Mihai Eminescu e Veronica Micle. Due destini uniti per sempre, d’amore e poesia
Il 15 gennaio i romeni festeggiano la nascita del poeta Mihai Eminescu (in origine Mihail Eminovici), 163 anni, anche se la sua data di nascita più probabile, secondo Gino Lupi nel suo libro’La letteratura romena’, è quella di 20 dicembre 1849, scritta dal padre stesso su un vecchio salterio e dal poeta confermata sui registri della ‘Junimea’. In quest’occasione si riuniscono tanti ammiratori della sua opera, si leggono poesie sue, si accendono candele per la pace del suo spirito, tanto infelice per i tormenti interni ed esterni durante la sua vita, e si ringrazia per tutto quello che ci ha lasciato i eredità. Dai più giovani ai più anziani, tutti conoscono almeno una delle sue poesie, studiate obbligatoriamente nelle scuole. Per capire meglio la grandezza e l’importanza che ha questo poeta per il popolo romeno, basta pensare alle numerose sue statue in quasi tutte le città del paese, all’anno 2000, quando si è celebrato l’anniversario dei 150 anni dalla sua nascita, venne chiamato ‘l’anno Eminescu’ e al suo volto impresso su una delle banconote romene.
L’avventura umana di Mihai Eminescu si svolge nella seconda metà del XIX secolo, mentre l’Europa è scossa dai fremiti risorgimentali che faranno crollare gli antichi imperi sconvolgendo i destini del vecchio continente. Il poeta nazionale romeno, nato a Botosani (Moldavia settentrionale) da Gheoghe e Raluca Eminovici, fu il settimo di undici fratelli che si spensero quasi tutti giovani di tubercolosi, tra cui un fratello suicida e una sorella colpita da paralisi a cinque anni. Le tragedie familiari producono grande impressione sull’animo del giovane Mihail e spiega l’ottenebramento
mentale che colpì il poeta nei suoi ultimi anni, ma giustifica anche l’irregolarità della sua vita.
Che anima triste mi hanno dato
Parenti di parenti,
Da accogliere in se stessa
Un mare di tormenti.
Che anima triste e senza senso
E da qual loto inerte,
Che dopo tante illusioni
Pur spera al deserto?
(‘Che anima triste …’)
Trascorse la prima infanzia serena nel possedimento paterno di Ipotesti (Botosani), dove il padre era
amministratore di terre ed esattore delle imposte sulle bevande alcoliche, e dove accolse nell’animo,
precocemente sensibile, le prime vive impressioni destate dal fascino della natura, riportata più tardi nella sua opera. Dopo aver frequentato le scuole elementari e medie a Cernauti, nella Bucovina allora austriaca, segui il Liceo Imperiale e Reale, ma nonostante fosse uno studente di spiccata intelligenza, non fu uno studente facile, perché la disciplina tedesca della scuola non era adatta alsuo temperamento. Il vantaggio di aver avuto come professore il filologo Aron Pumnul (Aron Pugno), che ammirò fortemente e presso il quale lavorò come copista, gli fece scoprire l’inscindibileunione fra la nazione e la lingua. L’anno seguente lavorò come suggeritore alla compagnia drammatica di Fanny Tardini, in giro per la Transilvania e Bucovina, ma smesse per il dolore
provocato dalla morte dell’amato maestro Aron Pugno (Pumnul), a cui dedicò i primi versi, ‘Alla tomba di Aron Pumnul’, pubblicati nella rivista ‘Famiglia’ diretta da Iosif Vulcan, che gli cambiò il nome da Eminovici in Eminescu e che il poeta addotto definitivamente. Riprese la vita irregolare, viaggiando
con la troupe teatrale di Matei Pascali in varie provincie della Romania, occasione in cui conosce e condivide le condizioni del popolo contadino e la sua curiosità giovanile gli fa notare i problemi più importanti della vita sociale (in questo periodo scrive il romanzo ‘Genio deserto’, pubblicato
postumo, e raccoglie informazioni sul folklore e i dialetti di ogni zona dove passa). Ma il padre riesce a rintracciarlo e a convincerlo a riprendere gli studi a Vienna e Berlino, dove frequenta con avida curiosità intellettuale svariati corsi universitari, filosofia e legge, economia politica e
medicina legale, ma soprattutto leggendo molto e con attenzione, da non accorgersi del disordine indescrivibile della stanza in cui viveva e perfino dimenticandosi di mangiare. Il tempo della letturasi sovvrapone al tempo della scrittura:
‘Ad un tratto, sembrava che il mio cervello si illuminasse. Entravo nei labirinti di quei racconti bizzarri che avevo appena terminato di leggere, e un’immagine ne attirava un’altra e un evento
chiamava un altro evento. Allora spegnevo la candela per non allontanare le mie oscure visioni e in totale oscurità annotavo e scrivevo velocemente sul mio quaderno tutte le visioni e le immagini che mi attraversavano la mente … questi bizzarri frammenti raccolti da tutte le parti si trasformano e si fondono in un’unica storia, bella anche se un poco curiosa. Eccola, la sto scrivendo.’
