Centro Culturale Italo Romeno
Milano

Le traduzioni di narrativa romena in italiano, 1990-2014

Feb 11, 2015

Una grande fioritura ma ancora tante lacune. Le traduzioni di narrativa romena in italiano, 1990-2014.

di Roberto Merlo

La collettività straniera più numerosa in Italia

La partecipazione dei romeni alla costruzione del tessuto sociale ed economico del nostro paese è ormai un dato banale dell’esperienza del quotidiano di ogni cittadino italiano. secondo i dati dell’agenzia di statistica europea Eurostat presentati in un rapporto curato del Centro studi e ricerche IDOS e ripreso dal portale Stranieri in Italia, Con una presenza che supera ormai il milione di persone e cresciuta, nonostante la crisi economica, di oltre il 20% tra 2010 e 2012, la comunità romena in Italia è di gran lunga la più numerosa a livello tanto nazionale (percentualmente più del doppio di quella albanese e marocchina, immediatamente successive), quanto regionale (secondo la sintesi del XXIII Rapporto Immigrazione Caritas Migrantes 2013, con l’eccezione dell’Emilia Romagna), con un integrazione capillare sul territorio, nel mercato del lavoro, nelle istituzioni scolastiche. Sempre secondo le medesime fonti, la comunità romena italiana è inoltre la più numerosa dei paesi dell’Unione europea.

Soprattutto dato l’alto e crescente numero di romeni nati e/o scolarizzati in Italia, è difficile negare che l’Italia di oggi è, e quella domani sarà, in parte romena. Eppure, la storia e la cultura della Romania rappresentano ancora un’incognita, anche nelle linee generali, persino per molti italiani con studi superiori. E, cosa affatto strana, comincia a esserlo anche per molti giovani “romeni d’Italia”, che in genere del paese d’origine conservano a livello familiare la lingua, ma la cui formazione culturale è avvenuta in gran parte o interamente nel nostro paese.

libri romeni

1.1.

Nel corso degli anni mi è spesso capitato che nuovi conoscenti, venendo a sapere che mi occupo di lingua e letteratura romena, mi chiedessero di consigliar loro un libro o un autore romeno moderno o contemporaneo tradotto in italiano, e non di rado tale richiesta è giunta da insegnanti di lettere, motivati non solo dal desiderio di avvicinarsi nel proprio ambito specifico all’eredità culturale di una parte consistente dei propri alunni e studenti, ma anche dall’intento di integrarne alcuni elementi nel proprio insegnamento.

Fino a qualche anno fa la possibilità di accesso alla letteratura romena contemporanea in italiano era severamente limitata dal numero ridotto di traduzioni in circolazione, con pochi autori tradotti – con alcune lodevoli e importanti eccezioni, soprattutto in poesia ma non solo – e molte traduzioni ormai invecchiate e per giunta reperibili solo in alcune biblioteche. Di seguito mi propongo di illustrare quale sia lo stato delle traduzioni di letteratura romena degli ultimi venticinque anni circa, dal 90 a oggi, basandomi principalmente sull’utilissimo Progetto di database sugli scrittori romeni in italiano (http://www.orizzonticulturali.it/it_database1_Scrittori-romeni-in-italiano.html) (ScRIt), curato da Afrodita Carmen Cionchin e Mauro Barindi e ospitato dalla rivista culturale bilingue italiano-romeno «Orizzonti culturali italo-romeni/Orizonturi culturale italo-române» (che a sua volta ingloba le bibliografie di ricerche precedenti: Merlo 2005, Mazzoni 2002; Guţia 1990 – cui aggiungerei anche Guţia 1992 – e Buonincontro 1988) e integrandolo con dati personali.

1.2.

La mia analisi si sovrappone per gli anni novanta e primi 2000 all’ottimo e puntuale Mazzoni 2002, da cui si differenzia però nella più ristretta selezione del materiale, in parte raccomandata dall’arco di tempo più ampio preso in considerazione e in parte frutto di una scelta precisa. Mi occuperò qui infatti esclusivamente di prosa narrativa, non trattando quindi né le numerose traduzioni di poesia e le rade traduzioni di testi teatrali né le varie traduzioni di prosa non narrativa (es. diari, lettere) o di saggistica di varia natura (storia, storia delle religioni, filosofia ecc.), attentamente segnalate invece da Mazzoni (e da ScRIt). Ho incluso però nella selezione alcune opere non finzionali di taglio narrativo (es. memorialistica e reportage di viaggio) di particolare interesse per le vicende umane della Romania sotto il totalitarismo.

Inoltre mi sono concentrato sui volumi d’autore usciti in Italia, tralasciando quindi pubblicazioni in rivista e traduzioni pubblicate in Romania; ho però tenuto conto di un paio di antologie di prosa romena o con una rilevante partecipazione romena. Infine, senza voler con ciò assumere alcuna posizione in merito all’annosa e in fondo sterile questione del se e dell’in che misura tali opere appartengano alla letteratura “romena”, a fini statistici ho preso in considerazione solo le opere tradotte dal romeno, lasciando da parte un certo numero di autori romeni anche interessanti che scrivono in e sono stati tradotti da altre lingue (nella fattispecie, francese e tedesco) ovvero che scrivono direttamente in italiano.

È chiaro che l’analisi anche delle traduzioni, ad esempio, di poesia concorrerebbe certo a conferire ulteriore profondità e prospettiva al panorama che verrò delineando, in quanto vari autori e traduttori che citerò operano su entrambi i fronti (ad es., per i primi, Cărtărescu e Blandiana, per i secondi, Cugno e Mazzoni). E ulteriore rotondità apporterebbe ovviamente la presa in considerazione di periodi di tempo più lunghi e l’allargamento alle pubblicazioni in rivista e a quella che ho chiamato globalmente “saggistica”, con nomi quali Noica, Eliade, Cioran, Manea o Blaga, nonché alla produzione critica disponibile in italiano sulla letteratura e la cultura romena e sulla sua ricezione, o ancora agli autori romeni che scrivono in altre lingue. Confido tuttavia che la prospettiva giocoforza parziale di questo studio sulla narrativa possa conservare una sua validità anche nel contesto di un futuro, più ampio e articolato, studio sulle traduzioni di letteratura romena in italiano che includa gli ultimi decenni. Rimando intanto gli interessati agli studi indicati in Bibliografia.

