Centro Culturale Italo Romeno
Milano

A Bucarest nasce nel 2012 “Policlinico di Monza”

Gen 13, 2013

FOTO. Spitalul Monza Bucuresti/ Policlinico Monza di Bucarest

Il Gruppo italiano Policlinico di Monza, struttura ospedaliera privata, che detiene 10 ospedali privati in più città italiane, ha finalizzato un investimento di 40 milioni di euro in un ospedale privato con 140 letti a Bucarest, specializzato nell’effettuare interventi chirurgici e nella fornitura di servizi medici. La struttura sanitaria di Bucarest (www.spitalulmonza.ro) dispone di otto sale operatorie (due per chirurgia cardiaca e due per chirurgia generale e ogni una per ortopedia, chirurgia toracica, vascolare e una sala d’emergenza). L’ospedale funziona dal mese di giugno e rappresenta uno dei più grandi progetti in Romania nel settore medico privato.

Nel quartiere Vatra Luminoasa di Bucarest, si è aperto un nuovo ospedale, di grande portata, strutturato su 7 piani, che si estende su quasi 20.000 metri quadri ed è dotato di apparechiatura di avanguardia. E’ un ospedale privato, “Monza – Centro Cardiovascolare” ed è parte componente del gruppo italiano ospedaliero “Policlinico di Monza”, che totalizza 10 ospedali in Lombardia e Piemonte.

L’ospedale conta 8 sale operatorie, dalla capienza di 32 postiletto di terapia intensiva, Unità- reparti: Coronarici, Medicina Interna, Dipartimento di Radiologia Imagistica, Ambulatori di specialità, Recupero Cardiologico e di Riabilitazione Motoria, con 140 posti letto, ed è principalmente destinato alla chirurgia complessa con garanzia di servizi medici di elevata performance. L’ospedale “Monza” dispone di tecnologia medica all’avanguardia, mentre tutti i reparti sono diretti da medici di spicco del sistema in Romania. Michelangelo De Salvo, Presidente del Gruppo Ospedali “Policlinico di Monza” ha dichiarato al giornale “Cotidianul”: “Tutto in questa clinica è dimensionato per il futuro. Se avessi progettato questo ospedale per il presenta, l’avrei realizzato a delle proporzioni di molto minori. Ho voluto però, fare un’ autostrada a sei corsie. Affinchè le future generazioni possano beneficiare di un elevato standard di qualità. Mi è sempre piaciuto pensare nella prospettiva del futuro e dirmi che si deve offrire qualcosa anche alle future generazioni. E’ una strada aperta. Oggi siamo noi, domani verrano forse anche altri investitori a fare lo stesso. Ma tutto rimarrà al popolo romeno. Io sono solo un imprenditore. Non sono tra quelli i quali venendo a sapere che nelle Filippine la manodopera costa di meno, portano tutto il loro affare nelle Filippine. E, dal momento che che ho realizzato una simile struttura, essa rimane nel patrimonio del rispettivo paese e con essa vi rimane la mia anima”.

Per ora, nell’ospedale lavorano 130 medici ma, a breve, si arriverà a 300 : “Sono riuscito a realizzare questa performance, cioè creare a Bucarest questo ospedale moderno, europeo, con medici di elevata professionalità, che lavorano con noi full time. La maggior parte di loro sono medici giovani, ma che vantano una vasta esprienza, i quali hanno scelto di lavorare in questa struttura privata, per offrire una alternativa all’ emigrazione dei malati della Romania verso l’Occidente. In tal modo ho cercato di dar soddisfazione ai giovani medici di talento nel loro proprio paese, anzichè all’Occidente. Nonostante per ora, lavorino 130 quadri medici, l’unità rappresenta, tutt’ora, una “opera aperta”. Spero di poter raggiungere la cifra di 300 dipendenti”, ha sottolineato de Salvo, il quale ha voluto precisare che nelle unità ospedaliere che ha in Italia, lavorano numerosi romeni i quali hanno comprovato tanta serietà e professionalità. “Degli oltre 3.000 dipendenti del nostro gruppo, più di 300 sono romeni e ne sono piacevolmente impressionato, perchè sono persone appassionate e ottimamente preparate, sia nelle facoltà della Romania, che nelle scuole a profilo medico”.

