Affezionata. Hariclea Darclée». Parole che ci danno l’idea di quanto fosse sincero il loro rapporto. Una donna bella ed elegante sorride nella vecchia foto. Era l’anno 1903[9].

Rosa Del Conte (1907-2011): la cattedra di lingua romena all’Università del Sacro Cuore di Milano (1950-1956)

La personalità che può essere giustamente considerata l’ambasciatrice della cultura romena in Italia è Rosa Del Conte (nata a Voghera, in provincia di Pavia), che ha insegnato lingua e letteratura romena all’Università del Sacro Cuore di Milano negli anni 1950-1956. Nel 1942 Rosa Del Conte arriva all’Università di Bucarest, come lettore di lingua italiana, incarico che dal 1945 ricopre presso l’Università di Cluj. È il periodo in cui stringe amicizia con Lucian Blaga, da lei più tardi proposto come candidato al premio Nobel per la letteratura. L’instaurazione del regime comunista e le riforme antidemocratiche della Romania portano all’interruzione delle relazioni culturali con l’Occidente e la professoressa Rosa Del Conte è costretta suo malgrado a lasciare la cattedra e la Romania. È il momento in cui si chiude la Scuola Romena di Roma e la biblioteca viene trasferita a Bucarest. Il professor Alexandru Niculescu ricorda in uno dei suoi articoli che Rosa Del Conte comprava a Roma, negli anni 1949-1950, dai commercianti di Campo de’ Fiori i libri con il timbro Scuola Romena, usati come carta da imballaggio. Dal 1950 Rosa Del Conte insegna romeno all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano e, dal 1956 al 1977, all’Università La Sapienza di Roma. Questa grande amante della Romania ha il merito assoluto di aver portato la lingua romena all’attenzione degli studenti italiani nelle due prestigiose università della penisola dove ha svolto la sua attività come docente e traduttrice in un momento in cui la Romania aveva chiuso le porte e interrotto i rapporti con l’Occidente.

Ioan Petru Culianu (1950-1991) e l’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano

Ioan Petru Culianu è un’altra figura fondamentale della cultura romena che ha avuto legami con la città di Milano. Dopo aver partecipato, nel 1972, ai corsi estivi di Perugia, Culianu decide di prendere la strada dell’esilio politico e ottiene una borsa di studio in Italia, dove gli viene concesso l’asilo politico a causa della dittatura di N. Ceaușescu.

Ugo Bianchi Studia per tre anni storia delle religioni all’Università del Sacro Cuore di Milano con Ugo Bianchi, occupandosi in particolare della storia del cristianesimo primitivo e del dualismo religioso. Presso la casa editrice Mondadori di Milano e altre case editrici italiane pubblica vari volumi di filosofia. Alcuni i suoi saggi pubblicati in Italia: Iter in silvis. Saggi scelti sulla gnosi e altri studi (Messina, 1981), Esperienze dell’estasi dall’ellenismo al Medioevo (Roma-Bari, 1989), Eros e magia nel inascimento (Torino, 2006) e I viaggi dell’anima: sogni, visioni, estasi (Milano, 1994). Questi sono solo alcuni momenti e alcuni protagonisti che testimoniano l’interesse dei romeni verso l’Italia e degli italiani verso la Romania in un percorso che si snoda nei secoli attraverso tappe significative incise profondamente nella storia dei rapporti fra questi due paesi.

Violeta POPESCU

Bibliografia

[1] Altarozzi, Giordano; Sigmirean, Cornel (a cura di), Il Risorgimento italiano e i movimenti nazionali in Europa. Dal modello italiano alla realtà dell’Europa centro-orientale, Roma, Edizioni Nuova Cultura, 2013.

[2] Carandino, Nicolae, Darclée. Viaţa de glorie şi de pasiune a unei mari artiste [Darclée. La vita piena di gloria e di passione di una grande artista], Bucureşti, Fundaţia Internaţională Ateneul Român, 1995, seconda edizione rivista.

[3] Cuciureanu, Ştefan, Eminescu în limba italiană [Eminescu in lingua italiana], in «Anuariul de Filologie», 1964, pp.

[4] Mărculeţ, Vasile, Contacte culturale italo-transilvane până în secolul al XIX-lea [Contatti culturali italo-transilvani fino al XIX secolo], in «Dacoromania», 29, 2007, pp. 63-68.

[5] Niţă, Florentina, “Il soprano romeno Hariclea Darclée (1860-1939): la prima interprete di Tosca”, in AAVV., Impronte culturali romene in Italia. Annuario del Centro culturale italo-romeno, n. 2, Milano Rediviva Edizioni, 2014.

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