Centro Culturale Italo Romeno
Milano

“Il soriso sardo” di Petre Dumitriu 2012

Gen 13, 2013

Il romanzo ‘Il sorriso sardo'(ma anche sardonico) tradotto in italiano, dall’originale francese, da Giulio Concu e pubblicato nell’aprile del 2012 dalle Edizioni Il Maestrale (Nuoro), postfazione di Marinella Lorinczi, è ambientato in Sardegna, in un paesino sul mare, sulla costa occidentale:
‘colline scoscese radunate intorno a quell’ansa di sabbia sorvegliavano la spiaggia con i musi sulle zampe, con una vigilanza gelosa e inquietante.E al di sopra dei grugni delle rocce, i colli arrotondati, dal manto ruvido di macchia bruciato dal solstizio. Quella caletta era assediata, braccata dalle colline malvagie; ma poiché un divieto magico le immobilizzava al margine della spiaggia, lei godeva di una miracolosa sicurezza: il mare non avrebbe mai potuto sommergerla, le colline non sarebbero mai riuscite a liberarsi dalla loro immobilità accovacciata , a scattare in fine per lacerarla
con i loro artigli di scisto’.

Il personaggio-narratore arriva sull’isola per trascorrere uno dei suoi abituali soggiorni ospite del professor Carl-Gustaf Enquist, brillante archeologo svizzero che ha rinunciato alla carriera per motivi oscuri e che vive il proprio esilio in una casa sulla collina che domina il paese insieme alla moglie, Freia (nome inventato con il quale pretendeva essere chiamata soprattutto dal marito e dal figlio), ricca svedese dall’aspetto pericolosamente attraente, e al figlio Mikael. L’isolamento è
interrotto solo dalle visite dell’amico professor Zametti e di un allievo (il narratore della storia). Carl-Gustaf venera Freia: donna glaciale che rifiuta il contatto fisico, ma che non teme di mostrarsi poco vestita in giro, per il paese, ‘una seduttrice terrificante perché ostentava freddezza e purezza ed era effettivamente fredda, se non addirittura pura’. Lo stesso narratore rileva che ‘fu un tempo in cui mi infatuai un po’ della signora Enquist’ e si mostra meravigliato della decisione di Carl-Gustaf di ‘abbandonare a poco a poco la carriera di studioso e seppellirsi in quel paesino sardo che non
meritava neppure l’attenzione dei turisti’. Il tragitto percorso ogni volta per raggiungere la casa del professore è descritto minuziosamente: partendo da Cagliari verso la costa occidentale e attraversando Iglesias e Oristano si scorgono lungo il percorso i villaggi di Villasurgiu e Logusimius (Villasimius), Foguduru e Murangianus (Fordongianus), Casteddu e Nurra, nomi resi scuri foneticamente dalla predominanza di ‘una u oscura e soffocata come un ululato notturno’.

Sull’altopiano della Giara, dietro le colline che la separano da un minuscolo villaggio di pescatori dove si svolge il racconto, vivono i pastori, i veri Sardi, dal linguaggio incomprensibile, fieri e liberi: ‘Non uno di loro accetterebbe di fare il domestico. Vogliono essere liberi. Lo sono sempre stati. Non c’è mai stato neppure un padrone in Sardegna, nonostante la dominazione spagnola’. Non lontano dal misero paesino si erge il nuraghe Sardegra (Sardegna -possibile riferimento al
grande nuraghe Losa nella pianura di Abbasanta), con una scala elicoidale nell’intercapedine muraria: ‘il nuraghe si erge ancora dopo tre millenni, per circa quindici metri di altezza e i suoi muri sono spessi nove metri alla base. All’interno regna un’ombra secca, striata dai fasci di sole, che
filtrano attraverso gli interstizi. La scala a spirale, dai blocchi ciclopici sotto la falsa ogiva realizzata con blocchi ancora più pesanti, sale all’interno dello spessore murario. Nella muraglia, alcune nicchie sono sistemate a tradimento sulla sinistra di chi scivola nelle gallerie. Da lì, un solo difensore, col suo elmo dalle corna pomellate e la sua spada di bronzo, poteva colpire il fianco disarmato dell’assalitore e chiudere l’apertura del corridoio con i corpi dei primi tre nemici colpiti.’
Una realtà scabrosa si rivela a Carl-Gustaf quando si rende conto della passione di Freia per il figlio Mikael. La gelosia farà precipitare gli eventi. Lo scrittore romeno rimodella a suo piacere, in funzione di come intende portare a compimento la narrazione di una storia tragica, intessuta di
logiche interpersonali oscure e vischiose, immorali, indecenti e innocenti allo stesso tempo, che logoreranno e distruggeranno la vita di una moderna e nordica famiglia, sulla quale incombe
invisibile il controllo da parte degli abitanti del paese.
Quando la moglie e il figlio spariscono senza traccia dal contesto sardo e il padre-marito entra in
coma etilico senza alcuna speranza di ripresa, il mutismo ostile dei custodi e delle inservienti di
casa nasconde qualcosa e mette paura: ‘appoggiati a un basso muro, alcuni uomini, sagome scure,
con le mani in tasca, osservavano.’ Le persone che sapevano tutto si erano ‘chiuse in se stesse, ripiegate, distanti, nascoste, divise da tutto quello che erano, da tutto quello che sapevano e che gli stranieri non sarebbero mai riusciti a sapere, prima di tutto separati dalla lingua – non ci tenevano a
essere capiti, si trinceravano nel loro isolamento’. Una maschera tragica e antica e imperitura, archetipica, quella del ‘viso dalla bocca sarda’ irrigidita e ghignante, che irride le proprie sofferenze e che esprime il tormento dell’anima (‘sul viso scarno e duro un abbozzo di sorriso storto’) si adatta
magnificamente ai dialoghi eruditi dei personaggi. I personaggi maschili sardi del romanzo portano
nomi quali Lupu, Taureddu, Marteddu, nomi alludenti peraltro a figure ed elementi del panteon
europeo e mediterraneo precristiano. L’attenzione è attirata soprattutto da Lupu: ‘Ha una prudenza e una circospezione da bestia selvaggia. Non nei movimenti che sono molto
umani e più precisamente contadini, ma nella sua maniera di essere continuamente all’erta, di
affrontare tutto quello che gli potrebbe accadere, è in atteggiamento di difesa’. Dumitriu vuole creare un ambiente molto simile alla realtà sarda e parla anche delle Domus de
Janas, strutture sepolcrali preistoriche costituite da tombe scavate nella roccia, pozzi sacri,capolavori
architettonici arcaico, dalla scalinata che scende dritta nel sottosuolo acquoso e tenebroso, e delle accabadoras, ‘le terminatrici – delle comari del paese, che si facevano venire in caso di bisogno. Le chiamavano soltanto quando in famiglia c’era qualcuno che ci metteva troppo tempo a morire.
Arrivavano di notte e con mano caritatevole, ma ferma serravano la gola o assestavano un colpo di
scure in nome del Padre’,delle quali non si dovrebbe far parola coi sardi, ammonisce un personaggio, perché essi considerano questa credenza una diceria infamante. Il finale tragico, la verità sulla catastrofe è sconcertante: ‘non c’è niente lassù, nient’altro che
solitudine, silenzio, molto alto in cielo, delle albanelle. A perdita d’occhio niente, nessuno … Tutto
accade in silezio, ma non era il silenzio, era il vento’.

