Centro Culturale Italo Romeno
Milano

Vennt’anni dalla morte del critico-prosatore Paul Georgescu

Giu 1, 2009

Vent’ anni dalla morte del critico-prosatore Paul GEORGESCU

Diana Pavel CASSESE

PAUL GEORGESCU – critico e prosatore nato nel 1923, a Ialomiţa; gran sostenitore del comunismo, morto nel 1989 (poco prima della caduta del comunismo, avvenuta con la rivoluzione romena del dicembre’89!); ha accolto subito le idee marxiste-leniniste; inoltre, è diventato un fanatico del dogmatismo proletcultista (in Russia si chiama jdanovismo), credendo nei suoi “valori” fino alla fine della vita.

Come critico, ha lanciato la teoria sulla “polivalenza necessaria” (concetto descritto nel “Polivalenţa necesară”, 1967) ed è stato proprio il primo che ha intuito il talento della generazione di scrittori degli anni ’60 (ha convinto le case editrice di pubblicare Nichita Stănescu, il più gran poeta romeno) ma è amato soprattutto per i suoi tredici romanzi e per le novelle: Coborând (Scendendo, 1968), Înainte de tăcere (Prima del silenzio, 1975), Doctorul Poenaru (Dottor Poenaru, 1977), Revelionul (Capo d’anno, 1977), Vara baroc (Estate barocco, 1980), Solstiţiu tulburat (Solstizio torbido, 1982), Siesta- 1983, Mai mult ca perfectul (Trapassato prossimo, 1984), Natura lucrurilor (La natura delle cose, 1986), Pontice-1987, Geamlâc (Il finestrino, 1988), Între timp (Nel frattempo, 1990). Nell’ultimo romanzo, “Marea” (Il mare), al mare (verso la metà degli anni’40), un giovane comunista, durante la sua prima vacanza dopo il periodo d’illegalità, incontra un anziano comunista, in pensione abusivamente, mandato lì (negli anni’80) per farsi le ultime sue ferie legali. Avete capito, si tratta dello stesso personaggio sorpreso a età diverse. Benché sia frustrato del tardo orientamento del regime a quale costruzione ha contribuito di persona, il comunista rimane comunista:e la sua preoccupazione non è la deviazione verso l’estrema sinistra delle frazioni socialiste nel mondo (tale deviazione ha condotto a gulag ed a stalinismo svelate da George Orwell in “Fattoria degli animali” e “1984”, da Evgenij Ivanovič Zamjatin in “Noi”, da Ingrid Coman in “Tè al samovar” e da tanti altri) ma la deviazione verso l’estrema destra, quella annunciata da Czeslaw Milosz nell’anno 1953 e diventata visibile negli anni ’70-’80.

I racconti sono: “Vârstele tinereţii” (Le età della gioventù, 1967), “3 nuvele”: “Fragment citadin”,”Şi…”, “Pilaf” (3 novelle: Frammento cittadino, E…, Risotto), 1973. Commovente è anche la sua corrispondenza con Ion Simuţ (è un altro critico romeno che vive a Bucarest): “Învăţăturile unui venerabil critic bucureştean către un tânăr critic din provincie” (I consigli di un venerabile critico bucarestino dati a un giovane critico di provincia), 1999. Bellissime sono anche le interviste rilasciate dall’autore allo scrittore romeno Fl. Mugur nel libro “Vârstele raţiunii” (Le età della razionalità, 1982). Ricettivo, attento alla modernità, P. Georgescu ha presente “Le Nouveau Roman” francese e, come hanno fatto ulteriormente gli scrittori romeni Sorin Titel e Mircea Ciobanu, gli presta dei procedei. Nelle sue opere il narratore è una presenza attiva e trasparente, cosciente del suo ruolo, svelando le sue intenzioni o dando giudizi critici molto interessanti. L’intertestualità era una novità nel romanzo moderno! Il critico romeno Nicolae Manolescu nella “Storia critica della letteratura romena” (Casa editrice romena La Parallela 45, 2008, p. 994) descriveva così i romanzi di P. Georgescu: “Totalmente non epici, questi romanzi abbondano in conversazione e monologhi. La lingua è un abbinamento di arcaismi, localismi, neologismi e creazioni proprie, abbinamenti a volte adorabili, a volte stancanti. Un altro loro difetto generale è il tesismo. Il narratore non resiste alla tentazione di rispecchiare gli eventi politici attraverso l’avvenire.”

Come critico di sinistra “preferisce il saggio liberato gradualmente del suo oggetto, passeggia tra le opere di grandi scrittori ma non dimentica neanche la descrizione dettagliata che ricorda (a parte l’ingenuità) la pratica degli strutturalisti. Il metodo sociologico di avvicinamento all’opera è sempre stato attrattivo negli occhi di P. Georgescu.

Come teorico, P. Georgescu si rivendicava da Constantin Dobrogeanu Gherea: “sicuramente, siamo tutti discendenti di Gherea” diceva nella sua antologia di recensioni “Încercări critice” (Tentativi critici, 1952). Spesso sono citati altri due critici romeni, Garabet Ibrăileanu e Tudor Vianu (l’ultimo -„il padre” dell’estetica nella cultura romena). Polemizza contro Titu Maiorescu (il critico accorto protettore del poeta romantico Mihai Eminescu): “sono molto arrabbiato con Maiorescu e non gli perdonerai mai il fatto che vietando all’arte le idee, lui ha trasformato l’artista in un semplice ricevitore di sensazioni.” L’ironia della storia letteraria fa che proprio a Maiorescu P. Georgescu dedicherà la prefazione della prima edizione postbellica del libro “Critice” (Critiche, 1966).

Come critico, P. Georgescu riconosceva l’influenza su di sé del grande critico romeno novecentesco, Eugen Lovinescu: “Nella critica devo la stramaggioranza delle mie idee a Lovinescu; gli devo sia l’orientamento verso la letteratura moderna, che la maniera di dare giudizi sui scrittori o il modo di guardare applicato in “Storia della civilizzazione romena” (“Storia della civilizzazione romena moderna” – capolavoro di Lovinescu). Ulteriormente riconoscerà anche il ruolo di George Călinescu (in Romania considerato il primo grande critico dopo Maiorescu): “L’influenza di Călinescu è stata decisiva”.

Prima, “Il meraviglioso Călinescu” era apprezzato più come romanziere che come critico. Per quanto riguarda i classici, P. Georgescu aveva una debolezza per lo scrittore romeno Alexandru Odobescu (1834-1895).

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