Centro Culturale Italo Romeno
Milano

Letteratura romena: i poeti postmodernisti

Gen 2, 2014

FOTO: Mariana Marin (1956-2003)

LETTERATURA ROMENA: I POETI POSTMODERNISTI

Negli anni Ottanta debuttarono in Romania alcuni fra i poeti più talentuosi del panorama letterario del XX secolo e, secondo la critica, molti di loro sarebbero destinati a diventare dei classici. Stiamo parlando dei poeti cosiddetti postmodernisti, quali Ion Stratan, Ion Bogdan Lefter, Mircea Cărtărescu, Alexandru Mușina, Romulus Bucur, Bogdan Ghiu, e delle poetesse Elena Ștefoi, Mariana Marin, Magda Cârneci, Angela Marinescu, Ioana Crăciunescu. Poeti e poetesse postmoderni possono essere elencati separatamente per le differenze a livello contenutistico e stilistico che presentano gli uni dalle altre. Anche se, come sottolinea il critico Nicolae Manolescu, questa sorta di distinzione di genere non è altro che una semplice coincidenza. Le poetesse infatti descriverebbero nei loro componimenti una realtà caratterizzata da elementi di drammaticità e tragicità, tralasciando tutti quegli elementi ludici e scherzosi, così come il faceto e l’ironia che vanno invece a colorire le poesie dei poeti.

Per questa precisa scelta contenutistica, le poetesse eviterebbero inoltre il gioco di parole, portato invece all’estremo da Ion Stratan e Alexandru Mușina. Di conseguenza, la poesia romena postmoderna femminile emerge in tutta la sua autenticità e genuinità, soprattutto quando le poetesse si tolgono ogni velo dipingendo con le parole le loro visioni ossessive e i loro picchi di nevrosi. Nonostante queste specificità, la poesia postmodernista risulta invece unitaria nel suo complesso: è una poesia che vuole essere concreta e materica, una poesia oggettuale che rinnega l’astrazione e la purezza stilistica, così come la rima e il lirismo. All’interno di questi componimenti straordinari troviamo diversi registi stilistici, dal più basso al più aulico, finché viene inserito persino il linguaggio argotico, componendosi così una serie di poesie-racconto dove il dialogico si fa strada sostituendo il monologico e l’astratto. A tal proposito la critica ha visto, in questo modo postmodernista di stendere i versi, una poesia basata sul metatesto, paratesto e autoreferenzialità. Sul piano contenutistico si osserva invece un ampio spazio per il biografismo e l’esistenziale, finché Mircea Cărtărescu conierà un nuovo termine: la texistență, sottolineando l’intreccio indissolubile tra testo ed esistenza. Secondo lo scrittore romeno infatti il testo postmodernista non potrebbe essere tale senza lo sguardo del poeta diretto verso sè stesso, l’ambiente che lo circonda e verso il proprio modo di concepire la vita. In questi termini capiamo come la realtà ontologica acquisisca ora un’importanza fondamentale.

Mentre negli anni 60 e 70 la poesia romena era orientata verso l’astrazione, era monologica, orfica, metaforica ed allusiva, (si pensi alla poesia di Ana Blandiana e di Marin Sorescu, poeti neomodernisti che solo verso la fine degli anni 70 opteranno per una poesia maggiormente autentica e quindi non più intrisa di metafore), la poesia postmodernista è basata sull’autenticità e sul „raccontare” con i versi ciò che i poeti vivono e vedono quotidianamente.

