Centro Culturale Italo Romeno
Milano

Milano. INNESTI Mutazioni del paesaggio umano transculturale

Giu 16, 2016

INNESTI Mutazioni del paesaggio umano transculturale Milano, da domenica 19 a domenica 26 giugno 2016 MUDEC | TEATRO MENOTTI

Una rassegna per analizzare e riflettere sugli scenari sociali e culturali ridisegnati da immigrati di prima e seconda generazione nella società contemporanea italiana, i nuovi modelli di integrazione, le problematiche della cosiddetta “seconda generazione”, la dimensione multiculturale come collante vitale. Da domenica 19 a domenica 26 giugno al Teatro Menotti sarà tempo di INNESTI – Mutazioni del paesaggio umano transculturale nell’ambito del progetto MigrArti voluto dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo: un concerto, sei spettacoli teatrali, conferenze e un laboratorio di narrazione teatrale sulla migrazione.

Un focus ideato e organizzato da Outis – Centro Nazionale di Drammaturgia Contemporanea in collaborazione con Forum Città Mondo – Comune di Milano in partnership con Associazione La Tenda/El Ghibli, Centro di Cultura Albanese, Centro Culturale Italo Romeno.

 

La rassegna entra nel vivo – dopo una parte convegnistica introduttiva sui nuovi scenari teatrali 2 e sulla letteratura della migrazione – domenica 19 giugno alle ore 21 con il concerto Nova Bossa Controvento, del cantautore milanese Marco Massa (suo il brano che dà il nome al concerto, reso celebre da Tullio De Piscopo) e l’antropologo e musicista brasiliano Nenè Ribeiro, insieme sul palco per scambiarsi melodie, idiomi, armonie e impegno artistico interculturale.

Innesti 1 Lunedì 20 il focus teatrale si apre con il reading di COME LE CICOGNE, testo frutto del laboratorio di narrazione teatrale sulla migrazione a cura di Mihai Mircea Butcovan, scrittore e poeta di origine romena, che ha coinvolto per l’intero mese di maggio giovani autori e artisti di diversa provenienza.

 

Martedì 21 giugno il palco sarà tutto per ALBANIA CASA MIA di e con Aleksandros Memetaj e la regia di Giampiero Rappa, intenso spettacolo che facendo leva sull’immaginario racconta il cammino identitario, i sacrifici fatti, lo sforzo riuscito, le ferite nascoste e l’itinerario da attore del giovane Memetaj, nato nel giugno 1991 a Valona e a soli 6 mesi – prima dunque dei drammatici flussi migratori – sbarcato con la famiglia in Italia.

 

Prendendo spunto dal nome di uno dei videogiochi più venduti al mondo, mercoledì 22 si parla di guerra, tra figure fantastiche e surreali global-web-trash, e di un mondo in cui il confine tra vita e realtà virtuale si sta assottigliando in STUDIO SU CALL OF DUTY – FAKE VERSION (Russia) di Tatiana Olear con la regia di Manuel Renga. Laura Sicignano in collaborazione con Shahzeb Iqbal presenta giovedì 23 il delicato VIVO IN UNA GIUNGLA, DORMO SULLE SPINE, titolo tratto da un verso di un poema popolare pakistano. Un testo pluripremiato, prodotto da Teatro Cargo di Genova, che racconta della difficile e problematica relazione tra un giovane rifugiato pakistano, giunto minorenne in Italia e l’avvocatessa sua tutrice. Ramat Safi, giovanissimo afghano fuggito dal suo paese e arrivato in Italia ancora minorenne, dopo un anno di viaggio, parte in camion e parte a piedi, venerdì 24 giugno racconta la sua storia in COMPLEANNO AFGHANO, scritto da lui insieme a Laura Sicignano anche regista.

 

Uno spettacolo struggente che racconta il diciottesimo compleanno di Ramat come un momento di riflessione sul passato e su un futuro tutto da costruire. Con comicità e leggerezza Aram Kian, nato a Roma da madre italiana e padre iraniano e cresciuto a Synagosity, immaginaria periferia delle città del nord, tratterà temi difficili nel suo MI CHIAMO ARAM E SONO ITALIANO in scena sabato 25 giugno, scritto con Gabriele Vacis anche regista. Divertente e assolutamente autentico, Aram è uno Zanni padano-orientale che racconta le sue sventure con irresistibile comicità, sempre con lucida ironia e qualche volta con legittima rabbia. La rassegna si chiude domenica 26 giugno con NOVUNQUE de La Compagnia delle poete, nata nel 2009 da un’idea di Mia Lecomte e composta da “poete” provenienti da diversi continenti. In scena 12 poete e 1 musicista, in una sorta di “orchestra” dove la poesia di ciascuna, influenzata dalle diverse tradizioni linguistiche e culturali, è sostenuta e ampliata da molteplici linguaggi artistici. Protagoniste sono le eroine delle favole che, in forma di racconto poetico, ripercorrono da un punto di vista inedito e femminile, le vicende che le hanno rese celebri.ùì

 

invito doemnica

Un nuovo impegno Dalla necessità di spostare visioni, ripensare concetti, annodare fili e reinventare prospettive nasce INNESTI – Mutazioni del paesaggio umano transculturale, nell’ambito del progetto MigrArti voluto dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo.

