Centro Culturale Italo Romeno
Milano

Romania – percorso verso il sistema democratico europeo

Gen 1, 2009

dott.ssa Alexandra Malina Hantig

Il presente saggio si proporre come un breve sguardo dal punto di vista storico sul regime parlamentario romeno fino alla Rivoluzione del dicembre 1989. La storia del Parlamento della Romania inizia in Valacchia, dove fu adottato un documento costituzionale, il Regulamentul

Romanian_ParliamentOrganic (1831-1832); questo statuto fu adottato anche dalla Moldavia e gettò le fondamenta per le istituzioni parlamentari nei Principati romeni. La Convenzione di Parigi del 19 agosto 1858 e specialmente lo (“Statuto di Sviluppo” di quella convenzione (che introdusse un parlamento bicamerale, fondando il Corpul ponderator, poi chiamato Senat), adottò l’iniziativa del principe (Domnitor) Alexandru Ioan Cuza1, con un plebiscito nel 1864 che allargò il principio della rappresentanza nazionale.

Durante il regime politico stabilito dalla Convenzione di Parigi, il potere legislativo andò incontro ad un processo di modernizzazione, e iniziò ad operare in linea con le organizzazioni e con i modi di funzionamento dei Parlamenti dell’ Europa occidentale dell’epoca. Nell’età moderna si giunse all’Unione dei Due Principati nel 1859 e con il Parlamento rumeno fu dichiarata la Dichiarazione di Indipendenza della Romania il 10 maggio 1877. Nel 1920 gli imperi austro-ungarico e russo svanirono e gli organi governativi creati in Transilvania, Bassarabia e Bucovina scelsero l’unione con la Romania, creando la Grande Romania. Nel febbraio 1938, nella caotica situazione politica che avrebbe portato alla seconda guerra mondiale, il re Carlo II di Romania, che aveva sempre teso a sopraffare il Parlamento, impose un governo di monarchia autoritaria. Con la dittatura reale, il Parlamento divenne un corpo puramente decorativo, privato dei suoi attributi essenziali. Carlo abdicò nel settembre 1940 e lo Stato Legionario Nazionale fascista sospese il Parlamento. Lo Stato Legionario Nazionale durò meno di cinque mesi, ma fu succeduto dalla dittatura militare di Ion Antonescu2, pertanto il Parlamento rimase sospeso. Dopo il 23 agosto 1944 il Parlamento fu riorganizzato come singolo corpo legislativo, e la Camera dei Deputati cambiò con la costituzione del 1948 in una Grande Assemblea Nazionale, un corpo puramente formale totalmente subordinato al potere del partito comunista rumeno. L’11 giugno 1948vennero nazionalizzate le principali imprese industriali, minerarie, bancarie, di trasporto e di assicurazioni. Si passò allo sviluppo forzato dell’ industria, in particolar modo quella pesante, senza tener alcun conto dei principi di efficienza economica; si passò alla pianificazione centralizzata della produzione e della distribuzione delle merci e alla riorganizzazione del sistema scolastico.3

La Romania concludeva trattati di collaborazione e di mutua assistenza solamente con Stati subordinati a Mosca e in primo luogo, ovviamente con l’Unione Sovietica. I trattati politici con questi paesi erano accompagnati da accordi economici che portarono, nel 1949, alla Creazione del Consiglio di Mutua Assistenza Economica (Comecon), con sede a Mosca, e da intese militari che portarono alla nascita del Patto di Varsavia, al quale la Romania aderì, come membro fondatore, nel maggio 1955. All’ inizio degli anni ’60, la Romania approfittò del conflitto cino-sovietico per espandere la propria sfera d’azione. Ad esempio, si oppose al piano Chrušcëv di rinnovare il Comecon introducendo divisioni e specializzazioni economiche all’interno dei paesi cosiddetti socialisti, che avrebbe significato il passaggio della Romania nella categoria dei paesi esclusivamente agricoli. Il contrasto toccò anche