1.3.

La scelta di occuparmi dunque della narrativa è stata dettata dalla fioritura delle traduzioni di prosa romena contemporanea in italiano a partire dagli anni novanta e soprattutto dalla fine del primo decennio degli anni duemila. Fioritura ancora più straordinaria nel paesaggio editoriale piuttosto arido cui il lettore di narrativa si trovava davanti nei decenni precedenti, quando le uscite di narrativa romena si limitavano a traduzioni, ritraduzioni o ristampe di grandi nomi del passato (ad es. Ion Creangă, Ion Slavici, Ion Luca Caragiale, Jean Bart, Gala Galaction, Liviu Rebreanu, Cezar Petrescu, Mihail Sadoveanu, adeguatamente censite in ScRIt, al quale rimando per informazioni) fino alla fine degli anni settanta e dallo scrittore dell’esilio Mircea Eliade negli anni ottanta, mentre i prosatori della Romania contemporanea – ad eccezione dei real(-social)isti graditi al regime, come Zaharia Stancu, il Sadoveanu postbellico, Petru Dumitriu di prima dell’esilio o Eusebiu Camilar – brillano tra gli anni cinquanta e gli ottanta per la loro assenza (v. Merlo 2006).

2. I dati della fioritura di traduzioni negli ultimi decenni

Numerati secondo i principi sopra esposti (in breve, volumi di narrativa tradotti dal romeno), i titoli di letteratura romena tradotti in italiano tra 1990 e ottobre 2014 sono 79, per una media di 5,3 uscite l’anno, così ripartiti nel corso del tempo per anni, quinquenni e decenni (tra parentesi le rispettive medie):

  • per anni: 1990 2, 199: 0, 1992 1, 1993 0, 1994 1, 1995 2, 1996 1, 1997 2, 1998 1, 1999 2, 200: 2, 2001 0, 2002 0, 200: 1, 2004 2, 200: 1, 2006 0, 2007 5, 2008 3, 2009 6, 2010 9, 2011 11, 2012 13, 2013 6, 2014 8;
  • per quinquenni: 1990-94 4 (0,8), 1995-99 8 (1,6), 2000-04 5 (1), 2005-09 15 (5), 2010-14 47 (9,4);
  • per decenni (solo per il periodo 1990-2009): 1990-99 12 (2,4), 2000-09 20 (4).

Nel suo complesso, il numero di volumi di narrativa romena pubblicati in Italia conosce nel periodo 1990-2014 un notevole incremento rispetto al decennio precedente, in cui simili uscite di prosa sono poco più di una decina. Tra queste le più significative editorialmente si limitano in pratica prima di tutto alla narrativa di Mircea Eliade pubblicata da Jaca Book di Milano (Mircea Eliade, Maitreyi. Incontro bengalese, traduzione di Iuliana Batali Ciarletta, 1989; Il segreto del dottor Honigberger, seguito da Un uomo grande, traduzione di Mariano Baffi, prefazione di Silvia Lagorio, 1988; Notti a Serampore, traduzione di Mariano Baffi, prefazione di Sergio Givone, 1985; Signorina Christina, traduzione di Simonetta Falcioni, prefazione di Mircea Eliade, 1984; Nozze in cielo, traduzione di Mariano Baffi, presentazione di Roberto Mussapi, 1983; Andronico e il serpente, traduzione di Maria Grazia Prestini, prefazione di Geno Pampaloni, 1982). Oltre che su Eliade, si poteva contare su edizioni o riedizioni di importanti classici dell’Ottocento (Mihai Eminescu, Genio desolato, traduzione di Silvia Mattesini e Monica Farnetti, introduzione di Marin Mincu, postfazione di Monica Farnetti, Bergamo, Lubrina, 1989; Ion Creangă, Novelle e ricordi d’infanzia, a cura di Marin Mincu,traduzione di Anna Colombo, introduzione di Celestina Fanella Mascia, Torino, UTET, 19822 [19551]) e di prosa folclorica (Fiabe romene di magia, a cura di Marin Mincu, traduzione di Furio Del Fabbro e Carlo Molinaro, Milano, Bompiani, 1989; Petre Ispirescu e Alexandru Mitru, Fiabe e leggende romene, traduzione di Cristina Stănescu, introduzione di Tatiana Nicolescu, Pordenone, Studio Tesi, 1986).

2.1.

Tuttavia, all’interno di questo lasso di tempo si osserva facilmente che gli anni novanta e la prima metà degli anni duemila (1990-2004) non si discostano essenzialmente dagli anni ottanta: in questo quindicennio le traduzioni di prosa sono 17, per una media complessiva e per quinquenni che si aggira intorno a un volume l’anno. Inoltre, una parte delle uscite di questo periodo è costituita da opere già pubblicate negli anni Ottanta citate sopra o in questo stesso periodo: Creangă 2004 è un nuovo adattamento di un racconto già tradotto in Creangă 1982 [1955]; Eminescu 2000, accanto a molti testi tradotti per la prima volta, riprende la traduzione di Silvano Mattesini già pubblicata in Eminescu 1989; Eliade 1996 e Ispirescu e Mitru 1995 sono riedizioni di Eliade 1983 e Ispirescu e Mitru 1986; Eliade 1997 una (doverosa) revisione della traduzione già pubblicata nel 1979; Urmuz 1999 è una nuova traduzione di testi già presenti in Poesia romena d’avanguardia. Testi e manifesti da Urmuz a Ion Caraion, a cura di Marco Cugno e Marin Mincu, Milano, Feltrinelli, 1980.

