Centro Culturale Italo Romeno
Milano

La storia dei rom e il loro destino in Europa (1)

Feb 2, 2009

Episodio 1: Un millennio e mezzo di storia

di Delia Radu

I rom sono la minoranza più numerosa in Europa. Secondo le ultime stime, due terzi dei circa 10 milioni di rom vivono in Europa centrale e orientale. Vi proponiamo in seguito uno studio realizzato da BBC, dedicato alla storia, la cultura e i problemi sociali dei rom.

Lo studio, che verrà presentato in più episodi, è stato realizzato nel 2005 e analizza la storia dei rom, dall’antichità fino all’Olocausto, mettendo in rilievo i loro problemi, le cose che gli separano e gli uniscono e quale potrebbe essere il loro futuro nell’Europa del secolo XXI.

Saranno presentati principalmente aspetti della vita dei rom in Romania, Bulgaria, Albania, Kosovo, Slovacchia, Ungheria e Polonia.

Chi sono i rom?
L’ipotesi accettata dalla maggior parte degli storici è che i loro antenati sono migrati dal nord del India verso ovest, più di 1000 anni fa. Perché sono migrati?
Semplice, ritiene lo storico britannico Donald Kenrick: quando si lascia la casa, c’è sempre qualcosa che ti attrae e qualcosa che ti manda via. Che cosa avrebbe potuto spostare gli antenati dei rom di oggi, dall’India?

“Credo che sono stati spinti a migrare a causa delle guerre esistite nella parte nord del India, una zona sempre invasa da nord e ovest, dice Donald Kenrick. E se qualcuno avesse un certo tipo di mestiere in quel periodo, qualsiasi possibilità di lavoro sarebbe stata bloccata. Per i gruppi di nomadi, tali condizioni di vita erano estremamente difficili. Per non parlare del fatto che durante la guerra non c’erano soldi per l’intrattenimento, così che i musicisti e gli artisti non trovavano lavoro.”

D’altronde, i confini degli grandi imperi si sono sempre ridisegnati e gli indiani partiti verso l’ovest si sono ritrovati all’interno delle frontiere della Persia, poi del Bisanzio, e sono sempre stati attratti dal fascino delle grandi città: c’era la seduzione del Teheran, di Bagdad o di Bassora ; successivamente quella di Costantinopoli – Istanbul di oggi – in tutte queste città si trovava lavoro in qualsiasi momento, come accade oggi, con Londra e Parigi”.

La fusione
Gli emigrati indiani erano sempre nella ricerca di una vita migliore; i governanti persiani e quelli arabi apprezzavano i loro talenti.

“Alcuni di loro avevano delle conoscenze richieste in tutto il mondo, ma erano anche disposti a lavorare per meno soldi di quanto lo era la gente del posto. Alle estremità dello spettro lavorativo c’erano da un lato i segretari e i contabili, e dal lato opposto – i soldati mercenari. Ovviamente, alcuni erano musicisti. Probabilmente, molti sono stati coloro che avevano bufale e sapevano come utilizzare gli animali e coltivare la terra”, spiega Donald Kenrick.

“La zona intorno a Eufrate era paludosa e c’era grande bisogno di loro. Quando gli arabi, in particolare, hanno rilevato che gli indiani sanno come lavorare la terra con i bufali, gli hanno sedotto a rimanere nella zona, incoraggiandoli a recarsi al lavoro nelle prossimità del fiume Eufrate.”

All’inizio del IX secolo secolo, questi migranti indiani – Zotta, come gli chiamavano gli arabi – hanno iniziato ad imporre tasse sulle strade e i canali di navigazione. Hanno costituito una comunità autonoma e per 15 anni sono riusciti ad affrontare con successo la rabbia e gli eserciti inviati dal califfo.

Alcuni ricercatori sono del parere che un solo gruppo di indiani è migrato verso ovest. Ma lo storico Donald Kenrick ritiene che gli immigrati indiani che prima dell’anno 1000 si trovavano sul territorio dell’attuale Iran e dei paesi arabi di oggi, facevano parte di tribù diverse. E possibile che si sono sposati tra di loro e si sono mescolati. Così è nato il primo popolo diverso dagli indiani del India – un processo simile fino ad un certo punto con la formazione della comunità afro-americana in Nord America. Una parte delle nuove generazioni di indiani è rimasta in Medio Oriente, ma la maggior parte è partita per l’Europa: i rom di oggi sono i loro discendenti.

