INTRODUZIONE
Le colinde sono canti natalizi popolari romeni. Il nome, che sulle prime ci pare esotico e strano, è derivato dal latino calendae, nel quale le vocali, per influsso dell’antico bulgaro, hanno cambiato colorazione. Ciò sta a ricordarci che la festività natalizia anticamente coincise e a poco a poco sostituì le feste pagane del solstizio invernale. Per questo non ci si meraviglierà se accanto alle immagini tradizionali del Natale troveremo immagini primaverili o comunque legate alla terra, alla natura. Le colinde vengono cantate da piccoli gruppi di fanciulli o giovani che hanno preparato nelle sagrestie delle chiese di campagna o nei fienili più isolati il loro repertorio e che la sera della vigilia si recano di casa in casa con una stella di carta trasparente illuminata all’interno da un lucignolo. Essi bussano alle porte o lanciano un richiamo dalla finestra e iniziano a cantare:
Buongiorno alla Vigilia
che è il meglio del Natale
che ha agnelli, maialini
seguiti dai bambini,
buona gente!
Dacci nocciole
che son più buone,
dacci noci
che son più dolci,
dacci mele
che abbiamo fame,
che siamo colindatori!
Ospite, vivi sano,
e riempici la bisaccia di cibi,
salute padroncina,
riempici la sacca,
dacci il pane consacrato,
per mondarci la bocca.
Vi auguriamo come si usa
botte piena di cavoli,
e un vaso di acquavite
che scivola in gola!
Quanti chiodi tengono insieme la casa
tanti zecchini vi vengan sulla tavola!
E rallegratevi
e invitate anche noi!
In dono ricevono non solo frutta secca, ma anche ciambelle e dolciumi appositamente confezionati dalle massaie. E come i gruppetti fanno a gara a cantare bene così le donne di casa gareggiano nell’arte culinaria e nella prodigalità. I “colindatori” più bravi si cimentano in canti più lunghi e nelle melodie più difficili, cantano a una voce divisi in due gruppi a strofe alterne, fanno del loro meglio per meritarsi i doni e le lodi degli ospiti.
Il repertorio raccolto in questi ultimi centocinquant’anni è vasto e ricchissimo sia per i contenuti che per le melodie. Il musicista ungherese Béla Bartòk che fece più di un viaggio di studi in Romania (soprattutto nelle zone confinanti con l’Ungheria) e che raccolse preziosissimo materiale di ogni genere, ritenne tanto interessanti le colinde da lui incise e trascritte nel 1913 che ne fece un volume con uno studio introduttivo che pubblicò in tedesco a Vienna nel 1935.
Per quanto riguarda il contenuto le colinde ci presentano aspetti tanto eterogenei e difformi da lasciarci al primo momento disorientati. Non sempre aderiscono, come i canti natalizi occidentali, al tema della Natività. Si va dalle peripezie della Vergine prima di giungere alla grotta, al canto di alleluia per la nascita di Gesù, al compianto di Maria per la Crocifissione; dalle leggende dei Santi alla storia di Adamo e da argomenti tratti dagli apocrifi a elementi più propriamente pagani o di interesse sociale. Vi sono colinde in cui non è fatto neppure cenno alla Natività e si parla invece della lotta tra il leone ed altri animali, della favola del sole che si è innamorato della luna e vuole sposarla. Né mancano colinde nelle quali la natura con i suoi spettacoli è la vera protagonista.
A volte la leggenda di un santo, la parola dell’apocrifo e l’elemento profano tratto dalla favolistica si fondono dandoci un canto ricco di motivi e complesso, non di rado difficile da decifrare. Spesso la colinda è preceduta dalla dedica e si conclude con gli auguri; in alcuni casi gli auguri, come abbiamo visto, vengono fatti in un canto introduttivo.
