Centro Culturale Italo Romeno
Milano

Romeni in Italia. Integrazione, lavoro e famiglia

Mar 8, 2013

FOTO durante il convegno svolto a Roma, il 22 marzo 2013.  Da sinistra a destra. Dott. Antonio Ricci, Idos/Dossier Statistico Immigrazione, S.E. Mons. Siluan, vescovo della diocesi italiana della Chiesa ortodossa romena, Dott.ssa Oana Liscan, Secondo Segretario dell’Ambasciata di Romania

Il primato della mobilità romena nel contesto dell’UE

Nel 2012 i romeni, con oltre 2,5 milioni di cittadini residenti in un altro Stato Membro, si è confermata nel panorama dell’Unione Europea come la collettività con una maggiore propensione alla mobilità interna intracomunitaria, avendo raggiunto quella turca e superato di gran lunga quelle marocchina, polacca e italiana.

Nonostante gli effetti perduranti della crisi economica e occupazionale degli altri Stati Membri, l’esodo di cittadini romeni è continuato anche in questi anni, seppure rallentato. Secondo i dati dell’agenzia di statistica europea Eurostat, tra il 2010 e il 2012 la collettività romena in Italia è aumentata del 20,8%, superando nelle statistiche ufficiali di gran lunga il milione di presenze (1.072.342). Incrementi ancora più significativi si sono registrati in Danimarca (86,2%), Belgio (62,7%), Germania (52,8%) e Irlanda (47,9%).

In valore assoluto, sono i Paesi del Mediterraneo quelli dove si registra il maggiore insediamento. La collettività romena in Italia è seguita da quella in Spagna con 865.572 presenze, mentre a notevole distanza si collocano la Germania (171.475 presenze) e il Regno Unito (94.825), Paesi ove si recano prevalentemente i lavoratori altamente qualificati.

Per quanto riguarda il futuro, non sono ipotizzabili flussi così consistenti come è avvenuto nel passato, trovandosi già all’estero oltre un decimo della popolazione della Romania (che conta in occasione del Censimento 2012 contava 21,7 milioni di abitanti) ed essendo consistente l’invecchiamento di quella popolazione che, secondo le proiezioni demografiche, sarebbe destinata a metà secolo a un consistente calo (4 milioni di cittadini in meno).

 

UE. Principali Paesi di residenza dei cittadini romeni (1° gennaio 2012)

v.a.

2012

% aumento

2012/2010

v.a.

2012

% aumento

2012/2010

v.a.

2012

% aumento

2012/2010

Italia 1.072.342 20,8 Belgio 42.927 62,7 Irlanda 17.525 47,9
Spagna 865.572 5,2 Portogallo 36.830 13,5 Svezia 10.150 32,5
Germania 171.475 52,8 Austria 32.341 Nd Danimarca 9.453 86,2
Regno Unito 94.825 Nd Francia 23.638 Nd Paesi Bassi 9.115 28,1
Ungheria 73.520 1,0 Grecia 21.904 Nd Slovacchia 5.723 5,5

NB: Grecia 2001; Francia 2005; Austria 2009, Portogallo 2011

FONTE: IDOS/Dossier Statistico Immigrazione. Elaborazioni su dati EUROSTAT

La stabilizzazione dei romeni in Italia

 

I romeni in Italia erano appena 8mila nel 1990 (anno successivo al crollo del Muro di Berlino) per diventare 50mila nel 1999 e, nel 2002 (anno della regolarizzazione numericamente più ampia mai realizzata in Italia), arrivare a 240mila soggiornanti, superando i marocchini e gli albanesi.

Dopo l’abolizione (gennaio 2002) del visto per soggiorni al di sotto dei 3 mesi per la circolazione nei Paesi Schengen, i lavoratori romeni hanno intensificato i flussi “non ufficiali” verso l’UE, anche a carattere circolare; flussi che a partire dal 2007, anno dell’ingresso della Romania nell’UE, hanno conosciuto una significativa spinta all’emersione per effetto, prima della consistente quota annuale stabilita nel 2006, e quindi del regime di libera circolazione prevista per i cittadini e i lavoratori comunitari.