In sostanza, gli anni novanta vedono continuare la pubblicazione dell’opera narrativa di Eliade (1990, edizione però pirata, e 1992, più le riedizioni sopra citate) affiancate da alcune significative novità. Da un lato, dopo la caduta del regime comunista si traduce l’intenso Diario della felicità di Nicu Steinhardt (1995), opera di taglio memorialistico in cui la terribile esperienza carceraria si intreccia con il lungo percorso spirituale di avvicinamento dell’ebreo Steinhard al cristianesimo ortodosso; dall’altro, vengono pubblicate le prime traduzioni dall’opera di Norman Manea: inizialmente i racconti (Manea 1990, 1994 e 1998, edizione rivista e modificata del volume del 1990) e al volgere del decennio il primo romanzo, La busta nera [Plicul negru] (Manea 1999), pubblicato per la prima volta in Romania durante la dittatura con pesanti interventi censori e seguito negli anni duemila dal romanzo dell’esilio, lo stupefacente Il ritorno dell’huligano [Întoarcerea huliganului] (Manea 2004), che segna l’affermazione dell’autore nella cultura italiana.

Accanto al romanzo di Manea e alla già citata prosa romantica, selenare e fantastica, di Eminescu, la grande novità della prima metà degli anni Duemila è costituita dalla pubblicazione in italiano di Travesti e Nostalgia, le più brevi tra le prose oniriche e abissali di Mircea Cărtărescu (2000 e 2003), certamente il più conosciuto e apprezzato narratore romeno del post ’89.

2.2.

Dal punto di vista statistico, il numero di titoli pubblicati nel primo decennio degli anni duemila (20) è quasi doppio rispetto a quello degli anni novanta (12), e un’analisi per periodi di tempo più brevi conferma il trend evolutivo di una rapida crescita: nella seconda metà degli anni novanta, il numero di titoli pubblicati (8) raddoppia rispetto al quinquennio precedente (4), per scadere nuovamente nella prima metà degli anni duemila (5) e poi triplicarsi di colpo nel periodo 2005-09 (15).

La crescita (relativamente) spettacolare della seconda metà del primo decennio degli anni duemila, quando solo nel quinquennio 2005-2009 si contano quasi tante uscite (15) quante quelle complessive dei tre quinquenni precedenti (17), è seguita da un ulteriore, decisivo incremento nel quinquennio 2010-2014: questo periodo vede la pubblicazione di un numero di uscite (47) tre e rotte volte maggiore di quello del quinquennio precedente (15) e oltre dieci volte più grande di quello del quinquennio iniziale, 1990-1994, del periodo preso in considerazione (4), e la media per quinquenni passa improvvisamente da circa 1 a 5 e poi a quasi 9 e mezzo nell’ultimo decennio. Da solo, il numero di pubblicazioni del 2010-2014 è maggiore di un terzo rispetto a quello complessivo di tutte le traduzioni pubblicate nel ventennio precedente 1990-2009 (32) e fa alzare la media complessiva sui venticinque anni (5,3) di quasi 4 punti percentuali rispetto a quella di fino al 2009 (1,6).

La soglia pare essere l’anno 2007, quando il numero annuale di traduzioni di prosa dal romeno passa repentinamente da zero (in cinque anni), 1 o 2 (entrambi in sei anni) del periodo precedente a 5; dopo la breve flessione del 2008 (3 titoli), tale numero aumenta nuovamente e costantemente tra 2009 e 2012, quando tocca il picco (12 titoli), per tornare poi a flettersi leggermente, ma restando però sempre ampiamente sopra i numeri di pubblicazioni fino al 2007. La distribuzione per anni e periodi mostra quindi un andamento irregolare, in cui si evidenzia però un primo picco nel 2007, che inaugura tra crescite e cali un periodo nel complesso alquanto positivo (perlomeno dal punto di vista del numero delle uscite), in cui il numero di traduzioni l’anno non scende quasi mai sotto il 6 e in cui si evidenzia un trend di crescita costante (benché ineguale) nel periodo 2008-2013.

3. Quando convergono gli incentivi pubblici e l’iniziativa degli editori

Le ragioni del moltiplicarsi della traduzioni di narrativa romena in italiano negli ultimi sette anni sono varie, tra cui certamente una moderata apertura del mercato editoriale italiano alla letteratura romena, derivante in parte, credo, dal vago ma diffuso interesse per la cultura romena risvegliato nel pubblico italiano dai contatti quotidiani con i romeni presenti sul territorio nazionale, ulteriormente alimentato dall’adesione della Romania all’Unione europea.

3.1.

Il picco nel triennio 2010-2012, culminato con la presenza della Romania come paese ospite (insieme con la Spagna) al Salone internazionale del libro di Torino, pare tuttavia determinato non tanto da un nuovo orientamento o da una crescente attenzione da parte dell’editoria o del pubblico italiani, bensì – essenzialmente – dalla possibilità da parte dell’editoria italiana di accedere ai programmi istituzionali di sostegno alla traduzione e alla pubblicazione gestiti dall’Istituto culturale romeno (ICR – Institutul Cultural Român, www.icr.ro/, fondato nel 2003 allo scopo di promuovere la letteratura e la cultura romena a livello internazionale e presieduto successivamente da Augustin Buzura, 2003-2004, Horia Roman Patapievici, 2005-2012, Andrei Marga, 2012-2013, e attualmente da Lilian Zamfiroiu) attraverso il Centro nazionale del libro (CenNaC – Centrul Naţional al Cărţii, http://www.cennac.ro/, diretto da Cătrinel Pleșu nel periodo 2006-12, poi da Jachi Florea e infine da Bogdan Popescu, attuale direttore). Attivo dal 2006 nel quadro dell’ICR, il CenNaC nasce con l’intento specifico di sostenere la traduzione e la promozione della letteratura romena all’estero, in particolare tramite programmi mirati come il programma 20 autori, il Translation and Publication Support Programme (TPS) e il programma Publishing Romania (PR).

3.1.2.