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L’inizativa dell’ospedale di Bucarest appartine anche al dott. Gheorghe CERIN, una delle personalità di spicco – medico chirurgo, responsabile del Dipartimento di Cardiologia della Clinica San Gaudenzio di Novara. Fu lui a convincere Michelangelo De Salvo, Presidente dell’Ospedale ‘Policlinico di Monza’, per fare un investimento in Romania: un moderno ospedale d’Europa, con giovani medici, ad un alto livello professionale per offrire un’alternativa alla migrazione dalla Romania ai pazienti verso l’Occidente. “Abbiamo un forte Dipartimento di Pronto Soccorso, che si aggiunge a quello di Riabilitazione, necessaria quest’ultima, anche molto dopo l’intervento, potendo durare anche un anno. Durante il programma di riabilitazione, i pazienti vengono valutati giornalmente, sotto la sorveglianza del terapeuta, mentre alla fine del ricovero si svolge un colloquio tra paziente, la sua famiglia, cardiologo e terapeuta, per decidere sull’ulteriore condotta”, ha dichiarato egli.

FONTE: Sette giorni

Il dott. Gheorghe Cerin è stato nominato candidato al concorso l’Uomo dell’Anno 2012 dal giornale Cotidianul.ro: http://www.cotidianul.ro/

Per i nostri lettori offriamo alcuni tratti dall’intervista con il dott. Gheorghe Cerin, 2008

il mestiere di medico è un mestiere privilegiato, ha avuto sempre una posizione a parte nella società, legata al fatto che il medico è colui che prova a curare uno stato di sofferenza...’

Lei ha un palmarès molto ricco per quanto riguarda il mestiere di cardiologo, ha acquisito stima sia da parte degli italiani che da parte dei romeni che vivono in Italia. E’ un “medico pieno di grazia”, cosa significa questo mestiere per Lei?

Ritengo che sia un mestiere privilegiato, ha avuto sempre una posizione a parte nella società, legata al fatto che il medico è colui che prova a curare uno stato di sofferenza di un suo simile, indipendentemente dalla sua nazionalità o dalla sua posizione nella scala sociale. E la sofferenza ha, in un certo senso, un carattere universale, perché può colpire chiunque. Pochi fra di noi hanno la fortuna di esserne completamente immuni. Aggiungerei anche che la possibilità di studiare la vita e la sofferenza dell’uomo rappresenta un privilegio, perché ti si dà la possibilità di vedere con gli occhi della mente quello che c’è dentro di noi, cosa vuol dire e com’è composto questo piccolo motore così complesso e sorprendente. Sono stato e rimango estasiato e appassionato da quella che è la meraviglia dell’essere umano nella sua profondità. Perché il piccolo motore di cui parliamo ha a che fare con qualcosa di speciale. Questo piccolo motore sorprendente è stato progettato, secondo la mia opinione, da colui che ha creato tutte le cose che ci circondano: dalla luce, al buio e dagli uccelli del cielo, ai pesci dell’acqua. Direi che davanti alla sofferenza, “il medico pieno di grazia”, come Lei lo ha definito, mette alla prova tutte le sue forze, l’energia e le conoscenze che ha accumulato in anni di studio e di esperienza, per aiutare il prossimo in difficoltà, per provare a curare un ammalato. Se dovessimo semplificare, si potrebbe dire che la medicina clinica è un fatto di conoscenza interumana: il medico mette in gioco tutta la sua esperienza per “ decifrare” e curare l’ammalato, e questi con la sua malattia gli trasferisce informazioni legate alla sofferenza e al suo essere. Il mestiere di medico ti gratifica immensamente, ma sei sempre in prima linea! Per un cardiochirurgo come me, è una continua scommessa.

Il suo mestiere è legato al cuore, essenza centrale della vita; il cuore connesso sempre a due temi: quella della morte e dell’amore. Sappiamo che esiste un cuore “clinico” quello con il quale andiamo dal medico… ed uno romantico, dei sentimenti. Dovendosi occupare della parte “clinica” del cuore, riesce a vedere anche l’altro aspetto, quello meno lugubre del cuore? Quello di centro degli affetti, dei sentimenti, dell’amore?