A partire quindi dal 2002 fino al 2011, secondo i dati ufficiali Istat sulle migrazioni della popolazione residente, la crescente presenza romena è stata sostenuta dall’ingresso complessivo di 942.726 romeni, che hanno così permesso di superare il milione di presenze ufficiali. Nello stesso arco di dieci anni hanno lasciato l’Italia complessivamente 84.403 cittadini romeni (tra cancellazioni anagrafiche da parte dei diretti interessati e cancellazioni d’ufficio per irreperibilità). Alla luce di questi dati, la recente enfasi imposta dai mass media sulle partenze in massa di lavoratori romeni e di altri gruppi di immigrati esce notevolmente ridimensionata dal rapporto di 1 a 10 tra cancellazioni e nuove registrazioni. Occorre, inoltre, considerare che, se le cancellazioni tengono conto anche di quelle effettuate d’ufficio per irreperibilità (50.641 romeni), altrettanto non avviene per le registrazioni che per diverse ragioni vengono volontariamente rinviate anche per lunghi periodi (alla fine del 2010 sono stati circa 140mila, secondo le stime della Fondazione Ismu di Milano, i cittadini romeni in Italia che non avevano ancora proceduto a registrare la residenza).

 

ITALIA. Iscrizioni e cancellazioni per l’estero di cittadini romeni (2002-2011)

Immigrati Emigrati Cancellati per irreperibilità
Romania 942.726 33.762 50.641
Totale 3.563.379 174.540 280.950

FONTE: IDOS/Dossier Statistico Immigrazione. Elaborazioni su dati ISTAT

 

Dalle interviste condotte dal Centro Studi e Ricerche IDOS nel corso degli anni Duemila risulta che quella del ritorno è una prospettiva tenuta sempre in considerazione dai romeni, ma nello stesso tempo spesso dilazionata per l’impossibilità di portare con sé gli affetti e le relazioni sociali maturate in Italia (condizione importantissima soprattutto nel caso di famiglie con bambini), la posizione lavorativa faticosamente conquistata, l’accesso ai benefici del welfare state, ecc.

Non manca tuttavia chi lascia l’Italia effettivamente. Solo in rari casi si tratta di una migrazione in direzione di altri Paesi membri, quanto piuttosto di un vero e proprio ritorno a casa. A tornare non sono soloSILUANcoloro che non sono riusciti nel loro progetto migratorio come i lavoratori disoccupati, ma anche i migranti partiti con un progetto volutamente temporaneo o circolare, come è il caso delle badanti o degli studenti che, dopo essersi laureati in Italia, puntano a cogliere le opportunità offerte in patria. Non si assiste invece a flussi di ritorno al termine del processo lavorativo ovvero a seguito di pensionamento, prospettiva di fatto prematura per una collettività la cui storia migratoria ha preso avvio con il crollo del muro di Berlino ed è andato consolidandosi in particolare a partire dall’inizio degli anni Duemila. Non è un caso quindi che l’età media di chi ritorna è relativamente giovane (41,5 anni), ma con una componente di persone over 60 anni molto limitata (appena il 4,8% del totale). Il reinserimento in patria, tra l’altro, risulta alla prova dei fatti estremamente difficoltoso. Lo era già all’inizio degli anni Duemila, quando una indagine del Cespi, partendo dal caso delle reti migratorie tra Marginea e Torino e tra Focsani e Roma, denunciava il fallimento dei tentativi di avviare nuove imprese a causa della concorrenza formatasi in loco durante l’assenza e del relativamente limitato risparmio accumulato. Il ritorno è ancora più difficile oggi, in piena crisi finanziaria internazionale, come testimonia il lavoro sul campo della Confederatia Caritas Romania: quello del ritorno infatti si rivela spesso un “falso mito” perché chi torna dopo poco cerca di ripartire avendo trovato ad accoglierlo un misto di disoccupazione e (talvolta) di emarginazione, in un contesto: a) che non prevede per loro sostegni pubblici volti a valorizzare le competenze di ritorno e far sì che esso assuma un carattere produttivo e b) che, nel caso di progetti imprenditoriali, lascia gli interessati in balia della concorrenza delle multinazionali. In queste condizioni appare inevitabile che i protagonisti dei ritorni spontanei cadano sovente in uno stato di frustrazione e delusione, da cui possono scaturire tragedie umane che portano a problemi psichiatrici o all’abuso di alcool. La presa di coscienza di questi termini spinge chi intendeva tornare a stringere la cinghia e a rimanere in Italia finché le condizioni lo permettano.

