Centro Culturale Italo Romeno
Milano

Reciproche ricezioni e paure – il rulo degli scrittori migranti

Apr 1, 2009

Viorel BOLDIS

Nell’abbordare questo tema, bisogna prescindere dal seguente quesito: i confini culturali coincidono con i confini geografici? Lo spostamento, lo sradicamento migratorio, non essendo soltanto geografico, ma anche identitario e socioculturale, come facciamo a capire dove finisce una cultura e dove comincia un’altra? Oggi il mondo, oltre a essere diviso e insicuro, e anche abitato sempre più da culture diverse che entrano in contatto molto più velocemente rispetto al passato. Queste altre culture generano ombre, paura, intolleranza, inquietudine, proprio perché sono sconosciute, perché portano mondi e modi diversi di vivere la quotidianità.

La percezione della diversità culturale

La diversità culturale è diventato uno dei problemi maggiori con il quale il mondo globalizzato si confronta. La diversità culturale non produce necessariamente incompatibilità di convivere e di comunicare. È l’immagine sbagliata che si crea attraverso percezioni e stereotipi veicolati ripetutamente che ci fa credere che l’altro, il nuovo arrivato, non è compatibile con il nostro modo di vivere, e così, ogni tentativo di comunicazione viene frainteso, e più delle volte il dibattito si trasforma in conflitto. È naturale chiedersi quali sono le cause della paura del diverso in generale, e della diversità culturale che il diverso, l’altro, porta con se. Si potrebbe attingere agli archetipi primordiali e non saremo in errore, poiché la maggior parte delle paure che l’essere umano sperimenta, hanno radici proprio negli archetipi primordiali. Ma, se vogliamo una spiegazione più semplice e vicina ai giorni nostri, possiamo rispondere cercando di capire come viene percepito e giudicato oggi lo straniero : lo straniero, l’altro, viene giudicato non per quello che è, ma per come viene definito dalla massmedia e dalla politica. Di conseguenza, le comunità straniere appaiono agli occhi della popolazione ospitante non così come sono ma come sono definite.

In realtà, la paura della diversità culturale in un mondo che attraverso la globalizzazione si sta sempre più uniformizzando, è in un certo senso un paradoso. Un’altra causa che contribuisce alla paura della diversità culturale è, senza ombra di dubbio, la velocità, la rapidità delle mutazioni che avvengono a livello planetario, ma anche la velocità con la quale viaggiano le notizie. L’informatizzare dei mass media, e soprattutto l’avvento dell’internet, ha fatto si che, praticamente, qualsiasi notizia venga divulgata in tempo reale. Ma quello che influisce di più sulla percezione delle notizie che riguardano il diverso, lo straniero, è la filtrazione, l’alterazione di tali notizie da parte dei mass media. Tante volte abbiamo visto come le notizie che riguardano i stranieri vengono distorte. I giornalisti, purtroppo, si lasciano influenzare dagli stessi stereotipi che, in realtà, dovrebbero combattere. E, siccome oggi il mondo viene percepito soprattutto attraverso i mass media, possiamo affermare che i mass media hanno il ruolo principale per quello che riguarda la percezione della diversità culturale.

Possiamo dire che la cultura che ogni individuo sperimenta, è una cultura di tipo stanziale, che non va oltre la conoscenza acquisita e le esperienze vissute. Una cultura di tipo stanziale è anche una cultura statica, che rischia di coinvolgere e influenzare anche le altre sfere della società, inclusa quella economica. La crisi che l’Italia attraversa è un esempio eloquente da questo punto di vista.

Tra le cause che contribuisco alla paura dell’altro, non possiamo non aggiungere le differenze religiose che separano i popoli. In questo caso, il più delle volte, ci accorgiamo come la paura della diversità culturale si trasforma in odio. Il diverso viene percepito sempre più come l’ostile, l’avversario da combattere, il nemico per eccellenza, perché non credendo nel nostro Dio, il diverso viene percepito come amico del nostro Diavolo. Purtroppo questo è uno degli stereotipi più diffusi e pericolosi, che da sempre genera guerre e divisioni.

Come fare per contrastare tali convinzioni ? Quali mezzi, quali strumenti dobbiamo o possiamo usare noi stranieri, in primis, per farci conoscere per quello che siamo, per allontanare i sospetti, per far sì che la diversità culturale sia percepita come ricchezza, e non come fonte di paure, inquetudini, conflitti?

Dialogare e ragionare insieme

Per contrastare tali stereotipi, bisogna comprendere e dialogare, questi sono i principali pilastri dell’interculturalità: comprendere e dialogare, ragionare insieme.

Innanzitutto bisogna contrastare la stereotipizzazione mediatica della diversità culturale, rispecchiata sia nella mass media che nei discorsi populisti dei politici perennemente impegnati in campagna elettorale.

Bisogna svestire l’interculturalità tanto sbandierata nei ultimi tempi, e renderla più visibile, più alla portata della società che la circonda. L’intreccio di culture diverse non deve, per forza, amalgamare concetti e idee, valori e verità: nessuna cultura ha l’esclusività della verità o dei valori. L’intreccio di culture diverse può, e deve coesistere, non contrastandosi a vicenda, ma generando magari nuovi valori, e perché no, nuove società. Volendo, possiamo liberaci dagli stereotipi, possiamo non essere sempre prigionieri della nostra cultura stanziale, o del nostro linguaggio, o delle nostre tradizioni. Questo non significa rinunciare alla nostra cultura, o ai nostri valori, o alla nostra lingua, o alle nostre tradizioni, significa semplicemente coesistere e condividere, e all’occorrenza tollerare.