E’ indispensabile vedere anche l’altro lato! E’ di supporto a tutto quello che facciamo. Io provo, per quanto mi è possibile, a curare il paziente e lui, con la sua gratitudine, mi trasmette l’energia e la forza necessaria che mi servono per andare avanti. E’ la motivazione per resistere nelle giornate senza sole! Non so se c’è qualcosa di romantico in questo, ma certamente qualcosa di umano c’è. Io vado via dall’ospedale con i miei pazienti nella mente e nel cuore, penso a loro, a quello che posso fare per loro… è qualcosa di molto delicato. E come me, fanno tanti altri medici! Forse potrebbe sembrare fuori dal mondo se io affermassi che amo i miei pazienti, ma è proprio quello che sento. Credo che nella vita esistano tanti modi di amare: l’amore dei genitori verso i loro figli, l’amore verso la sorella o il fratello, verso i tuoi parenti, i tuoi veri amici, (quei pochi che avrai nella vita), anche verso i colleghi… In questo senso io avverto di amare i miei pazienti. Non c’è niente di nuovo in questo – il cristianesimo, e non solo lui, propone l’amore verso gli altri come principio chiave della nostra vita! Sembra semplice come frase! Ma quanta energia nasconde nel suo profondo! L’amore è l’energia che ci aiuta a superare quello che è più difficile nella vita, l’amore verso il nostro partner, verso i bambini, verso gli amici. Se hai il feeling del paziente hai guadagnato tanto, tantissimo nella battaglia per la vita… I miei pazienti, a volte, mi tolgono tutte le energie, ma allo stesso tempo mi caricano con tutto quello che più c’è di vitale per me. Nessuno è padrone di questo mondo, veniamo e ce ne andiamo via tutti!

E’ poiché abbiamo toccato questa corda sensibile del cuore, nell’antica Grecia “cardia – cuore”, è l’equivalente di intelligenza, spirito. Nella cultura tradizionale cristiana, si parla di un tipo di conoscenza del cuore che riconduce alla fede. Può identificare una fede nella vita professionale che Lei ha scelto?

Io credo che qualcuno stia governando questo mondo che noi riusciamo a penetrare con la nostra intelligenza solo fino ad un certo punto … In questi anni ho avuto l’occasione di conoscere tanti colleghi stranieri, ognuno con un suo modo di guardare la vita e l’esistenza, con una sua filosofia e religione, e mi sono fatto la convinzione che in ogni persona esista qualcosa di speciale ed universale radicato nel nostro profondo. Credo, allo stesso tempo, che sia fondamentale fare del bene a quelli che ti circondano, viventi e non, anche se paradossalmente il bene costa! Io sono una persona credente. Nella mia famiglia, ho tre zie che sono diventate suore nei momenti drammatici della nostra storia e rappresentano un modello. Vado a trovarle quando vado in Romania e ammiro la loro serenità e saggezza. Penso che la fede aiuti ad avere valori più profondi nella vita.

In Romania Lei è il promotore di un progetto al quale tiene molto e nel quale Lei ha investito anima, energia, esperienza e tutto quello che serviva affinché il progetto Cardioteam fosse riconosciuto come valido. Un progetto con fatti, idee, uomini che hanno un denominatore comune: la cardiochirurgia. Mi racconta come funziona?

In Italia, il fondatore del progetto, è il Dr. Marco Diena. La sua missione è quella di trasferire nella realtà romena, quel modello professionale secondo il quale la figura centrale è il paziente. Nella nostra concezione, si partiva dal malato verso il medico, cercando sempre lo specialista di prima classe. Contiamo sull’aiuto dei colleghi dalla Romania: di Cluj, di Targu Mures, oppure di Bucarest o Timisoara. Per questo il Gruppo Cardioteam, anche se lavora nel campo della cardiochirurgia, non ha, come di solito, due reparti: la cardiologia e la cardiochirurgia. Ha letti di ospedale sui quali lavorano un gruppo di medici e di infermieri. I ricoverati sono visitati e discussi giornalmente dal cardiologo, dal cardiochirurgo o dal chirurgo vascolare, dall’anestesista della cardiochirurgia oppure dall’emodinamista o dal fisioterapista. E le soluzioni scelte sono sempre personalizzate ed adattate al malato che si trova in quel letto, dopo che sono state analizzate con attenzione da tutta la squadra.

L’esperienza di questo progetto è decennale, quali sono i risultati ad oggi ?