Collegata al tema del ritorno si pone la questione controversa dell’effettiva misurazione della presenza romena in Italia, quantificata da Eurostat all’inizio del 2012 intorno a 1.072.342 residenti. La questione non è meramente statistica, poiché la mancata o negata registrazione anagrafica comporta la venuta meno di una serie di diritti e previdenze sociali fondamentali per una esistenza “sicura” lontani dalla propria patria e dalla propria rete familiare. Al riguardo, in prospettiva, si può prevedere nei prossimi anni un certo ridimensionamento quantitativo a seguito degli esiti del Censimento 2011, che vedranno impegnati per diversi anni i comuni d’Italia nella verifica della residenza delle persone che non hanno risposto al questionario del Censimento. In questa sede abbiamo ritenuto opportuno riferire su tutti gli archivi statistici disponibili, rilevandone anche le discrepanze. Quello che è certo, tuttavia, è la diffusione delle migrazioni circolari come una vera e propria strategia di vita transnazionale che nasce da esigenze individuali e/o familiari e si caratterizza per una mobilità non istituzionalizzata di breve durata, legata a motivi di lavoro o affari e sostenuta da un’ampia assistenza da parte dei network migratori (familiari, etnici, religiosi, ecc.).

Anche sulla base della esperienza dei romeni in Italia si sta sviluppando una nuova figura di migrante basata sulla consuetudine al viaggio, sulla cultura della frontiera e sulla capacità di adattarsi a contesti molteplici e variabili. Per queste persone il desiderio di prossimità trova soddisfazione tramite una presenza intermittente e il ricorso, nei periodi all’estero, alle nuove opportunità di comunicazione, dai cellulari alla posta elettronica, dai social network alle chat-line. In questo contesto le rimesse rappresentano uno spazio economico transnazionale in grado di unire migrazioni e sviluppo, ma la scelta di una esistenza transnazionale non è determinata solo da esigenze economiche (come nel caso ad esempio delle cosiddette “badanti”), quanto può essere il risultato di una scelta personale, soprattutto per i più giovani motivati da un crescente sentimento di cittadinanza europea.

Dall’altra parte, va notata anche la notevole disponibilità alla migrazione interna, cioè a spostarsi da un comune all’altro dell’Italia a seconda delle esigenze del mercatodel lavoro o delle opportunità offerte in termini di accesso ai servizi o di condizioni alloggiative. Solo nell’anno 2011 ha cambiato comune di residenza 1 cittadino romeno ogni 20, per un numero complessivo di 54.316 persone, di cui un quinto trasferitosi da una regione all’altra (20,3%).

 

ITALIA. Trasferimenti di residenza da parte di cittadini romeni (2011)

Valori assoluti Per mille connazionali residenti Quota di trasferimenti interregionali (%)
Romania 54.316 53,2 20,3
Totale 238.354 50,5 23,4

 

FONTE: IDOS/Dossier Statistico Immigrazione. Elaborazioni su dati ISTAT

L’inserimento sociale dei romeni e il ruolo delle famiglie

 

Si assiste dunque ad una ripresa dei flussi a conferma che i fumi della tempesta mediatica “romenophobica” del 2007 sono ormai dissolti. Secondo i dati statistici di Eurostat, tra un anno e l’altro l’incremento della presenza romena è stato superiore alle 100mila unità. I dati disaggregati, disponibili attraverso l’Istat, si riferiscono all’anno 2010 e mostrano che in questa collettività le donne continuano ad essere in leggera prevalenza (54,6%). La regione con maggiore concentrazione di romeni è il Lazio (196.000), che accoglie un quinto dell’intera collettività. È romeno un immigrato ogni 3 nel Lazio (36,2%) e nel Piemonte (34,4%). Sono 154mila i romeni residenti nella provincia di Roma, 95mila in quella di Torino e 39mila in quella di Milano. Seguono sopra le 20mila unità: Padova, Verona e Brescia; e poco al di sotto: Treviso, Firenze, Bologna e Perugia.

Alla presenza, crescente e distribuita sul territorio, si associano numerosi indicatori del progressivo inserimento dei cittadini romeni in Italia imperniati tutti su un solido radicamento a livello familiare:

  • anno dopo anno cresce il numero dei romeni che acquistano la cittadinanza italiana: nel 2011 sono stati 1.294 i romeni naturalizzati, in terza posizione dopo albanesi (2.958) e marocchini (3.968); ad acquisire la cittadinanza sono state in prevalenza le donne romene (1.037), prevalentemente a seguito di matrimonio con un uomo italiano (708 casi vs 329 per residenza); al contrario tra gli uomini romeni la casistica maggiore ha riguardato l’acquisizione per residenza piuttosto che per matrimonio (224 vs 33).