Lanciato nel 2005, il programma 20 autori si proponeva di promuovere la pubblicazione all’estero di una rosa ristretta di opere appartenenti a generi e settori diversi (poesia, narrativa, teatro, saggistica, memorialistica, filosofia, storia contemporanea) selezionate da una giuria composta da attori e operatori specializzati del mondo della cultura romena (editori, critici, giornalisti, artisti, filosofi).

A causa della scelta estremamente ridotta e della natura altamente soggettiva (e quindi per più versi opinabile) della selezione operata, questo primo programma dell’ICR non ha incontrato grandi favori ed è stato presto surclassato in popolarità e soprattutto in produttività dal ben più comprensivo programma TPS, inaugurato nel 2006 allo scopo di incrementare la presenza e la circolazione internazionale della cultura romena (ivi comprese le minoranze nazionali di Romania e le comunità romene all’estero) attraverso il finanziamento delle spese di traduzione e in parte di pubblicazione di opere rilevanti sia di narrativa che di saggistica di ambito letterario, artistico e socio-umano di autori romeni, ovvero di autori di cittadinanza romena o originari della Romania o di madrelingua romena.

Molto attraente è parso nel tempo anche il successivo programma PR, lanciato nel 2007 e dedicato al finanziamento di progetti editoriali di più ampio respiro ovvero più specializzati, in concreto della pubblicazione o di volumi artistici o di supplementi o numeri tematici di riviste, dedicati alla cultura e alla civiltà romena.

3.2.

Secondo dati presenti sul sito del CenNaC, dal 2006 a oggi i programmi gestiti dell’ICR tramite il Centro hanno finanziato la traduzione e la pubblicazione di 431 volumi in 26 lingue, presso 231 case editrici di 31 paesi, per un totale di ben 190 autori tradotti, per una media di 47 e rotti volumi l’anno. Dei 424 titoli enumerati nel documento consuntivo del CenNaC (non ancora quindi aggiornato ai 431 titoli odierni, differenza irrilevante per il quadro generale), poco più di tre quarti (320) sono apparsi con il sostegno di TPS o (una sparuta minoranza) 20 autori e poco meno un quarto (104) grazie al finanziamento di PR.

Per numero di titoli pubblicati sui 431 usciti fino ad oggi, con 40 titoli (finanziati perlopiù da TPS+20 autori, ma anche da PR) l’Italia si situa al quarto posto, dopo Spagna (80), Francia (56) e Bulgaria (42) e prima di Germania (27), Polonia (26), Stati Uniti (23), Ungheria (17), Gran Bretagna (16), Repubblica Ceca (16), Svezia (13) e Grecia (10) (cito solo i paesi con almeno 10 titoli), ovvero tra i paesi che più hanno usufruito dei programmi di sostegno editoriale dell’ICR: da soli, i primi quattro paesi assommano infatti a poco più della metà (218) del numero totale delle pubblicazione a oggi finanziate dall’ICR (431).

Il successo italiano di tali programmi è stato determinato, credo, anche dal fatto che essi, da un lato, sono giunti a sostegno dell’attività di lungo corso di traduttori eccellenti e sperimentati, soprattutto con incarichi universitari, e dall’altro, hanno coinciso con l’entrata sul mercato di una nuova generazione di traduttori dal romeno all’italiano (determinata in parte dall’ICR attraverso specifici programmai di borse per traduttori “in formazione”), dinamici e motivati, molti esterni all’accademia, formatisi alla scuola della romenistica italiana o usciti dalle recenti generazioni di “romeni-italiani” bilingui. Accademici o freelancer, ciascuno dalla propria specifica posizione i traduttori dal romeno hanno generalmente facilitato l’accesso ai programmi di supporto alla traduzione sopra menzionati, facendosi carico nei confronti degli editori del ruolo del consulente editoriale e nei confronti degli autori di quello di agente letterario, mediando con successo il contatto tra editori e ICR.

3.3.

Dei 61 titoli di narrativa romena pubblicati in Italia dal 2007 (anno in cui escono le prime pubblicazioni finanziate dai programmi del CenNaC) a oggi, quasi la metà (28) sono stati finanziati dall’ICR tramite TPS(24) o 20 autori (4): 2007: 1 titoli – 25% del totale, 2008: 0 – 0%, 2009: 0 – 0%, 2010: 8 – 88,9%, 2011: 7 – 63,6%, 2012: 9 – 69,2%, 2013: 1 – 16,6%, 2014: 2 – 25% (i restanti titoli si collocano in categorie che qui ho scelto di non prendere in considerazione: libri d’arte, poesia, saggistica e narrativa tradotta da lingue diverse dal romeno).

Appare chiaro come il sostegno economico dell’ICR, di cui l’editoria italiana ha beneficiato soprattutto nel triennio 2010-2012 (24 su 28), renda conto dell’aumento notevole dei titoli tradotti e pubblicati in quel triennio (33), più del doppio rispetto sia al triennio immediatamente precedente (2007-09: 14 titoli, di cui uno solo finanziato dall’ICR) che al biennio immediatamente successivo (2013-14: 14 titoli, di cui solo tre finanziati dall’ICR), e come il numeri davvero fuori dall’ordinario del 2012 (13 titoli, con 9 finanziamenti ICR) siano in diretta dipendenza dall’altrettanto straordinaria, e prestigiosa, presenza torinese della Romania al Salone del libro.

Una presenza editoriale notevole, quindi, però non esclusivamente finanziata dalla Romania: sebbene il numero delle traduzioni del 2012 (13) sia in assoluto e di gran lunga il più alto degli ultimi venticinque anni (un sesto circa del totale), la percentuale di sostegno dell’ICR (9 titoli, pari al 69,2%, % del totale) è più bassa di quella del 2011 (7, pari al 63,6%) e molto inferiore a quella del 2010 (8, pari al 88,9%), che presenta il tasso di finanziamento più alto fino ad oggi; segno che una parte degli editori presenti al Salone ha scelto di assumersi in proprio l’onere e il “rischio” di proporre al pubblico italiano autori romeni.

3.4.

