di Maria Floarea Pop
Ci auguriamo sempre un vissuto intenso delle festività natalizie, spesso senza curarci del mistero e del silenzio racchiuso in questa data. Mircea Eliade- il famoso storico delle religioni e filosofo romeno- affermava che la festa è un momento di rottura nel quotidiano, nel profano, attraverso il rivivere ciclico, rituale dei momenti sacri. La festa ci ricollega ad un passato mistico, significativo, al sacro.
Il Natale nella tradizione cristiana è la festa della nascita di Gesù, ma in realtà ha origini molto più antiche. La tradizione cristiana si è costruita inglobando o contrastando il culto pagano e le varie festività collegate al solstizio d’inverno. Anche l’Enciclopedia Italiana Treccani sottolinea questo fatto: ‘I Padri dei primi secoli non sembrano aver conosciuto una festa della natività di Gesù Cristo … La festa del 25 dicembre sarebbe stata istituita per contrapporre una celebrazione cristiana a quella mitraica del dies natalis Solis Invicti (giorno natalizio dell’invincibile Sole), nel solstizio invernale’. La Bibbia o altri scritti riconosciuti dalla Chiesa non indicano una data in cui è avvenuta la nascita di Gesù e ci sono moltepici ipotesi sul motivo ( inerente o esterno al Cristianesimo) per cui è stata stabilita per il 25 dicembre. I cristiani d’Oriente lo festeggiavano il 6 gennaio insieme alla Teofania, cioè la festa dei lumi, quando venivano anunciate anche le feste dell’anno.Tuttoggi ci sono circa 150 milioni di cristiani ortodossi in Russia, Terra Santa e in alcune delle altre Chiese ortodosse orientali – che festeggiano il Natale secondo il calendario giuliano con un ritardo di 13 giorni rispetto al gregoriano.
Il 25 dicembre riccoreva per le tribù nordeuropee la festa del “Yule” – “la rinascita del sole che dà luce e calore”, ricordando anche la credenza cristiana che Gesù nato a Betleeme è “la Luce del Mondo”. Loro credevano che durante la notte del 24 dicembre i morti visitavano le loro famiglie viventi e per questo li accoglievano con delle tavole ricchissime di cibo. Anche i Celti festeggiavano il solstizio d’inverno (con il giorno più corto dell’anno) simbolo del passaggio da un ciclo stagionale ad un altro e quindi da uno stato spirituale ad uno nuovo.
L’universalità di questa riccorenza si ritrova oggi nei vari simboli e tradizioni natalizie: l’albero di Natale, i canti natalizi, le luci di Natale, la tavola imbandita, i doni ecc.
Al di là dell’incertezza cronologica, c’è un forte simbolismo di questa festa. Tutto riporta alla luce, alla vittoria del Sole sulle tenebre, alla speranza di un nuovo anno, alla luce della conoscenza, l’incarnazione del Logos. Anche nel vangelo di Luca, Zaccaria, il padre di Giovanni Battista, parla della futura nascita di Cristo, come luce: ‘verrà a visitarci dall’alto un sole che sorge’.
Il Natale romeno
L’etimologia della parola “Crãciun” con la quale i romeni chiamano la festa della Natività è una delle più discusse nella linguistica romanica. Nella maggior parte delle lingue europee c’è nella radice della parola il senso di “nascita”: l’italiano Natale dal latino “natalis”= “nascita”, il francese Noël (dal lat. „natale nocte“ = la notte della nascita), l’inglese Christmas (nel inglese antico “Cristes Maesse”=La Messa di Cristo), il russo Rojdestvo (dal verbo Roditi=nascere), il tedesco Weihnachten= la notte santa.