 

ITALIA. Acquisizioni di cittadinanza italiana da parte di cittadini romeni (2011)

Per Matrimonio Per Residenza Totale complessivo
Donne Uomini Totale Donne Uomini Totale
Romania 708 33 741 329 224 553 1.294
Totale 7.393 1.859 9.252 4.310 7.644 11.954 21.206

 

FONTE: IDOS/Dossier Statistico Immigrazione. Elaborazioni su dati ISTAT

 

  • tra il 2000 e il 2011 sono nati in Italia complessivamente 89.093 bambini con madre romena e padre straniero (considerato il recente avvio dei flussi si tratta dunque della cosiddetta “seconda generazione”). Nel 2011 si è toccato il massimo numero con 14.408 romeni nati in Italia, pari a un quinto del totale dei nati da entrambi i genitori stranieri. A questi si possono aggiungere i figli nati dalle coppie miste italo-romene, che nel 2011 sono stati 4.076 con padre italiano e 380 con madre italiana. Questi ultimi, è bene ricordare, sono cittadini italiani dalla nascita per ius sanguinis a differenza dei primi, che solo al compimento dei 18 anni potranno presentare richiesta per l’acquisizione di cittadinanza.

 

ITALIA. Nati da madre romena e padre straniero (2000-2011)

Anno Nati da madre romena e padre straniero Incidenza su tot. nati stranieri Anno Nati da madre romena e padre straniero Incidenza su tot. nati stranieri
2000 945 3,6 2006 7.198 12,5
2001 1.331 4,6 2007 9.731 15,2
2002 1.839 5,5 2008 12.474 17,2
2003 2.526 7,5 2009 13.380 17,4
2004 4.938 10,1 2010 14.333 18,4
2005 5.990 11,5 2011 14.408 19,1

 

FONTE: IDOS/Dossier Statistico Immigrazione. Elaborazioni su dati ISTAT

 

  • anche nell’ambito degli alunni iscritti nelle scuole italiane il protagonismo dei bambini romeni risulta in costante crescita: sono 141.050 i bambini romeni iscritti nell’anno scolastico 2011/2012, ben 15mila in più rispetto all’anno precedente e circa il doppio rispetto ad appena 5 anni prima (a.s. 2006/2007: 68.565 studenti romeni).

 

ITALIA. Alunni romeni nella scuola italiana (a.s. 2011/2012)

Totale Infanzia Primaria Secondaria I Secondaria II
Romania (v.a.) 141.050 30.839 51.835 30.363 28.013
Romania (%) 100,0 21,9 36,7 21,5 19,9
Totale (v.a.) 755.939 156.701 268.671 166.043 164.524
Totale (%) 100,0 20,7 35,5 22,0 21,8

 

FONTE: IDOS/Dossier Statistico Immigrazione. Elaborazioni su dati MIUR

 

  • parimenti, a livello di istruzione superiore, il radicamento delle famiglie romene emerge, da una parte, in considerazione del numero crescente di studenti romeni iscritti nelle università italiane (5.714) e, dall’altra, per il fatto che ben i due terzi di essi abbiano conseguito il titolo di maturità in Italia e ciò sta ad indicare che l’inserimento in Italia dura da molti anni.

 

ITALIA. Studenti romeni iscritti nelle università italiane (a.a. 2011/2012)

Maturità Liceale Maturità Tecnica Maturità Professionale Magistrali Diploma Estero Non Fornito Totale
V.a. 1.463 1.312 359 156 2.080 343 5.714
% 25,6 23,0 6,3 2,7 36,4 6,0 100,0

FONTE: IDOS/Dossier Statistico Immigrazione. Elaborazioni su dati MIUR-Anagrafe Studenti Stranieri

 

Una recente indagine (Vacaru, 2013) dimostra, inoltre, che il modello della famiglia tradizionale continua a essere debitamente apprezzato tra i romeni, in quanto considerato una scelta di vita responsabile, e che, più della base economica (comunque necessaria), gli immigrati romeni ritengono un valore preminente il sostegno affettivo-relazionale.

 

Relazione a cura del Centro Studi e Ricerche IDOS (22 marzo 2013) nell’ambito della Settimana d’azione contro il Razzismo promossa dall’UNAR,

gli organizzatori della conferenza: Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento per le Pari Oportunità in collaborazione con l’Ambasciata di Romania in Roma,

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