Alcuni testi sono altamente poetici per la bellezza delle immagini, per l’originalità dell’intuizione, per il vigore espressivo. E tutti conservano una freschezza che deriva loro da una semplice rappresentazione delle cose e dei fatti nel loro valore essenziale senza complicazioni e sovrastrutture. Il loro fascino consiste nel fatto che trattano i temi più alti con tanta familiarità da ridurli ad una dimensione domestica senza per altro spogliarli della loro dignità.
– 1 –
Alzatevi grandi boiari!
Bianchi fiori!
Alzatevi contadini e aratori!
Bianchi fiori!
Che vengono a voi i colindatori
la notte, prima dei galli cantori,
e vi portano il Signore
che vi purghi da ogni errore.
Un Signore appena nato
tutto di fiori di giglio ornato,
Il Signore Iddio vero
sole di raggi risplendente.
Alzatevi grandi boiari!
Alzatevi contadini e aratori!
Che nel cielo si è levata
una stella di re dorata,
stella cometa scintillante
che porta gioia alle genti.
Ecco il mondo che fiorisce
ecco la terra ringiovanisce.
Cantan nel bosco le tortorelle
alla finestra le rondinelle
e un colombo bello e splendente
è venuto a voi da ponente
bianco fiore vi ha portato
e sul cuscino ve l’ha lasciato.
Egli vi augura che viviate
e per molti anni vi rallegriate,
e come gli alberi rifioriate
e come quelli fruttifichiate.
– 2 –
Voi luci dell’alba,
perchè già spuntate?
Il gallo non ha cantato
il prete non ha suonato.
Voi luci dell’alba!
I giovani non han terminato
di cantare il Natale,
e noi ancora vaghiamo,
di paese in paese
per mezzo mondo.
Voi luci dell’alba!
Che abbiamo veduto
sopra quegli alti monti
due aquile grigie:
le ali sbattevano,
voi luci dell’alba!
E perché le sbattevano?
Per una mela d’oro,
voi luci dell’alba!
Noi abbiamo veduto
due aquile grigie
che si azzuffavano.
Perché si azzuffavano?
Per raggi d’oro,
voi luci dell’alba!
– 3 –
Da quando il Signore è nato
e il mondo è stato creato
e il cielo si è innalzato
Dio con splendore l’ha adornato
tutto di stelle
piccole e belle
e una corona fra quelle,
raggi, Signore, fra le stelle.
Nel giardino dorato
c’è una scala
tutta di cera
e il Signore vi discende
di quando in quando
alle feste solenni,
chierichetti gli fanno ala
e in mano tengon messali
e del Signore le glorie cantano.
– 4 –
Nel mezzo del cielo,
bianchi fiori di melo,
c’è un albero celeste,
ai lembi carico di frutti
al centro colorato
sulla cima dorato.
Ma là chi ci sta?
Stanno quattro rondinelle
e tessono le luci;
luci bianche come cera
per illuminare la terra!
Molta strada ho percorso,
sempre strada di nove giorni
l’ho percorsa in due giorni!
che il mio cavallo ho fiaccato
portando il Santo Signore.
Al fiume Giordano
alla corte di Adamo,
son venute quattro colombelle
con voce di ragazzi:
— Levati, levati nostro Signore
e fa’ alzare le serve
a scopare le stanze
a stender le mense
a riempire i bicchieri,
con la punta delle trecce,
coi lembi delle gonne,
quanta polvere scoperanno
in mare la getteranno;
il mare diventa più grande,
vediamo che cosa hanno ammucchiato:
han raccolto due buoi scuri
con le corna tutte d’oro!
E sulla cima delle corna
piccola culla di sicomoro,
e nella culla chi è coricato?
Il figlio della Madonna fasciato
con fascia di seta
tessuta da una principessa.
Passate, Re Magi, e riposate.
— Non siam venuti a riposare,
ma siam venuti a raccontare
dove sulla terra
è nato il Figlio Santo?
Nel giardino coi fiori bianchi
con una mano coglieva fiori
con l’altra faceva mazzi
e li portava ai boiari al villaggio.