Come recita il vecchio adagio, tuttavia, «passata la festa, gabbato lo santo». E infatti nel 2013 i numeri tornano a dimensioni meno straordinarie, che restano però comunque alte rispetto alle cifre dei primi anni duemila: un dato interessante è proprio che anche non tenendo conto dei titoli finanziati dall’ICR il periodo 2007-14, nonostante l’andamento piuttosto irregolare (2007: 4; 2008: 3; 2009: 6, 2010: 1; 2011: 4; 2012: 3; 2013: 5; 2014: 6), presenta comunque una tendenza molto positiva rispetto al periodo precedente, con un numero di titoli (32) e una media annuale (4) notevolmente più alti (quasi quattro volte tanto) di quelli del periodo equivalente precedente (1998-2006: 9 titoli per una media annuale di 1,1).

Non è un caso, credo, se tale incremento segue immediatamente l’entrata della Romania nell’Unione europea (2007), e quindi il suo sempre maggiore coinvolgimento nel sistema europeo di valori e di scambi ancheculturali. L’ingresso nella UE, che giunge a conferire in un certo senso nuova legittimità e dignità (liberandola dalla sciaguratamente squalificante etichetta di extracomunitaria) alla consistente e diffusa presenza di romeni in Italia e alla loro progressiva integrazione legislativa e sociale, ha creato tra la fine del primo decennio del secolo e l’inizio del secondo le condizioni per un avvicinamento tra Italia e Romania che andasse finalmente aldilà dei pur importanti rapporti economici.

L’aumento generalizzato del numero di traduzioni non sponsorizzate di narrativa romena in italiano negli ultimi otto anni, e in particolare la crescita degli ultimi due, lasciano sperare che la moderata apertura di cui si è detto sopra sia un fenomeno consolidato o in via di consolidazione, in grado di resistere anche nel momento in cui il sostegno finanziario delle istituzioni romene dovesse venire meno, e che in generale la letteratura romena abbia ampliato in maniera stabile – benché sempre relativa – la sua presenza sul mercato italiano della cultura.

4. Le generazioni post-comuniste

Dal punto di vista del numero e del tipo di autori tradotti, il periodo 2005-2009 porta conferme e novità. Continua la pubblicazione di Norman Manea – che con ristampe e nuove edizioni di narrativa (Manea 2006, 2007, 2008 e 2009) e nuove uscite di saggistica conquista un suo posto sul mercato e nella cultura italiana – e di Mircea Cărtărescu – di cui esce il denso primo volume della trilogia Abbacinante (Cărtărescu 2007) e il più agile e leggero “divertimento” letterario intorno alla femminilità (Cărtărescu 2009) –, mentre arrivano sul mercato italiano altri nuovi e importanti nomi della prosa romena contemporanea nati – come Manea – prima dell’instaurazione del regime comunista: tra gli altri, escono un primo romanzo dello scrittore dell’esilio Paul Goma (2007, scritto tra ’85 e ’88 durante l’esilio in Francia e uscito dapprima in francese: L’art de la fugue, trad. du roumain par Alain Paruit, Paris, Julliard, 1990), una selezione di racconti fantastici della poetessa e prosatrice Ana Blandiana (2008), il romanzo distopico di A.E. Baconsky (2009; esempio di opera censurata a causa delle possibili letture antitotalitarie, scomode al regime: terminato nel 1970 e tradotto “illegalmente” in Germania occidentale alla metà degli anni Settanta, in Romania La chiesa nera ha circolato solo comesamizdat’ o sulle onde clandestine di Radio Europa Libera, vedendo la luce della stampa appena nel 1990), i racconti del prosatore della prima metà del Novecento Ion Agârbiceanu (2007) e le memorie dell’artista e folclorista Lena Costante (2007), un primo, doloroso eppure delicato esempio di “letteratura concentrazionaria” che va ad affiancarsi al già ricordato Diario di Steinhardt.

Il 2009 è l’anno in cui cominciano a essere tradotti in Italia anche altri autori – come Cărtărescu – nati e cresciuti dentro il comunismo, ad esempio Petru Cimpoeșu (2009), pubblicato da Castelvecchi, e il più giovane Dan Lungu (2009), pubblicato da Zonza di Cagliari, primo a essere tradotto in Italia di una nutrita serie di autori che si affermano letterariamente dopo la caduta del regime, riflettono entrambi con lucidità, ironia e senza commiserazione sul rapporto col passato comunista e sulle difficoltà della transizione al presente post-rivoluzionario. Liliana Corobca (2009), originaria della Repubblica di Moldavia, è autrice di un duro romanzo sulle “schiave del sesso”, sempre per Zonza.

4.1.

È però a partire dal fecondo triennio 2010-2012 che l’editoria italiana si apre davvero alla narrativa romena del dopo Ceauşescu. Accanto a opere di autori già presenti, come gli scrittori dell’esilio Goma (2010; originariamente uscito in francese: Le Calidor, trad. du roumain par Alain Paruit, Paris, A. Michel, 1987), Manea (2011), Eliade (2012) e Cărtărescu (2012), nel rispetto della fertile coabitazione generazionale che caratterizza il clima letterario della Romania di oggi vengono tradotte negli ultimi quattro anni un gran numero di opere appartenenti tanto ad autori delle nuove generazioni, che hanno debuttato negli ultimi decenni, quanto ad autori affermatisi o attivi già nell’ultimo periodo della dittatura, ma tutte scritte o riscritte dopo il 2000.