la sfera politica: nel 1963, per la prima volta, la Romania votò all ‘ONU in maniera diversa dall’Unione Sovietica, e in seguito, con l’acuirsi del conflitto cinosovietico, i voti indipendenti della Romania andarono moltiplicandosi. Nelnovembre del 1963, il ministro degli Esteri rumeno Corneliu Manescu dichiarò al Segretario di Stato degli USA Dean Rusk che in un eventuale conflitto sovieticoamericano, la Romania avrebbe desiderato mantenere la propria neutralità e il primo ministro Ion Gheorghe Maurer, nel luglio 1964, chiese a Charles de Gaulle l’appoggio della Francia per stabilire relazioni sempre più strette con l’Occidente. Nell’aprile del 1964, i comunisti rumeni affermarono la propria libertà di movimento con una Dichiarazione, nella quale sostenevano il diritto all’indipendenza di ogni Partito comunista, alla parità di diritti e alla non-ingerenza nelle questioni interne. Nel marzo 1965, a soli 47 anni, salì al potere Nicolae Ceausescu. Nato il 26 gennaio 1918 in Oltenia, a Scornicesti, da una numerosa famiglia di povericontadini, era entrato assai presto nel “movimento rivoluzionario”. Nei primi anni dell’ascesa al potere, finché non ebbe completato l’eliminazione della vecchia guardia di Gheorghiu-Dej5, Ceausescu continuò a migliorare il clima di distensione che aveva ereditato, tanto sul fronte interno quanto su quello estero. I provvedimenti da lui adottati giustificano in parte il senso di cauto ottimismo che circolava nel paese: dal 1967 fu permessa la costruzione di residenze private e, tra il 1968 e il 1970, entrarono in vigore nuove leggi sui passaporti, che facilitarono temporaneamente il passaggio delle persone oltre frontiera. Il Partito comunista si aprì agli uomini di scienza e cultura, superando i due milioni di membri6; non bisogna però dimenticare che essere membro del Partito era un requisitofondamentale per intraprendere qualsiasi genere di carriera. Nel 1973 Ceausescu cooptò la propria moglie, Elena, nel Comitato Esecutivo del Partito, posizione grazie alla quale costei avrebbe rapidamente conquistato una grande influenza su tutte le strutture di governo, diventando l’eminenza grigia del nuovo sistema di potere. La vita economica, sociale, politica e culturale venne fortemente centralizzata. Aumentò l’arbitrio dispotico: la crescente megalomania del dittatore si manifestava nelle costruzioni gigantesche e nella demolizione dei centri storici delle grandi città (in particolare Bucarest), seguita negli ultimi tempi dalla sistematizzazione dei villaggi˝.7 La Romania non aveva più detenuti politici: i recalcitranti non venivano più terrorizzati come un tempo, ma – la maggior parte delle volte – spediti oltre frontiera, dove cominciarono ad organizzare un’ attiva campagna di sensibilizzazione dell’opinione pubblica europea riguardo agli avvenimenti della Romania. Le relazioni del regime di Ceausescu con l’URSS, gli USA, e l’Occidente a partire dalla metà degli Anni ‘80 cominciarono a farsi tese a causa dell’opposizione di una visione dogmatico-conservatrice ad un’atmosfera di novità ed un continuo rifiuto a qualsiasi cambiamento: la questione dei diritti dell’uomo, una bomba a scoppio ritardato per qualsiasi regime dittatoriale, era sul punto di esplodere. Quando scoppiò la rivoluzione del dicembre 1989, la società romena presentava tutti i sintomi della decadenza: crisi economica, strutture politiche superate e sclerotizzate, energie sociali bloccate, deterioramento catastrofico del tenore di vita (rappresentato tra le altre cose dal razionamento delle derrate alimentari di base, per ottenere le quali bisognava fare giorni, e notti di coda), rottura totale tra governanti e masse popolari ecc. In queste condizioni, la scintilla della rivolta che scoccò a Timisoara il 16 dicembre 1989 incendiò rapidamente prima la capitale e poi tutto il paese. La reazione di Nicolae Ceausescu8 fu rapida: diede ordine all’ esercito e alla polizia securista di aprire il fuoco. Fino al 22 dicembre ci furono 73 morti, 71 a causa dei colpi esplosi. Le agenzie –stampa ungheresi e jugoslave, e poi quelle di tutto il mondo, aumentarono il numero delle vittime a migliaia di morti e feriti, demolendo rapidamente l’immagine del dittatore. Nel paese quello che accadeva a Timisoara non era noto se non attraverso le trasmissioni di radio Europa Libera9, che faceva da eco alle notizie che si diffondevano rapidamente dappertutto. Credendo la situazione sotto controllo, Ceausescu si recò in visita in Iran, un viaggio ufficiale che era già stato programmato; al suo ritorno durante un discorso alla televisione la sera del 20 dicembre, sostenne che i moti di Timisoara erano stati provocati da

