Constantin Noica, il più grande filosofo della generazione di Mircea Eliade ed uno dei più autentici e significativi pensatori romeni ed europei dello scorso secolo, ci ha lasciato in eredità una dei suoi capolavori sotto forma di lettera personale indirizzata a suo figlio. Il motivo per cui è stata scritta è dovuto alla decisione del figlio, inglese per via materna, di diventare monaco in Gran Bretagna, dove viveva.
La lettera intitolata “Lettera per Rafail” è stata pubblicata in Germania ed in Francia, nel penultimo numero della rivista Podromos (il numero doppio 8 – 9 del 1968) da Paul Miron e Ioan Cusa e rappresentava una vera e propria confessione di fede.
La lettera di Constantin Noica indirizzata al figlio, il monaco Rafail Noica
“Cosa c’è di così vitale nel vostro Mondo, caro figlio, che tu abbia deciso di abbandonare il nostro Mondo? Ho sentito che sono in tanti che lo abbandonano, anche se non prendono i voti religiosi, come te. Il mondo di oggi vi ha amareggiati oltre ogni misura? Avete forse pensato di poterlo servire fuori dalla sua realtà?
A noi, qui nel nostro Mondo, ci sembrava che il mondo di oggi non potesse più essere boicottato. C’è qualcosa nel mondo che si sta elevando, e tutto ciò che si eleva è sacro. I popoli ora stanno uscendo, uno alla volta, dal boicottaggio della storia (come diceva Blaga riguardo alla nostra nazione) o stanno uscendo dal sonno e dalla bestialità. Infatti sia le bestie sia gli umani si stanno preparando per il grande salto. Tutto ciò che è possibile invade con tanta ricchezza il mondo, così com’è, compreso l’uomo stesso che lo popola con forme nuove e strane di se stesso, in procinto di diventare una nuova creatura con maggiori doti. Tutto quello che ti dico sembra ingenuamente ottimistico. Allora fammi dire le cose nella tua Lingua, che amo tanto anch’io. Nella tua Lingua c’è un detto del passato che oggi mi sembra più vero di qualsiasi altro. Si tratta delle parole di Agostino, “Ama e fai quello che vuoi“. Perché se ami con tutto il cuore – diceva – non fai più quello che vuoi, ma solo quello che devi. Forse il mondo di oggi è a volte ingiusto inquanto ha diviso “fai quello che vuoi” dall’”amare”. Si è preso tutte le libertà e fa tutto ciò che gli pare; ma non sempre ama. Proprio come l’artista moderno che spesso non ama la parola o la materia con la quale lavora ed essa si sgretola nell’irrealtà, mentre un Brancuși, che amava la sua materia e la accarezzava, la trasformava nella miglior cosa che poteva esistere. Invece l’uomo moderno vive lo scandalo delle libertà e dell’amore, perché non si sottopone più all’ordo amoris.Potresti rispondermi “allora insegniamogli l’amore”. E siccome qualsiasi forma di vero amore è, dopotutto, l’amore rivolto a Dio, potresti aggiungere “restituiamogli la fede”. Ma qui si dividono le acque.
Le parole di Agostino sono giuste, ma solo per smentirlo. Oggi non possiamo più dire “ama e fai quello che vuoi”. Dobbiamo dire, come si verifica in realtà: “conosci e fai quello che vuoi!” E’ così che si sente di dire l’uomo moderno da circa tre secoli e non gli resta che portare la sua parola fino in fondo, quindi entrare nell’ordine della conoscenza.
La conoscenza ha davvero messo l’uomo in intimità con le cose – in un’intimità diversa da quella magica, mitica o religiosa – e da allora l’uomo moderno ha iniziato a fare ciò che gli piace. Riesce addirittura a ricostruire le sostanze inorganiche, come riesce a ricostruire la società; o riesce a raddoppiare le realtà con i loro “isotopi” e lavora su di esse come se fosse un nuovo mondo. Fa tutto quello che vuole: se vuole, fa anche armi atomiche.
Mi dirai che “in effetti, le fa, ma se amasse veramente, non le farebbe, come non farebbe tanti altri mali” e aggiungeresti “restituiamogli l’amore per la comunità”. Ma l’uomo di oggi non può più fare a meno di non conoscere. Gli è successo qualcosa di determinante; si è svegliato in lui un sentimento diverso da quello dell’amore. Agostino ha detto coro irrequietum, ma l’uomo moderno è guidato da mens irrequieta. L’amore per la comunità è diventato troppo poco per lui.