Troviamo così autori trenta-quarantenni come Dan Lungu (2010 e 2012, riedizione di Lungu 2009), Florina Ilis (2010 e 2012), Filip Florian (2010), Vasile Ernu (2010 e 2012), Lucian Dan Teodorovici (2011a e 2011b), Cecilia Ștefănescu (2011), Florin Lăzărescu (2011), Adrian Chivu (2011), Ana Maria Sandu 2012, Cezar Paul-Bădescu (2014) o Bogdan Suceavă (2014), colleghi di generazione letteraria con autori più maturi, come Doina Ruști (2010, 2012 e 2013), Tatiana Niculescu Bran (2013), Varujan Vosganian (2011), Stelian Tănase (2014), Florin Manolescu (2013), Adriana Bittel (2014), Stelian Ţurlea (2013), Radu Țuculescu (2013) e Nora Iuga (2011), accanto a personalità letterarie già pienamente consolidate prima del 2000 e ancora in piena attività, come Gabriela Adameșteanu (2010, 2012a e 2012b), Ana Blandiana (2012) o Dumitru Ţepeneag (2012) e molti altri. Costoro negli anni duemila scrivono nuovi libri e ripropongono opere degli anni settanta-ottanta e novanta in nuove edizioni, ponendo spesso rimedio vuoi ai danni causati della censura durante il regime vuoi alla scarsa reperibilità delle opere in questione a causa dello stato precario dell’editoria e della distribuzione libraria del primo decennio democratico.

Da più parti è stato osservato che la letteratura romena degli ultimi decenni si caratterizza per la compresenza attiva di generazioni e temperamenti, opzioni stilistiche, predilezioni tematiche e preferenze letterarie anche molto diversi fra loro, che convivono e dialogano a varie voci, con gli accenti quando dell’ironia disincanta quando della riflessione grave, soprattutto intorno ai grandi temi del confronto con il passato recente, della relazione con un presente sfuggente e multiforme e dell’incontro con l’Altro dopo mezzo secolo di chiusura e di involuzione intellettuale e sociale.

4.2.

Va osservato che la stragrande maggioranza degli autori tradotti appartiene alle “scuderie” di tre case editrici: la Polirom di Iaşi, la Humanitas e la Cartea Românească di Bucarest. Quest’ultima casa editrice, che rappresenta il più antico marchio editoriale romeno (fu fondata nel 1919 e smantellata dal regime popolare nel 1948 per rinascere solo nel 1970 come casa editrice dell’Unione degli Scrittori di Romania sotto la direzione del romanziere Marin Preda, in seguito alla riforma dell’editoria dei primi anni del regime Ceauşescu) e fino al 1989 è stata la più importante casa editrice letteraria romena, in seguito alla grave crisi finanziaria attraversata tra anni novanta e primi anni duemila si avvale dal 2005 del supporto logistico, manageriale e finanziario della Polirom, divenendo in pratica un “marchio” di quest’ultima.

Fondata nel 1995 e diventata un nome di punta soprattutto a partire dai primi anni duemila, con una sessantina di serie e collane, circa seimila titoli e oltre 13 milioni di volumi pubblicati, la Polirom è oggi, sotto la direzione di Silviu Lupescu, la più grande casa editrice romena e certamente una delle più importanti per la letteratura (il 35% dei titoli del catalogo storico Polirom sono di letteratura romena e universale) e in particolare per quella romena contemporanea, cui ha dedicato da sempre un’attenzione particolare con collane mirate come le “storiche” «EGO. PROZA», attualmente diretta dallo scrittore L.D. Teodorovici, e «Fiction ltd.», «una “provocazione” alla realtà da parte della letteratura», e numerose serie “d’autore” (tra i prosatori tradotti in italiano, vi troviamo Şt. Agopian e G. Adameşteanu). La scommessa della Polirom con la letteratura “giovane” (non necessariamente scritta da autori anagraficamente “giovani”) comincia nel 2004, con la pubblicazione di una quindicina di giovani prosatori e la successiva creazione della collana dedicata «EGO. PROZA», diventata in brevissimo tempo un fenomeno editoriale di portata tale da indurre la stampa e la critica a parlare di una vera e propria “generazione Polirom” nella narrativa romena contemporanea, di cui molti rappresentanti sono tradotti in italiano (ad es. Teodorovici, Lazărescu, Paul Bădescu o Lungu).

Al di là della resistenza al tempo delle opere pubblicate, resta il fatto che l’impegno editoriale e promozionale della Polirom nei confronti della letteratura romena “giovane” ha segnato profondamente il panorama culturale della Romania degli ultimi dieci anni, a fianco certamente dalla parallela attenzione per autori già affermati, e ha imposto decisamente il catalogo Polirom – ulteriormente rafforzato dall’acquisizione di Cartea Românească – come un punto di riferimento ineludibile non solo per il mercato interno ma anche per traduttori ed editori stranieri (anche con il rischio, a volte, di trascurare case editrici interessanti ma non altrettanto ben distribuite e mediaticamente esposte). Cartea Românească e Polirom insieme, con rispettivamente quattro autori (contando solo quelli pubblicati nel periodo di “gestione Polirom”) e una quindicina di autori tradotti (il numero può variare di qualche unità se si tiene conto del fatto che alcuni autori sono stati pubblicati originariamente da altre case editrici e sono poi approdati a Polirom, come Norman Manea, Paul Goma, Nicolae Breban, Ştefan Agopian e Gabriela Adameşteanu oppure Cecilia Ştefănescu, Petru Cimpoeşu o Tatiana Niculescu Bran) “coprono” più o meno la metà dei volumi e degli autori tradotti negli ultimi dieci anni (oltre trenta volumi nel periodo 2004-2014, che conta una sessantina di titoli in totale).

Fondata nel 1990 da Gabriel Liiceanu, la Humanitas è senza dubbio la casa editrice romena più importante degli anni novanta, in particolare sul profilo saggistico ma con alcuni grandi nomi anche sul versante narrativo. La Humanitas si è assunta e ha portato avanti con grande successo il duplice compito di riannodare i legami con le radici letterarie e culturali della Romania interbellica, negate e ostracizzate nei cinquant’anni di totalitarismo, e di ritrovare la perduta sincronia con il movimento di idee politico, filosofico, sociologico ecc. dello spazio euro-americano. In questo progetto editoriale si inquadrano, ad esempio, sia il fondamentale recupero dei grandi nomi della generazione del ’27 e dell’esilio, quali Constantin Noica, Mircea Eliade, Emil Cioran, Virgil Ierunca (ciascuno con una propria serie “d’autore”) e Monica Lovinescu, sia l’attenzione per la letteratura e la memorialistica contemporanea: tra quanto tradotto in italiano, nel primo comparto si collocano in particolare i nomi eccellenti di Mircea Cărtărescu e Ana Blandiana (anch’essi con una propria serie “d’autore”), nel secondo le opere di Lena Constante e Micaela Ghiţescu, entrambe nella collana «Memorii/Jurnale/Călătorii» (Memorie/Diari/Viaggi).