agenti stranieri e indisse per il giorno dopo a Bucarest un raduno di solidarietà a favore del regime, tirando così lui stesso in ballo la capitale. Ma la folla radunata si rivoltò contro: nelle strade di Bucarest apparvero delle barricate e nella notte fra il 21 e 22 dicembre i manifestanti vennero dispersi con l’intervento dei blindati. Il giorno dopo però ritornarono, bloccando le strade intorno al Comitato Centrale. A mezzogiorno Nicolae Ceausescu e sua moglie Elena abbandonarono in elicottero la sede del Comitato Centrale, ma vennero catturati e sottoposti ad un processo sommario: furono giustiziati a Targoviste, il giorno di Natale 1989. La rivolta popolare e il sacrificio delle vittime del dicembre 1989 hanno aperto le porte alla restaurazione della democrazia e di un sistema politico pluralista, al ritorno ad un’economia di mercato e alla reintegrazione del paese nello spazio politico e culturale europeo, al quale la Romania è stabilmente appartenuta negli ultimi due secoli. Il regime comunista ha determinato profonde trasformazioni nel paese: l’industrializzazione forzata e l’urbanizzazione incontrollata hanno distrutto i vecchi villaggi e creato un semi-proletariato non appartenente né all’ambiente rurale né a quello urbano. Il regime ha portato il livellamento sociale, l’uguaglianza fra uomo e donna, la gratuità dell’istruzione, dell’assistenza sanitaria e della cultura e l’alfabetizzazione degli strati incolti, consentendo in questo modo l’accesso alpotere a categorie sociali nuove, all’interno delle quali veniva reclutata anche la nomenclatura comunista10. Tutto questo ha costituito una difficile esperienza sociale, politica e culturale, sperimentata a tappe forzate, dolorosa ed estranea alla tradizione e alla mentalità romena. Al’ esperienza comunista bisogna aggiungere anche quella di una dittatura di stampo totalitario, che ha allontanato ancora di più la Romania non solo dal resto d’Europa ma anche da tutti gli altri paesi socialisti e che ha segnato e reso unico il destino storico. Immediatamente dopo il dicembre 1989, e fino all’organizzazione delle prime elezioni libere, il paese è stato governato dal Fronte di Salvezza Nazionale (FSN) e, dal 9 febbraio 1990, dal Consiglio Provvisorio dell ‘Unione Nazionale, organismi guidati entrambi da Ion Iliescu11. Le gravi difficoltà economiche (come la riduzione della produzione, l’inflazione, la disoccupazione, l’inesistenza di un mercato esteroper i prodotti romeni e la mancanza di investitori stranieri), i conflitti sociali, le dispute politiche e l’impossibilità di costituire un governo di coalizione nazionale hanno fatto sì che il periodo di transizione si rilevasse più difficile e doloroso di quanto non fosse parso all’inizio. Da un lato, la società romena tenta di ritrovare la vecchia via di sviluppo, percorsa tra 1848 e il 1944, dal punto di vista delle tradizioni storiche, della religione, dello spirito democratico e dell’economia di mercato, dall’altro, questa stessa società non può fare astrazione da ciò che è successo tra il 1944 e il 1989. Elementi dell’era comunista continuano quindi a persistere sotto le forme più disparate. La corruzione e la collusione tra finanza e politica hanno paralizzato numerose iniziative. La società romena post-1989 solleva ancora molti interrogativi, rilevandosi impreparata al passaggio a un’economia di mercato e a un regime democratico. Il tenore di vita della grande maggioranza delle popolazione è molto basso, mentre quello degli arricchiti dell’ultima ora si avvicina agli standard occidentali. Da un lato, il bisogno di integrazione in Europa e nell’economia di mercato spinge i governanti ad aderire alle strutture europee, mentre, dall’altro, il desiderio di arricchimento si accorda meglio con il caos che caratterizza i periodi di transizione. La Romania post-rivoluzionaria si è venuta a trovare in un quadro geopolitico radicalmente mutato: a sud-ovest, lo smembramento della Jugoslavia nel 1991 in vari stati (Croazia, Slovenia, Macedonia, Bosnia Erzegovina, Serbia e Montenegro, questi ultimi riunitisi insieme alle regioni della Vojvodina e del Kosovo per formare la nuova Repubblica Federale di Jugoslavia); a nord e a est, nel 1991, l’URSS sidissolve e, per la prima volta da più di duecento anni (dal 1792), la Romania non ha più frontiere in comune con la Russia: a nord, nord-est e sud-est confina con l’Ucraina, mentre a est e a nord-est confina con la Repubblica di Moldavia.  Principe di Moldavia e Valacchia (1859-1861), poi di Romania (1861-1866). Educato in Europa Occidentale, Cuza assimilò le idee liberali e partecipò ai moti dal 1848. Tornando in Romania fu nominato prefetto della città Galati.

1 Principe di Moldavia e Valacchia (1859-1861), poi di Romania (1861-1866). Educato in Europa Occidentale, Cuza assimilò le idee liberali e partecipò ai moti dal 1848. Tornando in Romania fu nominato prefetto della città Galati

 

2 Ion Victor Antonescu, il primo ministro e conducator (duce) della Romania durante la seconda guerra mondiale dal 4

settembre 1940 al 23 agosto 1944.

3 I. BULEI, Breve storia dei romeni, Torino, Edizioni dell’Orso 1996, p. 166.

4 I. BULEI, Breve storia dei romeni, cit., p. 169-171.

5. Segretario generale del PCR (partito comunista rumeno), leader comunista della Romania dal 1948 fino alla sua morte, nel 1965; Presidente del Consiglio di Stato della Reppublica Popolare rumena.

6 Nel 1960, al III Congresso, il PMR (dal 1965 PCR) contava 662.017 membri effettivi e 145.123 candidati, e nel 1965rispettivamente 1.221.887 e 189.189; nel 1969 contava 1.915.232 membri (venne abolito lo stadio di candidato); nel 1974, 1.462.380; nel 1979, 2.980.970; nel 1984, 3.440.000 e nel 1989, 3.824.782.

7 I. BULEI, Breve storia dei romeni, cit., p. 174 .

8.È stato il presidente della Repubblica Socialista Romania dal 1965 fino alla caduta del comunismo, avvenuta nel 21dicembre 1989, poco prima della sua esecuzione.

9 La radio Europa Libera è un’organizzazione e un posto radio finanziato dal Congresso degli Stati Uniti, che trasmette nei paesi dell’Europa dell’ Est e nel Medio Oriente.

Loading