E cosa ne è venuto fuori? Un mondo che non assomiglia più a quello del buon Dio che esisteva fino adesso. Ragiona concretamente un attimo: se il buon Dio dicesse oggi a un Noè di preparare la sua arca perché il diluvio sta arrivando sulla malvagità del mondo, cosa metterebbe Noè nell’arca? Metterebbe una copia di ogni tipo di vita? No, metterebbe qualcos’altro, di molto strano: qualche bottiglietta di acidi nucleici, un paio di computer e un paio di pile elettriche o chissà cos’altro. Il buon Dio chiederebbe: cosa sono queste cose? E Noè risponderebbe: tutto ciò che deve essere conservato dal tuo Mondo, Signore. E può darsi pure che Noè nemmeno ci salirebbe sull’arca.
Questo Mondo, che ci piaccia o no, è il nostro mondo. Ma sicuramente ci piace in qualche modo, perché è un mondo di obbedienza, di pazienza e di fraternità tra noi e le cose. Ma non è più un mondo d’amore. È un mondo della conoscenza.
Lo so, nel Mondo dell’amore succedevano cose profonde: l’uomo fraternizzava con gli altri esseri umani, fraternizzava con la natura e la fraternità poteva estendersi, nella sua crescita spirituale, anche alla materia inanimata.A volte leggo le Sante Scritture della Chiesa ortodossa, che amo per essere scritte nella singolare lingua romena, e trovo nel paragrafo di settembre del giorno di Simion il Pilastro, queste righe mozzafiato: “Santo Padre, se il palo avesse una voce, non smetterebbe mai di far conoscere al Mondo i tuoi dolori, le tue fatiche e i tuoi sospiri; ma non è lui a supportare Te, sei Tu, Beato, a supportare lui annaffiandolo come se fosse un albero con le tue lacrime”.
Che meraviglia di pensiero e di parole per un atto che va oltre ogni giudizio. Ma adesso, nel Mondo della conoscenza, non è l’uomo solitario con le sue lacrime a supportare i pilastri delle cose, come un albero, e ad accompagnarle nella loro crescita. Ma è un altro tipo di fraternità con le cose e con le persone. Il Mondo del prossimo è finito; adesso il mondo in cui viviamo e in cui vivremo è un Mondo della lontananza. Non è un caso che io stesso ti scrivo da lontano, mio caro, e ti scrivo indirettamente e non direttamente, come se tu fossi solo un estraneo per me. Ma non ti disapprovo né disapproverei gli altri, nemmeno se fossero membri dell’Esercito e della Chiesa o semplici solitari. Non ti disapprovo, anche se temo che tu viva in un mondo già fatto ed in cui non c’è più niente da fare.
Ma qualcosa avete da fare, sulla linea della conoscenza. Non si può conoscere l’essenza di Dio e nemmeno i grandi Padri l’hanno conosciuta. Ma l’essenza delle cose è conosciuta con l’aiuto della scienza. L’essenza dell’essere esiste da circa 2500 anni nel pensiero filosofico. A sua volta l’essenza dell’essere umano è studiata da altri esperti (hai letto qualcuno degli ammirevoli libri di Mircea Eliade?).
Voi, nel vostro Mondo, studiate l’essenza umana. È il vostro dovere di dire sull’uomo qualcosa di più profondo e vero di quanto possa dire la povera psicologia o la povera antropologia e la povera storia. C’erano tante speranze per lo sviluppo di queste scienze, ma nessuna di esse è riuscita a mettere radici nell’uomo come la teologia, che in lui si è radicata nel tempo.
Acconsentirete a vedere la teologia come una scienza dell’essere umano? Riuscirete mai a trasformare le vostre comunità dell’amore in comunità della conoscenza? Accettereste di non dire no a un mondo che si evolve o almeno di dire, come gli antichi greci, un no che sia più debole di un sì?
Purtroppo io non ho lezioni da impartirti. Verso la fine della mia vita, mi rendo conto di non sapere quasi niente. Ma quando guardo indietro, vedo qualcosa di sicuro anche in una vita come la mia: è la gioia, perché ho avuto ragione soltanto quando sono stato felice. L’uomo è un essere che gioisce molto. L’uomo ha creato la gioia e si è accorto subito di quanto fosse buona. Ma non puoi davvero gioire se non hai conoscenza, se non hai apertura mentale, se le persone soffrono, se ci sono ingiustizie intorno a te, se ci sono verità che non conosci ancora, se non senti tutte le vibrazioni della ricchezza del tuo Mondo, se non godi delle straordinarie scoperte dell’umanità dei nostri tempi, comprese le onde elettriche – se non sai tutto e non ami tutto.
Mi viene poi da pensare che oltre l’amore e la conoscenza, anzi includendo anche l’amore e la conoscenza, c’è un ordo gaudi.
E ti dico soltanto queste parole: “gioisci e fai quello che vuoi!”
Traduzione a cura di Lorena CURIMAN