“Nel Medio Oriente gli chiamano ancora Dom, e in Europa gli chiamiamo Rom – spiega Kenrick, richiamando l’attenzione sul fatto che la prima lettera della parola era pronunciata dr. Ci sono specialisti che rifiutano la teoria Dom-Rom, ma molti storici la accettano.

Religioni, eresie
I persiani erano addetti del zoroastrismo e i matrimoni tra loro e indù erano quasi impossibili. I rom non si sono convertiti ma è possibile che i 200-300 anni trascorsi in Persia gli ha influenzato la fede religiosa, è del parere lo scrittore Vasile Ionescu.

“Gli stessi elementi del dualismo bene-male esistono anche oggi nella cultura dei rom: Benga – devla che significa buono – cattivo, Dio – diavolo. I due principi derivano dalla vecchia religione persiana del zoroastrismo, che comportava sia un culto del fuoco ma anche un dialogo dei due principi, il bene e il male.”

I rom hanno preso molte parole dal persiano. La parola Khangeri, per esempio, che significa torre, ha acquisito il senso di chiesa più tardi, quando i rom sono entrati in contatto con il mondo cristiano. Ma per la croce cristiana, i rom usano ancora la parola indiana che descrive il tridente del dio indiano Shiva – trushul.

Nel Bisanzio e poi in Europa, i rom sono stati trattati come una setta eretica – Atsingani, Athinganoi – parola che più tardi ha generato zingari o Zigeuner. La parola significa da non toccare, pagani e non può essere certo che si riferiva strettamente ai vecchi rom.

Schiavitù40.Satra-langa-Bucuresti
Intorno all’anno 1300, un gran numero di Atsingani sono diventati schiavi in due Principati Romeni – Valacchia e Moldavia.

Molti contadini europei e molti rom sono stati ridotti in schiavitù dalla nobiltà locale. Ma lo storico Petre Petcuţ, specializzato nella storia della schiavitù dei rom sottolinea che i servi avevano comunque alcuni diritti, a differenza dei rom in Romania, che non avevano nulla.

“Il servo non ha diritti, non può sedere in tribunale, non ha ricchezza, non ha il permesso di sposarsi senza il permesso del padrone, ci sono molti NO accanto a questi schiavi. Potevano essere venduti, anche se avevano famiglie, coniugi. Abbiamo riscontrato dei casi in cui venivano venduti bambini di sei mesi, o delle bambine… ”

I rom nomadi artigiani erano schiavi degli governanti e avevano diritto di circolazione, entro certi limiti, finché pagavano un canone annuale. Alcune testimonianze parlano spesso di schiavi picchiati e torturati.

“Anche le donne incinte erano punite – spiega Petre Petcuţ. Si faceva un buco nella terra, dove entrava il feto che si trovava ella pancia della madre, mentre la donna veniva picchiata a svenire, come tutte le altre persone. Non importava che il feto apparteneva al nobile”.

La marcia verso l’Europa
Gli storici ritengono che la maggior parte dei rom hanno iniziato ad andare verso l’Europa fuggendo il pericolo turco, e eventualmente, la Grande Peste.

Sono stati attratti dall’Europa in quanto qui c’era bisogno di gente a coltivare i terreni, ritiene lo storico Donald Kenrick.

“E soprattutto il caso dei Balcani, dove, in un certo senso, sono stati i benvenuti, purché si sedevano sulle terre dei nobili o della gente della chiesa – è successo in Bulgaria, Serbia, Romania. Avevano già l’esperienza della coltivazione dei terreni in Iran e in India, così è stato per loro un lavoro adatto.”

Verso l’anno 1400 c’è stata una massiccia migrazione verso l’Europa occidentale. Qui hanno ricevuto un nuovo nome: gypsy, che deriva dalla parola egiziano. Questo può essere dovuto al fatto che essi stessi dicevano di provenire dall’Egitto, oppure che provenivano da una zona della Grecia chiamata Piccolo Egitto.

Alcuni di loro si presentavano come dei pellegrini o penitenti. Così sono stati accolti nelle città medievali.

“Loro erano dotati di un discorso mistico – spiega Vasile Ionescu. Dicevano: siamo stati eretici, non abbiamo rispettato i precetti della Chiesa e facciamo penitenza per sette anni, andiamo a Roma. E, secondo la regola, le autorità locali erano tenute a garantire il vitto e l’alloggio.”