(Fragmentarium -Quando ero ancora all’Università).
In questo periodo conosce l’amore della sua vita, Veronica Micle, poetessa romena, con la quale inizia una relazione, nonostante fosse sposata, e che diventa la sua più fedele ammiratrice e sostenitrice, con grandi influenze sulla sua attività letteraria.
Così soave rassomigli
Il bianco fiore del ciliegio,
E angelo, tu, fra la gente,
Incontro alla mia vita sorgi.
Appena sfiori il tappeto
La seta suona quando muovi,
E dalla testa fino ai piedi,
Leggera come sogno voli.
Di tra le pieghe del vestito
A mo’ di fermo marmo spicchi,
Mi pende l’anima ai tuoi occhi
Di lacrime a sorte ricchi.
Oh, vago sogno di amore,
Soave sposa delle fiabe,
Più non sorrider! Il sorriso
Mi svela quanto tu sei dolce
E puoi col fascino notturno
Per sempre gli occhi abbuiarmi,
Con caldi sussurri di labbra,
Con fredde braccia ad abbracciarmi.
(‘Così soave …’)
Cerca in vano a convincerla di fuggire con lui, tentano addirittura di fondare una famiglia (hannoun figlio, nato morto), ma la donna, madre di due bambine, rifiuta la proposta e pensa a dare un
futuro sicuro alle figlie, vista la vita disordinata e l’incapacità di prendersi cura anche di se stesso,
dell’amante Eminescu, perché un uomo sempre disordinato e spettinato, tanto che Veronica, in una sua
lettera, gli rimprovera di avere l’aspetto di chi fosse appena scampato all’incendio di Troia.
In questo mondo ci son donne
Con gli occhi fonte di faville
Per quanto siano loro sublimi
Non sono come te, non sono!
Che tu puoi sempre rischiarare
La vita di quest’anima mia,
Sei più brillante d’ogni stella,
Amore mio, mio amore! (‘Perche non vieni’)
Ma la relazione ha fine soprattutto per i pettegolezzi, le calunnie e la malvagità umana della società
romena, che non vedeva bene la loro unione, molti degli scrittori già famosi riducendo al minimo il
nome e il talento della giovane poetessa, che ha pagato con caro prezzo il suo amore sincero e
passionale per Eminescu. Veronica, ferma e coraggiosa, risponde ad una proposta di matrimonio di
un nobile: ‘Preferisco essere l’amante di Eminescu che la moglie di un principe’ e chiama Eminescu
‘unico motivo del mio dolore e della mia felicità’. In una delle tante lettere scritte a Veronica,
dichiara: ‘Non amerò mai più un’altra donna”. Famose le loro lettere d’amore, nelle quali
concentrano delirio e amore, felicità e sofferenza, abbandono e tristezza.
Te ne vai ed io ho ben capito
Di non tener dietro al tuo passo,
Per me perduta in eterno,
Della mia anima, tu sposa !
A me la colpa vista averti,
E mai me la perdonerò,
L’azzurro sogno sconterò,
La destra sporta nei deserti.
E a me risorgerai, icona
Della per sempre Immacolata,
Sulla tua fronte la corona –
Dove te ne vai? Quando verrai?
(Così soave …)
Sempre in precarie condizioni finanziarie, il suo stato psichico degenera fino al punto di essere ricoverato in diverse cliniche, in preda ad una grave crisi di nervi. Nemmeno il viaggio in Italia assieme al devoto amico Chibici Revneanu, che per tutta la vita ha avuto un’influenza moderatrice sul carattere imprevedibile di Eminescu e che nessun altro avrebbe potuto sopportare con calma e fermezza le stranezze del malato durante le visite a Venezia e Firenze (più di una volta sparì per
lunghe ore senza che nessuno sapesse dove sia e ritrovato con l’aiuto della polizia in stato confusionale e sofferente), non fece alcuna impressione sul poeta, ormai staccato dalla vita . Ma dedicò un sonetto a Venezia, in cui si rispecchia la tristezza della sua anima:
‘Si è spenta la vita della superba Venezia
Non odi canzoni, non vedi luci di balli;
Sulle scale di marmo, sugli antichi portali,
Batte la luna, inargentando i muri.’