Con una dozzina circa di volumi e poco meno di una decina di autori tradotti, la Humanitas si attesa numericamente in una posizione di minoranza sul mercato delle traduzioni italiane, compensata tuttavia dalla qualità dei titoli e degli autori pubblicati, rappresentati in campo strettamente letterario soprattutto da Cărtărescu, Blandiana e in una certa misura Eliade, anche lui autore di punta del catalogo Humanitas.

Accanto agli autori appartenenti alle scuderie di questi due colossi editoriali troviamo tradotto in italiano anche un numero molto più esiguo di volumi pubblicati negli ultimi dieci anni da altre case editrici, tra cui Curtea Veche, Trei (con autori degli anni duemila e duemiladieci) e Allfa (con autori degli anni novanta) di Bucarest e la storica Dacia di Cluj-Napoca (importante soprattutto negli anni novanta per la pubblicazione delDiario di Steinhardt e dei primi volumi di Manea, oggi “autore Polirom”).

4.3.

La maggior parte delle opere di narrativa romena tradotte in Italia nell’ultimo decennio si colloca dunque nell’ambito della letteratura “giovane” e più in generale della letteratura contemporanea degli anni 2000 di Polirom/Cartea Românească, Humanitas e qualche altra casa editrice. Ad esempio, degli otto libri tradotti nel 2014 sei sono usciti in Romania dopo il 2000, uno negli anni Novanta e uno nel periodo interbellico; dei sei volumi del 2013, cinque sono posteriori al 2000 (tre del 2009, uno del 2006 e uno del 2002, ma riedito nel 2009) e uno è della metà degli anni sessanta (ma riedito a metà anni novanta); allo stesso modo, dei 14 volumi tradotti nel 2012, metà sono successivi al 2000, uno è degli anni novanta, uno degli anni settanta e tre degli anni ottanta (di questi, metà pubblicati in nuove edizioni negli anni duemila); e solo due del periodo tra le due guerre mondiali. La narrativa posteriore al 2000 (contando anche nuove edizioni di volumi dei decenni precedenti) domina nettamente anche il triennio 2009-2011, mentre nel 2000-2008 predominano le traduzioni di opere degli anni ottanta e novanta, che fanno la parte del leone anche nelle traduzioni degli anni novanta. Nel complesso, le traduzioni italiane di prosa romena degli ultimi quindici anni si dimostrano quindi piuttosto “sincroniche” rispetto alle uscite romene, con qualche puntata nel passato meno recente. Tale “sincronia” si accentua decisamente dopo il 2007-08, quando l’attenzione di nuovi editori e traduttori, sostenuta dai programmi dell’ICR, si rivolge perlopiù alla prosa degli anni duemila.

Accanto a questa, come si è detto, vengono però tradotte anche alcune opere del “vecchio millennio”. Prima di tutto alcuni titoli degli anni sessanta-novanta: i racconti di Breban 2013 (parabole di un mondo “privo di padroni” in cui gli elementi più deboli della società, anziani, donne e bambini, diventano carnefici di sé stessi), il “giallo minerario” di Popescu 2010 (un’allegorica discesa nelle viscere della terra e del sistema disumanizzante del regime), Nedelcovici 2014 (storia di una donna alla ricerca del senso dell’amore e aldilà dell’amore, originariamente pubblicato in versione francese: Le matin d’une miracle, trad. di Alain Paruit, Arles, Actes Sud, 1992, l’autore essendo espatriato nel 1987, agli sgoccioli del periodo Ceauşescu) e Agopian 2012 (un breve “romanzo di racconti” ironico e fantastico, malinconico e picaresco, metaforico e allusivo, uno dei libri più intriganti e amati della letteratura romena sotto la dittatura); ma troviamo anche qualche classico del primo Novecento. Uno è il celeberrimo e attualissimo commediografo e autore di prosa breve e brevissima Ion Luca Caragiale (2011), assai tradotto ma in edizioni ormai introvabili e recentemente riedito con una serie di folgoranti sketch. Di suo figlio Matei I. Caragiale (2014), raffinato esteta della scrittura, si propone in nuova traduzione il testo più famoso, I principi della Corte-Antica (Craii de Curtea-Veche, 1929), un vero e proprio libro-culto della letteratura romena moderna, votato addirittura il miglior romanzo romeno di tutti i tempi e già tradotto in italiano in Romania nel 1980. Accanto a loro vanno annoverati il prosatore surrealista sui generis Max Blecher (2012), con il visionario romanzo Accadimenti nell’irrealtà immediata [Întâmplări în irealitatea imediată, 1936], e il poeta surrealista Gherasim Luca (2011), con il testo-manifesto in prosaL’inventore dell’amore [Inventatorul iubirii, 1945].

5. Editori e traduttori benemeriti

Queste le dimensioni e le caratteristiche generali del moltiplicarsi della traduzioni di narrativa romena in italiano nell’ultimo decennio circa, che, relativamente al passato, si presenta certo spettacolare. Per tentare di capire meglio a che tipo di fenomeno ci troviamo davanti, e quindi in che direzione stia andando o possa andare, occorre però fare ancora qualche breve considerazione intorno agli autori tradotti, alle case editrici italiane e ai traduttori più impegnati nella pubblicazione di opere di narrativa romena in Italia negli ultimi anni.

5.1.