Chi ascolta la colinda
che Dio 1o benedica
e tutti coi loro ospiti
che Dio li benedica;
e benedica anche me,
forse vi ho ben cantato.
– 5 –
Al tronco del pero
Alleluia al Signore!
brilla una stella,
ma sotto il pero c’è un letto d’abete
da molti artefici lavorato,
al fondo con tuoni,
ai sostegni con fulmini,
le frange con cera santa,
fusa e attorcigliata.
E nel letto chi è coricato
e giace meraviglioso
e dorme un sonno greve?
È coricato un Dio!
piccino e grazioso
e col viso leggiadro
fasciato da una regina
con fasce di seta.
La cuffia è di cotone
con tre fiori sulla cuffia
uno è il fiore di mirra
l’altro è la vite del vino
uno è la spiga di grano.
Ed ecco vennero le rondinelle
brunette, belle,
sempre cantarono, svolazzarono,
ma il figlio non svegliarono.
Le rondinelle volarono,
sul mare si abbandonarono
e tutte raccolsero
goccioline sulle ali,
pietruzze sulle penne,
e quando vennero al figlio
con le ali lo spruzzarono
con le pietre lo colpirono!
Il Figlio santo si destò
e allora le maledisse:
“Rondinella fatti il nido
nel luogo peggiore;
sul solaio dei poveri,
alla trave della grondaia,
che lo tormenti il fumo
come i ragazzi i pensieri
i pensieri di sposare
ragazze da maritare!”
La dedichiamo alla salute!
– 6 –
Sotto i lembi del cielo
Bianchi fiori!
all’ombra della nube,
una superba mensa è imbandita
sull’erba rinverdita.
Ma alla mensa chi siede?
Dio, che tutto vede;
e Natale
il vecchio,
e Giovanni
San Giovanni,
ed Elia
Sant’Elia,
e tutti i santi insieme
si trovavano in allegria;
e bevevano e brindavano
e bellamente si rallegravano.
Ma quando gettavano gli occhi
di lontano vedevano
l’Arcangelo Michele
che veniva con gran schiera
veloce correndo
su un cavallo schiumante
e a Dio si inginocchiava.
Quando a lui si avvicinava,
così gli diceva:
– Bevi Signore, ti rallegri
e con tutti i santi parli,
con i diavoli mi son battuto
e nella lotta son caduto,
che il santo cielo ho perduto.
San Pietro si è addormentato
i diavoli la chiave gli han rubato
e nel cielo sono entrati
e tutto l’han depredato.
Han preso la luna
e la luce,
e l’alba e i raggi,
e le stelle e il sole,
quello stocco da giudizio
che giudica tutto il mondo;
tutto in braccio han caricato
e nell’inferno l’han posto.
Il cielo tutto s’abbuiò
e nell’inferno forte s’illuminò.
Il cielo piangeva
e l’inferno rideva.
Dammi Giovanni ed Elia
in aiuto, Signore,
per scacciarli dal cielo
e ficcarli nell’inferno
e prendere indietro
le cose che han rapito
e nell’inferno han sistemato.
Ha preso Giovanni a battezzare
ed Elia a tuonare
a tuonare e folgorare
e i diavoli a disperdere.
Giovanni girava battezzando
Elia li disperdeva tuonando,
in tutto il cielo si volgeva
che giusto all’inferno arrivava,
prese la luna
e la luce,
e l’alba e i raggi,
e le stelle e il sole,
quello stocco da giudizio
che giudica tutto il mondo,
tutti nelle braccia li prese
e in cielo li ripose.
Bello il cielo brillava
cupo nell’inferno si abbuiava.
Il cielo rideva
e l’inferno piangeva.
Ospite stammi sano
e in grazia di Cristo.
– 7 –
La vita dell’uomo
il fiore di campo!
Quanti fiori son sulla terra
tutti vanno alla tomba;
ma il fiore di ranuncolo
sta alla porta del paradiso
a giudicare i fiori,
che han fatto dei profumi?