Il lavoro scarsamente e irregolarmente compensato era troppo per il suo fisico debole e scosso dalle numerosi notti passate a scrivere le sue più belle poesie, senza mai un periodo di sosta, consumato dall’amore clandestino, condannato dalla società. Sofferente nella vita, urlò con forza il suo disaggio sociale e sentimentale nei suoi scritti, capiti poco all’epoca e valorizzati al massimo dopo la sua morte,
scritti che hanno celebrato nella loro complessità i veri valori della vita: l’amore, la natura, la spiritualità, ma anche le sofferenze interiore che lo torturavano.
Nel febbraio del 1889, Eminescu fu ricoverato di nuovo in una casa di cura, in seguito a una ricaduta, dove morì in miseria il 15 giugno, non ancora quarantenne, a causa di una sincope o,
secondo qualcuno, a seguito di un colpo al capo infertogli da un altro paziente sfuggito al controllo degli infermieri. Fu seppellito il 17 giugno nel cimitero Belu di Bucarest, finendo così una vita tormentata e irrequieta.
La vita mia fu luce e il cielo mi fu azzurro,
La speranza, stella d’oro, mi riluceva nel petto,
Sino a che all’anima mia d’un tratto apparisti,
O angelo caduto!
E due stelle nere luccicarono in nero fuoco
Nel cielo della mia vita. – Un’altra volta il genio della fortuna
Mi lascia solo nel mondo, dispare in abisso
Di nube e di sogno.
Uno strizzar del tuo sguardo mi ha rabbuiato la vita,
Dal mio seno la divina speranza è fuggita;
La fortuna ha spento la tua stella… Tu mi amassi, almeno,
O angelo di amarezza!
Ma no!… Dal mio buio mondo tu voli nel tuo cammino;
Sotto il tuo passo arena d’oro calcherai
Mentre io, perduto nella notte, non spero più nulla,
E in eterno ti sogno.
Dopo la morte di Eminescu, Veronica Micle si ritirò nel monastero Varate, luogo di riposo degli intellettuali moldavi, dove scrisse il volume ‘Amore e poesie’, in cui raccolse le poesie proprie e le poesie di Eminescu dedicate a lei. Muore il 3 agosto 1889 all’età di 39 anni.
‘Oh, rimani ancor, rimani,
Io ti voglio tanto bene!
Tutti i tuoi desii
Ascoltare so sol io.
(‘Oh, rimani …’)
LE OPERE PRINCIPALI DI EMINESCU
Le opere di Eminescu sono state tradotte in ben 60 lingue e restarono in gran parte inedite fino al
1939. Le sue poesie più importanti sono: ‘Espero’, ‘Venere e Madonna’, ‘Angelo e demone’,
‘Fiore blu’, ‘Desiderio’, ‘Oh, rimani’, ‘Epistole’, ‘Mi resta un solo desio’.
Le sue prose più significative sono: ‘Il Principe azzurro della lacrima’, ‘Il povero Dionigi’, ‘Genio
desolato’. Lasciò quarantatre quaderni con quindicimila pagine, ma l’unica sua opera apparsa in vita
è il volume ‘Poesie’.
Mihai Eminescu, pseudonimo di Mihail Eminovici (Botosani, 15 gennaio 1850 – Bucarest, 15 giugno 1889)
1866 – esordio poesia ‘Alla tomba di Aron Pugno’ e ‘Se avessi’ nella rivista letteraria ‘Famiglia’
1867 – suggeritore in due delle più importanti compagnie teatrali romene dell’epoca e copista per il Teatro
Nazionale; scrive e pubblica altre poesie e inizia il romanzo ‘Genio desolato’
1869 – cofondatore del circolo letterario ‘Oriente’; pubblicazione volantino ‘La morte del Principe Stirbei’
(Barbu Stirbei, il governatore di Muntenia)
1869 – 1872 – studia a Vienna filosofia, diritto, economia politica e filologia romanica; collaboratore della
rivista ‘Conversazioni letterarie’ edita dall’organizzazione culturale ‘Junimea’ (Gioventù)
1872 – 1874 – studia a Berlino; giornalista del quotidiano ‘Albina’ (L’ape)
1874 – 1877 – direttore alla Biblioteca Centrale di Iasi, ispettore scolastico di Iasi e Vaslui, reddatore del
quotidiano ‘Il Corriere di Iasi’
1877 – 1883 – capo redattore del quotidiano ‘Il Tempo’; la maggior parte delle sue poesie: ‘Espero’,
‘Epistole’, ‘Desiderio’, ‘Fiore azzurro’ ecc.; l’inizio della malattia
1883 – pubblicazione il volume ‘Poesie’
1884 – visita Venezia e Firenze su consiglio medico per la depressione di cui soffriva
1889 – morì a Bucarest, nell’ospedale in cui era stato ricoverato
Lorena CURRIMAN