Centro Culturale Italo Romeno
Milano

6 marzo 1945 – il governo Petru Groza e la nascita del regime comunista in Romania

Mar 6, 2014

La nascita del regime comunista in Romania è stata un processo pianificato in più fasi che ha avuto come obiettivo l’eliminazione delle strutture politiche tradizionali romene tramite metodi illegali e non costituzionali, cioè metodi specifici comunisti: ricatti, minacce, documenti officiali falsi, pressioni interne ed esterne, azioni inscenate per eliminare qualsiasi forma di opposizione e imporre il modello stalinista in Romania.

Un’enorme tabula rassa delle strutture esistenti di ordine economico, politico e sociale per far spazio al comunismo, asservito all’URSS e a Stalin, realizzata in quattro fasi: l’imposizione del Governo Petru Groza (6 marzo 1945), la falsificazione delle elezioni (19 novembre 1946), l’annientamento dell’opposizione politica (luglio – ottobre 1947) e l’imposizione al Re Michele I di abdicare.

L’influenza sovietica tramite agenti russi infiltrati nel governo romeno è stata decisiva nel corso degli eventi, il Governo Groza alla guida del paese essendo stato imposto dalle forze armate sovietiche. In seguito ad uno scambio di telegrammi tra Groza e Stalin, il Nord – Ovest della Transilvania è ritornato a far parte del territorio romeno e la riforma agraria ha dato il via ad una serie infinita di espropriazioni. La nazionalizzazione dell’industria ha eliminato la proprietà privata e ha generalizzato la proprietà pubblica in industria, banche e trasporti, tutto basato sul centralismo economico pianificato. Il piano di organizzazione economica era di cinque anni, il famoso piano cinquennale preso dal modello sovietico, così come sono state adottate, sempre seguendo il modello sovietico, le Cooperative Agricole Collettive e le Cooperative Agricole di Stato, che fissavano i tipi di cultura e i prezzi di vendita.
Petru Groza è stato un sostenitore del comunismo prima ancora di diventare il capo del Partito Comunista, per questo motivo soprannominato il “borghese rosso”, un banchiere originario della Transilvania, che ha aiutato l’ascesa al potere del Partito Comunista. E’ stato scelto dall’emissario sovietico Ianuarevici Andrei Vishinsky, il Commissario Deputato del Popolo per gli Affari Esteri dell’Unione Sovietica, mandato a Bucarest il 26 febbraio 1945, che sosteneva che il governo non fosse abbastanza democratico e che dovesse essere cambiato il prima possibile.
Il regime totalitario comunista ha inizio il 6 marzo 1945 con il Governo Petru Groza. Il 20 agosto dello stesso anno il Re Michele I, considerando in pericolo la democrazia del paese, chiede le dimissioni di Groza. Al suo rifiuto di abbandonare il governo, il Re decide di non collaborare con Groza rifiutandosi di firmare i decreti. Quest’azione viene denominata sciopero regale e dura dal agosto del 1945 al gennaio del 1946.
I ministri degli esteri di Stati Uniti e Gran Bretagna si rifiutano di riconoscere il governo Groza mentre il governo sovietico lo riconobbe immediatamente. I grandi partiti di opposizione, rappresentati di un progetto liberale – democratico, vengono sciolti nell’agosto del 1947 con l’accusa di complotto con i paesi stranieri occidentali contro lo Stato, i loro giornali chiusi e i loro membri arrestati – la tattica del “salame” , metafora ideata dal dirigente comunista ungherese Màtyàs Ràkosi, che consisteva nel tagliar via dallo scacchiere politico le formazioni e le personalità avverse, a tappe graduali e con la pressione extraparlamentare alternata all’azione parlamentare
Il 19 novembre del 1946 le elezioni sono vinte dal Blocco dei Partiti Democratici guidato dal Partito Comunista. In vano tutti gli sforzi del Re di resistere alle pressioni sovietiche, il 30 dicembre del 1947 Petru Groza e il Partito Comunista Romeno chiedono al Re Michele di abdicare ed il 3 gennaio del 1948 il Re abbandonò la Romania.
Una volta al potere, il Partito Comunista Romeno stipula nel febbraio del 1948 un trattato romeno – sovietico di amicizia, di collaborazione e di mutua assistenza per un periodo di 20 anni, mentre continuava il processo di sovietizzazione forzata del paese – paese guidato nella penombra sempre dai consiglieri sovietici strategicamente messi in tutti i centri vitali del governo comunista, come se fosse un paese conquistato dall’URSS: deportano decine di migliaia di romeni dalla Basarabia e Bucovina, sfruttano le mine fino all’esaurimento soprattutto l’uranio, azzerano tanti valori della società romena – gran parte dell’elite intellettuale e politica rinchiusa in carceri o mandata in esilio, come è stato per Mircea Eliade, Emil Cioran, Eugen Ionescu, Constantin Virgil Gheorghiu – cancellano qualsiasi forma di libertà di pensiero .

Un regime comunista di 45 anni, in cui la menzogna è stato un metodo di governare, il terrore ha sviluppato la codardia in molte persone, la delazione è stata considerata una virtù ed il furto non solo dei beni dello Stato, ma anche di quelli del vicino è diventato legittimo, scusato dalle privazioni permanenti e dall’esempio dato dal Governo – un simile regime non poteva non lasciare tracce profonde nella mentalità e il comportamento odierno che impedisce l’integrazione in un nuovo mondo.

Articolo a cura di Lorena CURIMAN

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