Donald Kenrick sottolinea che questa era la realtà di quei tempi: l’Europa era piena di pellegrini.

“Essere pellegrino era un buon modo per trascorrere il tempo e ulteriormente portava anche dei benefici. Inoltre, si riteneva che venivano premiati nel cielo, quelli che offrivano dei soldi ai pellegrini. Così funzionava la società in quei tempi. Penso che loro hanno cominciato ad essere meno benvenuti quando sono riapparsi cinque o dieci anni dopo, chiedendo soldi, invece di andare a lavorare. Ma gli storici hanno esagerato le storie di questi pellegrini, rifugiati, senza indagare anche sulla situazione degli altri gruppi.”

Le testimonianze indicano il fatto che altri gruppi praticavano dei mestieri come fabbri, lavoratori del rame, gioiellieri, acrobati, commercianti di cavalli e cani, o semplicemente servivano nelle ferme agricole.

Il primo genocidio
Prima della metà del XV secolo, i rom sono stati generalmente accolti in occidente. Questo atteggiamento è cambiato completamente intorno al 1500. Gli storici hanno cercato spiegazioni: il numero degli immigrati cresceva continuamente, gli organi locali erano stanchi di aiutare i pellegrini e la Chiesa era contro la stregoneria e la divinazione.

Ma quando il Parlamento della Germania – la Dieta del Sacro Impero Romano – ha discusso la questione dei rom nel 1497, non hanno discusso niente di tutto questo. All’improvviso, hanno inventato un altra accusa, spiega lo storico Donald Kenrick.

“Quando hanno parlato di creare delle leggi per tenere sotto controllo i rom, hanno detto che sono le spie dei turchi. Non hanno detto che i rom non lavorano, che aspettano soldi o che sono troppi. Hanno detto: sono spie al servizio dei turchi.”

Lo storico Vasile Ionescu osserva che, sebbene nei principati romeni la vita degli rom non era facile, in Germania si organizzavano delle vere “cacciatorie ai zingari”, che finivano con l’uccidere tutti quelli catturati.

Le leggi tedesche sono state poi seguite da tutti e il loro obiettivo erano i nomadi.

A causa delle espulsioni e degli assassinati, molti rom sono partiti verso est, verso la Polonia, un paese molto più tollerante allora. Altrove, in Europa occidentale e centrale, 1500 ha segnato l’inizio di una feroce repressione. Impiccagione o espulsione in Inghilterra, marchiare col ferro rosso in Francia, in Moravia, alle donne veniva tagliato l’orecchio sinistro mentre in Boemia, quello destro.

Questo periodo è stato classificato come il primo genocidio, da Thomas Acton, professore presso l’Università di Greenwich – il secondo è il genocidio del regime di Hitler.

“Il numero totale delle vittime non è stato così elevato, ma sotto l’aspetto generale del genocidio – il divieto di parlare la propria lingua, la separazione dei bambini dai loro genitori e l’obbligo di crescere lontani da loro – tali fatti si ritrovano in Ungheria, sotto Maria Teresa, in Scandinavia e più tardi, in Svizzera e Finlandia”, spiega Donald Kenrick.

I rom: cosa gli unisce, cosa gli separa
Oggi, circa 6 milioni di rom europei – dal totale stimato di 10 milioni – vive nella parte centrale e orientale del continente. Circa due milioni e mezzo sono in Romania, dove i mercati dei schiavi sono durati fino alla seconda metà del diciannovesimo secolo.

Ma non tutte le comunità rom e le decine di gruppi di rom dichiarano di appartenere alla comunità rom europea, sottolinea il sociologo Nicolae Gheorghe, esperto internazionale in questioni sui rom.

“Prendiamo l’esempio dei rudari o boyash. Abbiamo poi gruppi che sostengono di essere egiziani in Kosovo, in Macedonia e Serbia; ashkali (rom che parlano la lingua albanese) in Kosovo sono una categoria non indifferente politicamente in quanto adesso cercando di essere rappresentati nel parlamento, nella vita pubblica, come ashkali, non come rom.”

Indipendentemente dal passato di questi gruppi – un argomento di dibattito continua tra gli storici – la maggior parte sembrano aver vissuto la stessa storia: la povertà, l’esclusione e, a volte, la schiavitù. L’élite dei rom avverte però che è rischioso costruire in maniera artificiale una “entità dei rom”, violando il diritto alla differenza.

traduzione in italiano di Gabriel Popescu

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