L’Accademico Al. Rosetti (1945) sostiene che la forma romena “Crãciun” arriva indirettamente dal latino “creationem” attraverso la forma slava Kraciun. Quindi il Dizionario del Accademia del 1958 riporta la derviazione dal “dies Creationis” oppure “Dies Calationis”. Molto più convincente però pare l’etimologia proposta dal professor Gheorge Musu da un termine del fondo tracio da dove proviene “crãciun”, come anche il megleno-romeno “Cãrciun” e l’albanese Kercun (nel senso generale di tronco). Secondo lui quindi l’origine della parola romena è l’antico “ cãrciun” che significava il tronco d’albero che veniva bruciato la sera e durante la notte del solstizio d’inverno per dar forza al sole intorpidito nel suo nuovo percorso verso la rinascita. Era una tradizione pre-cristiana esistente anche ai popoli nordici e dove avrebbe origine anche l’abitudine di illuminare le città, l’albero, le case nel periodo natalizio.
L’Albero di Natale è presente in diverse culture e le radici possono essere rintracciate nelle credenze dei popoli del Nord Europa ai tempi mitici in cui si adorava Odino- divinità che si dice fosse rimasta appesa ad un albero speciale, cioè l’albero della conoscenza, per capire il segreto delle Rune. Il significato profondo dell’albero come simbolo della vita, come centro, come mezzo di comunicazione tra la terra e il cielo, tra l’uomo e il sacro è stato assimilato in tutte le religioni. L’abete che viene usato per Natale è un albero che rimane verde tutto l’anno, non perde le foglie durante l’inverno come fanno gli altri. Questo fatto simboleggia la fede cristiana nella vita eterna e la speranza della rinascita. Le luci e le candeline che lo addobbano sono raffigurazioni della Luce di Cristo, e gli oggetti che lo decorano sono simboli della prosperità e quindi della infinita generosità di Cristo verso di noi.
Tradizioni natalizie romene
Il Natale in Romania è una festa molto colorita e gioiosa, ma soprattutto ricca di usanze tradizionali.
La gioia di Natale comincia poco prima del 25 dicembre, nel giorno di Sant’Ignazio (20 dicembre) quando viene ammazzato il maiale. La preparazione dei cibi a base di carne di maiale per le feste e dopo le feste è un’occasione di allegria, di lavoro condiviso con i parenti e gli amici, quasi un’antico rito. Nella notte del 24 dicembre le strade sono piene di gruppi di giovani (e non solo) che si spostano da una casa all’altra cantando. I canti natalizi (“colinde”) sono dei testi epici rituali cantati che evocano i momenti centrali della Nascita di Gesù Bambino. I gruppi sono ricompensati da chi li riceve con della frutta, dei dolci tradizionali, vino o grappa e a volte, con dei soldi.
I canti natalizi sono presenti anche ad altri popoli e si pensa che sia un’usanza del periodo conseguente al processo di romanizzazione. Un’ altra tradizione natalizia è l’andare con la capra addobbata- rito che ha a che fare con l’augurio di un’ anno più ricco (specialmente per il gregge, all’inizio). Gli antichi consideravano la capra come l’animale che può indicare attraverso il suo comportamento se il tempo sarà buono oppure brutto. In origini, il “gioco della capra” era un ceremoniale grave, di culto. Poi si è trasformato diventando un rito della prosperità e una buona occasione per presentare i costumi tradizionali, i tappeti, gli asciugamani decorati e molto colorati. Il gioco è accompagnato da canti e versi declamati in un modo molto teatrale.
L’andare con la stella è un rito che ricorda il viaggio dei 3 magi accompagnati dalla stella che indicava il luogo dove nacque Gesù. Gruppi di ragazzi, specialmente tra 7 e 14 anni, alla vigilia di Natale, cominciano ad andare da una casa all’ altra cantando e portando una stella grande di legno, addobbata con della carta colorata e dei ramoscelli di abete.
Un’altra tradizione natalizia romena è il gioco dell’aratro (“Plugusorul”), in cui i giovani partono con l’aratro per simboleggiare un rito di fertilità e declamano dei versi augurali di ricchezza e di raccolti abbondanti per il nuovo anno. Quest’usanza dà tanta gioia, ritmo e colore alle feste natalizie, ricordando anche l’antico mestiere del popolo romeno: l’agricoltura.
Tutte queste usanze reiterano un tempo storico e spirituale dei romeni, collegando il presente di festa ad una dimensione sacra, alla Luce.