Gli oltre dieci anni di esperienza comune, hanno trasformato l’intero gruppo. Il chirurgo si è integrato con la sala operatoria, il cardiologo con le ecografie; una volta arrivato in sala operatoria, il cardiologo tocca con mano le decisioni prese dal chirurgo, sulla base degli esami eseguiti da lui stesso. Ha iniziato piano, piano a imparare un po’ di chirurgia, così come il chirurgo ha imparato a fare ecocardiografie. Così, anche nella Terapia intensiva, il lavoro di ogni giorno accanto all’anestesista, al cardiologo e all’intera equipe, ha permesso di ottenere dei risultati eccezionali, paragonabili alle performance dei più grandi centri di cardiochirurgia a livello internazionale. L’emulazione creativa del gruppo, la sua serietà e il rispetto guadagnato da ogni specialista all’interno dell’equipe, attraverso i risultati dimostrati ogni giorno, costituisce la forza motrice del modello “Cardioteam”. Allo stesso tempo, rappresenta la chiave dell’equilibrio del team, verificata e consolidata in tutti questi anni.

Da quando è venuto in Italia, è riuscito a creare anche uno scambio tra la medicina romena e quella italiana nella chirurgia cardiaca. Ha iniziato nel 1992, con il programma di formazione professionale finanziato dall’Istituto Politecnico San Donato di Milano, il cui promotore è stato ed è il famoso chirurgo Prof. Alessandro Frigiola. Ha avuto poi lo stesso sostegno a Novara, da parte del Dr. Marco Diena…


In tutto, fino ad oggi, hanno beneficiato di stage di formazione professionale in Italia, sia a Milano, nel Centro E. Malan del prof. Frigiola, che a Novara, presso la Clinica San Gaudenzio, oltre 80 medici romeni. Solo negli ultimi cinque anni, per esempio, oltre 25 borsisti romeni, cardiologi, chirurghi vascolari, anestesisti o emodinamisti, hanno beneficiato di borse di studio della durata di 3, 6 o 12 mesi a Novara, dove svolge la sua attività il gruppo Cardioteam, con finanziamento da parte del Gruppo di ospedali del Policlinico di Monza. Alla base di questi programmi stanno degli accordi di collaborazione professionale firmati tra il Cardioteam e la Società Romena di Cardiologia e Chirurgia Cardiovascolare, o con il Collegio dei Medici della Romania, così come anche programmi personalizzati, firmati con centri di cardiochirurgia sempre in Romania. Nel quadro di questi scambi professionali, numerosi medici romeni sono venuti in Italia, dove si sono specializzati, lavorando con colleghi italiani, in cardiochirurgia, cardiologia, ecocardiografia, emodinamica, nelle terapie intensive della cardiochirurgia, oppure nella chirurgia cardiovascolare. Non avrei potuto realizzare queste cose senza la collaborazione del Dr. Diena e senza il sostegno economico da parte del Gruppo degli Ospedali del Policlinico di Monza. Ho presentato il programma al mio arrivo a Novara, loro hanno creduto in me e mi hanno sostenuto. I risultati sono quelli che vi ho presentato.

Lei è un medico ma anche un pioniere della collaborazione romeno-italiana, e ha ricevuto numerosi riconoscimenti da parte dell’Accademia degli Uomini della scienza della Romania, che ha conferito, a Lei e al Dr. Diena, la medaglia d’oro per “i particolari contributi nella collaborazione con la Romania nel settore della cardiologia, chirurgia cardiovascolare e nella preparazione di giovani specialisti”. Quando un medico si può definire bravo?

Vede, la formazione professionale di un medico ha alla base un concetto: chi beneficia della sua buona preparazione, alla fine è il paziente, con la sua sofferenza. Se la vita ti ha dato l’opportunità di aiutare alcuni colleghi, di imparare cose nuove, non ci devi pensare su due volte. Ho fatto dei corsi agli studenti, che sono diventati poi medici, li conosco, so come ragionano, so che vogliono fare di più, migliorarsi, raggiungere la padronanza del mestiere… Perché non aiutarli, perché non offrire loro queste opportunità? Se un medico è bravo questo significa che riesce a far soffrire meno il paziente. Per questo, a mia volta, sento il dovere di applicarmi per mettere in moto l’intero bagaglio di conoscenze, di sforzi… Sappiamo tutti che fare del bene costa, paradossalmente costa più di quanto richiederebbe non farlo…

Brani dal libro: Personalità romene in Italia Incontri, storie ed esperienze’. Violeta P. Popescu. Edizioni dell’Arco, 250 pagine; 2008

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