La paura della diversità culturale non riguarda soltanto il ricco occidente, ma, con l’avvento della globalizzazione, agisce in modo trasversale, e trasversale è anche l’angoscia e l’ansia che essa genera. Di conseguenza, se vogliamo trovare un rimedio alla paura della diversità culturale, questo deve esseree deve agire in modo trasversale.

La letteratura della migrazione – punto di incontro tra culture diverse

La letteratura della migrazione, da molti viene considerata come una letteratura di nicchia, un fenomeno marginale. Fulvio Caccia, poeta e scrittore canadese di lingua francese, ma di origine italiana, e che attualmente vive e lavora a Parigi, ha un’idea diversa della letteratura migrante. Lui afferma che, in realtà, la letteratura della migrazione non è né un fenomeno marginale, né una letteratura di nicchia, ma è una letteratura trasversale, proprio per la sua multiculturalità.

La letteratura della migrazione, oltre alla sua valenza letteraria, è uno strumento, forse il più efficace, per spiegare e mettere in luce altre culture, altri modi di vivere la vita. Con la sua coloritura e con quel profumo facilmente riconoscibili, riesce ad allontanare la paura dell’altro e della sua cultura.

Il ricorso alla cultura per affermare la propria identità è inevitabile, perché le comunità straniere diventano “visibili” attraverso la “matrice” culturale che le caratterizza, che mette in luce le loro abitudini e valori, i loro tradizioni.

La definizione dell’altro attraverso i principi culturali, implica la sua collocazione su una scala di valori materiali e spirituali riconosciuta dalla comunità ospitante.

La cultura favorisce la conoscenza in profondità dell’altro e, di conseguenza, evidenzia i suoi lati fondamentali, oltre alle sue abilità sociali.

Più delle volte l’immigrato lascia il suo paese senza trovarne un altro, senza capire dov’è e qual’é il suo vero posto nel mondo. È anche per questo che la scrittura migrante non risponde soltanto alle ambizioni letterarie, ma ha una motivazione supplementare, sociale e politica. Così, per lo scrittore migrante, i problemi sociali, le ingiustizie, il continuo districarsi tra le varie leggi, l’insicurezza, la lotta con e stesso per capire e farsi capire, diventano parte della letteratura.

L’ingiustizia e la sofferenza in special modo, chiedono di essere espresse, e gli scrittori migranti si sentono obbligati a raccontare le loro storie, ma anche a raccontare l’Italia dal loro punto di vista.

Tutti vogliono raccontare tutto, vogliono rappresentare in un certo senso i loro compagni di viaggio, di sofferenze. Quasi si può dire che la scrittura migrante è un fenomeno che si spiega attraverso un processo di tramutare, di delegare a delle funzioni e speranze dentro all’opera, dentro la letteratura, la quale non soltanto li rapresenta, ma li anche giustifica e difende.

Purtroppo la scrittura, pur essendo una forma di terapia, non guarisce e non elimina le ingiustizie e le ristrettezze che accompagnano la vita dell’immigrato. La scrittura, semmai, esprime la disperazione, aiuta a svuotare il sacco, per così dire, è una confessione dove il confessore non è il classico prete ma il futuro lettore, dando un po’ più di respiro all’anima, ma in nessun caso la scrittura non guarisce, e questo vale in primo luogo per gli scrittori stessi, che siano loro migranti o no.

Il ruolo degli scrittori migranti

Gli scrittori migranti rappresentano veri e propri frammenti di un mondo diverso, pezzi di storia e cultura tante volte sconosciuta, che accolta nel modo giusto non fa’ altro che arricchire la storia e la cultura del paese che li ospita.

È diventato un luogo comune dire che la letteratura migrante è un punto d’incontro tra culture diverse, o che offre una prospettiva nuova nel modo di vedere e di capire l’immigrazione.

Di sicuro nella letteratura dell’immigrazione c’è una nuova Italia da scoprire, un’Italia vista attraverso gli sguardi dei nuovi arrivati, degli emarginati e dei sofferenti, ma anche un nuovo linguaggio, che pur contaminando in qualche modo l’italiano ufficiale, nello stesso tempo lo arricchisce lo prepara alla multimediatizzata globalizzazione.

Di sicuro la letteratura della migrazione ha un ruolo determinante nel contrastare la paura della diversità culturale, proprio per la sua valenza trasversale.

Viorel Boldis.
E’ nato il 16/03/1966 a Oradea. E’ giunto in Italia nel 1995 e dal 1996 vive a Cellatica, in provincia di Brescia. Nel 2000 ha vinto la seconda edizione del premio ”Culture a confronto” indetto dal comune di Brescia, con il racconto ”L’emigrazione spiegata a mia figlia” che è stato pubblicato nella raccolta del premio. Nel 2003, nella raccolta della terza edizione dello stesso premio sono state pubblicate 15 sue poesie. Nel 2005, ha vinto il premio nazionale per la poesia Eks&Tra. Ha pubblicato la raccolta di poesie Da solo nella fossa comune, Gedit edizioni, Bologna, 2006. E’ inserito anche nella raccolta “Stili migranti” i quaderni di Welcome Marketing Etnica 2007. Nel 2007 ha vinto il secondo premio Penna nera con il racconto Il fazzoletto bianco. Ha publicato poesie su El Gibli, Sagarana, Voci dal silenzio etc.

Loading