E’ necessario ricordare che questi testi autentici e realistici, furono redatti in uno dei periodi più bui della storia della Romania: gli anni 80 del Novecento furono definiti dalla critica romena, decennio satanico” in riferimento all’intolleranza del regime comunista verso i dissidenti e verso gli intellettuali che osassero criticare direttamente o indirettamente la politica di Ceaușescu. Per queste ragioni questi poeti, pur essendo di valenza straordinaria, poterono pubblicare la gran parte delle loro opere solo dopo il 1989 (anno della caduta del regime), e dovettero limitarsi a scrivere per alcune riviste letterarie studentesche di circolazione limitata come Echinox, Napoca Universitaria, Opinia Studențească. Nel momento del loro esordio erano infatti tutti studenti universitari e per leggere, scambiarsi e comporre versi si ritrovavano all’interno di cenacoli studenteschi coordinati da professori universitari. Il cosiddetto Cenacolo del lunedì consisteva in una serie di incontri clandestini gestiti dal noto critico e professore Nicolae Manolescu, lo stesso che permise a questi studenti-poeti di scrivere e pubblicare alcuni dei loro componimenti per il volume collettivo Cinci (Editura Litera, 1982), un’antologia firmata da Mariana Marin, Bogdan Ghiu, Ion Bogdan Lefter, Romulus Bucur e Alexandru Mușina. La gran parte degli autori citati in quest’articolo sono ancora in vita, sono letterariamente ancora molto produttivi, e sono diventati con il passare del tempo degli autori eclettici e poliedrici, nel senso che riescono a scrivere con estrema facilità non solo poesia, ma anche testi in prosa e di saggistica, critica letteraria ed articoli di giornale. Mircea Cărtărescu è uno degli autori che attualmente vende di più in Romania ed è uno tra gli scrittori romeni contemporanei più tradotti. Una delle poetesse optzeciste (cioè degli anni 80) più talentuose e che non è mai scesa a compromessi con il regime comunista è stata Mariana Marin, una poetessa che ha pubblicato la sua ultima silloge nel 2002, Zestrea de Aur, (La dote d’oro) un volume interessantissimo contenente tutte la sua opera poetica.

La poetessa morì giovane, a soli 47 anni, di tuberolosi, un anno dopo la pubblicazione del libro. La traduttrice italiana Clara Mitola, ha appena ultimato la traduzione di Zestrea de Aur, ottenendo un premio rinomato per questo suo impegno letterario. In attesa di poter leggere le sue traduzioni vi lascio qui di seguito alcune poesie tradotte da me per la mia tesi di laurea.

Noterete versi di una forza espressiva potente ed intensa, versi drammatici, tragici e sarcastici; noterete la meravigliosa capacità immaginifica di questa poetessa. Narrazione Vorrei che tu fossi morta, mi ha detto. che tu fossi morta. La famosa statua mi guardava con uno sguardo identico al mio. Il tram con le monache passava per la piazza sfidando l’esplosione dei sentimenti e questi mi squartavano la biografia. Potrei testimoniare che nello stesso secondo (che esattamente nello stesso secondo) qualcuno è uscito dal mio cervello ed ha iniziato a correre per strada anche se si udivano delle fucilate ed era iniziata la tempesta.

Senza titolo
Era una brava ragazza… La mattina oziava nella sua pelle bianca temendo quello che la aspettava durante il giorno e moltissimi l’hanno sentita parlare una lingua che non è di questa terra. In quanto al giorno, oh quel giorno in cui lei ha conosciuto le acque fredde ed ha iniziato a cantare, solo questo pianto nero può ancora parlare: “Sono stanca di tutto questo amore per le belle parole. Imparo un nuovo alfabeto. In cui ogni lettera può inventare il mio sangue. Apprendistato da cane – dicono qualche volta i miei amici E le loro parole hanno più occhi e più bocche del mare pescoso. Imparo un nuovo alfabeto.

Elegia XII
Tra i miei seni è annottata la notte. Tra me e te (si dice) esisterà sempre un’Europa o un Mar Rosso. La lingua in cui io penso la parola morte non è la lingua con la quale tu pensi alla parola amore. Quello che oggi ci separa (si dice) ci separerà ancor di più domani. Ecco perché, con tutta l’oscurità del nostro passato, che srotoliamo ora allo stesso modo di una pergamena dell’antico Egitto, ti chiedo di fuggire nell’abisso che ci è stato dato. Lì le tue lentiggini e i tuoi capelli rossi comprenderanno sicuramente ed ameranno la lingua dei miei seni tra i quali anche allora sarà annottata la notte.


Articolo e traduzioni di Daria BARCHERI

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