Petru Dumitriu
(8 mai 1924 – 6 aprilie 2002)

Petru Dumitriu è famoso nella letteratura romena per la sua prodigiosa capacità di ricreare atmosfere di tempi e luoghi, di grandiosità biblica alle volte, popolati di innumerevoli personaggi che trainano e rilanciano continuamente storie su storie.
Nel 2004, sotto il patronato dell’Accademia di Scienze Romena, nella lussuosa collana letteraria
delle «Opere fondamentali», sono stati pubblicati tre volumi, per un totale di oltre 5200 pagine che comprendono, oltre all’apparato critico, la maggior parte dell’opera in lingua romena di Dumitriu, che si estende dalla prima gioventù fino al suo ritiro in Occidente, cioè dal suo precoce debutto
letterario pubblico del 1943 fino al1960.
Nel 1949, all’età di 25 anni, pubblica Bijuterii de familie (Gioielli di famiglia) che lo consacra di colpo come uno dei maggiori narratori romeni di tutti i tempi. Questo romanzo, la cui storia violenta si svolge durante la grande rivolta contadina del 1907 e che termina con un assassinio famigliare,
diventa uno degli episodi costitutivi della prima versione della Cronică de familie (1955). Nel 1960, quando si trovava al culmine della notorietà e del prestigio ma al contempo sotto la vigile ed avvilente attenzione delle istituzioni politiche e culturali, Dumitriu lascia illegalmente la
Romania [12]. Dopo questa rottura radicale Dumitriu scrive e pubblica in francese, lingua già appresa in famiglia e perfezionata durante gli studi. La sua carriera continua quindi all’estero anche attraverso numerose traduzioni delle sue opere francesi. Di questo secondo periodo, il romanzo più apprezzato è Incognito (1962, Seuil, oltre 480 pagine, tradotto in francese dall’autore stesso). Dopo la fuga di Dumitriu in Occidente nel 1960, la censura di regime degli anni ’60-’80 ha imposto e determinato il silenzio assoluto: per una trentina d’anni, equivalenti ad una generazione, in
Romania di Petru Dumitriu non si poteva parlare, non lo si poteva leggere, era sparito dai manuali
scolastici dove era entrato trionfalmente negli anni ’50, già ai vertici di una carriera personale ed artistica strepitosa ed unica nel suo genere. Sparisce dalle sale cinematografiche il film realizzato nel 1957 da Gioielli di famiglia (1949).

Romane – Romanzi
Pasărea furtunii (L’uccello della tempesta), 1957
Bijuterii de familie (Gioielli di famiglia), 1949
Drum fără pulbere, (Cammino senza polvere), 1951
Cronică de la câmpie (Cronaca di pianura), 1955
Cronica de familie, vol. I-III (Cronaca di famiglia) 1957
Incognito, 1962
Proprietatea și posesiunea (La proprietà e il possesso), 1991
Extremul Occident (L’estremo Occidente), 1996
Omul cu ochi suri (L’uomo dagli occhi moscati), 1996
Vârsta de Aur sau Dulceața vieții (Memoriile lui Totò Istrati) – L’età d’oro o La dolcezza
della vita (Le memorie di Totò Istrati), 1999
Opere, vol. I-III, 2004
Teatru – Teatro

Romanticii (I romantici), 1957
Povestiri – Racconti

Euridice, 8 proze, (8 racconti), 1947
Euridice. Preludiu la Electra (Preludio per Elettra) 1991
Eseuri – Saggi

Despre viață și cărți (Riguardo alla vita e ai libri), 1954
Aquarium, 1956
Zero sau punctul de plecare (Lo zero o il punto di partenza), 1992
Ne întâlnim la judecata de apoi (Ci rivedremmo il Giorno del Giudizio Universale) 1992
Membro d’onore dall’estero dell’Accademia Romena.

Articolo a cura della dott.ssa Lorena CURIMAN

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