Una rassegna di spettacolo dal vivo che contempla: 6 spettacoli e 1 reading (testo del laboratorio), 1 concerto, 3 tavole rotonde/conferenze, 1 laboratorio di narrazione teatrale della migrazione, i cui protagonisti sono giovani autori e artisti “italiani ibridi”, nati o provenienti da Albania, Russia, Pakistan, Afghanistan, Iran, Romania, Brasile, altri paesi, che hanno avviato un processo di lavoro comune con artisti “semplicemente” italiani per intrecciare esperienze e dar vita a qualcosa di nuovo. Immigrati di prima e seconda generazione hanno disegnato infatti nuovi scenari sociali e culturali nella società contemporanea italiana, cogliendoci a volte impreparati rispetto a un fenomeno che in altri paesi occidentali si è verificato anni prima. I modelli di integrazione che le società europee hanno sperimentato negli ultimi trent’anni, da quando il fenomeno dei migranti è diventato prioritario nelle agende politiche e sociali del continente, seguono tre diverse linee di convivenza: assimilazione, integrazione, inserimento. 1. L’assimilazione è intesa come adesione completa dello straniero alle norme e ai modi di vita della società di accoglienza.

 

Il concetto di integrazione insiste piuttosto sulla partecipazione attiva alla vita sociale da parte dei nuovi membri, sempre però secondo le regole che la comunità di accoglienza ha prefissato. 3.Quella dell’ inserimento, più recente e alternativa alle precedenti, insiste piuttosto sulle condizioni di accoglienza dello straniero e vuole garantire il mantenimento del particolarismo di origine. Questa terza via si avvicina maggiormente alle concezioni di società multietnica e multiculturale. L’accento è posto sulla ricchezza, sulla varietà e sugli stimoli culturali che il pluralismo garantirebbe, grazie a un modello che prevede un mutuo rispetto tra i vari gruppi di una società che consenta alle minoranze di esprimersi senza soffrire di ostilità e pregiudizio. Ciò che si è determinato, in particolare per la seconda generazione di immigrati (figli che stanno in tutti e due i mondi e molte volte in nessuno, conosciute come G2 e che noi prendiamo solo nel significato statistico-quantistico e non identitario per il semplice motivo che molti dei nati in Italia non sanno, giustamente, rispondere alla più banale delle domande: tu di che paese sei?), è stato un pluralismo delle lingue, delle culture, delle provenienze.

Quello che li accomuna è la lingua che hanno scelto: l’italiano, ed è il risultato più interessante e innovativo dell’ibridazione. Questo movimento ha espresso un valore letterario, e da sommerso, erompe prepotentemente in una infinità di manifestazioni che vanno dalla poesia al racconto, dal romanzo al teatro, dal cinema alla musica. La migrazione, l’erranza, il movimento nel tempo storico e nello spazio geografico, rendono questi autori più sensibili alla realtà globalizzata, anzi cosmopolita o meglio ancora planetaria del tempo presente. Cosa fa e cosa può fare il teatro per partecipare, com’è nelle sue corde, a sperimentare “ibridazioni”, e far avanzare il processo multiculturale?

Reintegrare il teatro nel corpo sociale significa offrire porzioni di sapere per comprendere la complessità dei fenomeni migratori, dei cittadini immigrati – per lo più di seconda generazione 4 – poiché il processo verso la multiculturalità non è da leggere, come di solito si fa, in termini lineari (cioè di un gruppo minoritario che si adatta a quello maggioritario), ma in termini circolari, relazionali, di reciprocità, per cui entrambe le componenti – gruppi minoritari e società d’accoglienza – vivono un cambiamento che crea intreccio. Un intreccio/innesto che non è la semplice somma del vecchio e del nuovo, ma qualcosa di diverso che prima non esisteva. È in questa direzione che si è sviluppata l’esperienza che accomuna i soggetti che propongono INNESTI, che assegnando alla multiculturalità un valore sociale di ampia portata, hanno deciso di unire competenze e progettualità.

 

La diaspora, la scrittura della migrazione, gli attraversamenti “identitari”, i differenti modelli di elaborazione artistica e altre suggestioni, hanno segnato in maniera indelebile il percorso di tutti noi, e costituiscono perciò il bagaglio culturale con cui affrontare un nuovo impegno.

Angela Lucrezia Calicchio, Tatiana Olear direzione artistica

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