Il numero di autori romeno tradotti in Italia con opere di narrativa nel periodo 1990-2014 è 49. E a parte Eliade, già tradotto negli anni ottanta, quasi tutti i narratori pubblicati nel periodo 1990-2014 sono novità. Manea è la grande promessa degli anni novanta (tre titoli, più una riedizione), ampiamente mantenuta nel decennio successivo (due nuovi titoli, cinque riedizioni), così come Cărtărescu è quella dei duemila (quattro titoli e una nuova edizione). Tuttavia la maggior parte degli autori pubblicati negli anni duemila è uscita allora per la prima volta in italiano.

Di questi 49 autori, però, soltanto 11 sono presenti con più di un titolo, e solo 5 con tre o più titoli. Gli autori romeni più tradotti nell’ultimo venticinquennio (menziono solo quelli con almeno due volumi tradotti) sono: Norman Manea: 5 titoli (10 uscite, tra nuove edizioni e riedizioni); Eliade: 5 titoli (3 novità e 2 riedizioni degli anni ottanta); Cărtărescu: 4 titoli (con una nuova edizione); Gabriela Adameşteanu: 3 titoli; Doina Ruşti: 3 titoli; Dan Lungu: 2 titoli e una nuova edizione; e infine Lucian Dan Teodorovici, Ana Blandiana, Vasile Ernu, Paul Goma, Florina Ilis: 2 titoli ciascuno. Ciò significa che tre quarti circa dei narratori romeni tradotti in italiano è presente sul mercato con un unico volume. In effetti, le uscite dei cinque autori che hanno tre o più libri tradotti (Manea, Eliade, Cărtărescu, Adameşteanu e Ruşti, per un totale di 26 uscite), ovvero le pubblicazioni di un decimo circa del totale degli scrittori romeni pubblicati in italiano (49), assommano da sole a un terzo circa delle uscite complessive di narrativa romena in italiano (79). Si nota quindi una certa “dispersione”, pochi autori con tanti libri e molti autori con un solo libro o poco più a testa. Di questi cinque, inoltre, solo la pubblicazione di Eliade, Manea e Cărtărescu dà prova di continuità e stabilità nel tempo, le pubblicazione delle loro opere distribuendosi più o meno uniformemente lungo l’intero arco del periodo in questione (Eliade in realtà è tradotto/ristampato regolarmente come narratore soprattutto negli anni ottanta, mentre tra anni novanta e duemila le uscite letterarie si diradano notevolmente in conseguenza di una certaimpasse editoriale).

Tale stato di cose lascia intravedere da parte degli editori italiani una strategia di investimento sulla “letteratura” come fenomeno più che sugli “scrittori” come personalità a sé stanti, probabilmente conseguenza, da un lato, della curiosità della scoperta da parte di un segmento dell’editoria italiana, verso la fine del primo decennio del secolo, di una letteratura fino ad allora ben poco frequentata, ancora in attesa di trovare, come invece altre letterature dell’Europa orientale, ad esempio la serbo-croata e l’ungherese, una nicchia editoriale dedicata; dall’alto, dal fatto che l’ICR – un po’ naturalmente, in quanto istituzione pubblica che non dovrebbe fare favoritismi, e un po’ studiatamente, per tutelarsi proprio da eventuali accuse di tale natura – ha teso a “parcellizzare” le proprie risorse ampliando la palette di autori pubblicati.

5.2.

Le case editrici che hanno pubblicato i 49 autori in questione sono 41, di cui solo 13 con più di 1 titolo e 9 con 3 o più titoli: Aìsara di Cagliari, con 6 titoli per 5 autori; il Saggiatore di Milano, con 5 titoli (7 uscite) per un autore; Jaca Book di Milano, 5 titoli per un autore; Voland di Roma, 5 titoli (6 uscite), per due autori; Rediviva di Milano, 5 titoli per 5 autori; Atmosphere di Roma, 4 titoli per 4 autori; Nikita di Firenze, 4 titoli per 4 autori; Hacca di Matelica, 3 titoli per 2 autori; Keller di Rovereto, 3 titoli per 3 autori; Saecula di Montorso Vicentino, 2 titoli per 2 autori; Anfora di Milano, 2 titoli per 2 autori; Aracne di Roma, 2 titoli per 2 autori; Bonanno di Acireale, 2 titoli per 2 autori; Zonza di Cagliari, 2 titoli per 2 autori.

Come già per il rapporto tra numero di autori e numero di volumi, anche nel caso della proporzione tra editori e autori notiamo una certa “dispersione”: due terzi circa degli editori che hanno pubblicato narrativa romena si sono limitati a un unico volume, tra cui alcune importanti case editrici grandi e medie (Baldini & Castoldi di Milano; Castelvecchi, Fazi, Feltrinelli, ISBN e Rizzoli di Milano; Manni di Lecce, Salerno e nottetempo di Roma) che, messo a catalogo un autore romeno, hanno poi tirato i remi in barca. La maggior parte delle pubblicazioni di letteratura romena è quindi affidata soprattutto a case editrici piccole o medio-piccole, alcune coraggiose, dinamiche, realmente impegnate e con un progetto editoriale coerente; altre invece meno solide o semplicemente in cerca dell’occasionale boccata d’ossigeno offerta da un finanziamento esterno. Se da un lato questo è stimolante per la sua dinamicità, dall’altro può essere problematico dal punto di vista della visibilità e della distribuzione, per non dire di quei casi in cui la casa editrice chiude i battenti e i libri escono di circolazione (v. sotto).

In questo contesto, una relazione privilegiata tra un autore romeno e un editore che decida di puntare su lui come progetto editoriale a lungo termine fatica a stabilirsi. Pochissimi sono infatti gli autori che pubblicano più titoli presso uno stesso editore: Manea: 5 titoli da il Saggiatore; Eliade: 5 da Jaca Book; Cărtărescu: 4 da Voland; Ernu: 2 da Hacca; Blandiana: 2 da Saecula; Lucian Dan Teodorovici: 2 da Aìsara. È però significativo che, tra le case editrice più attive, questo si verifichi in circa un terzo dei casi. Degli autori più tradotti sopra elencati, a parte i già menzionati Manea, Eliade e Cărtărescu, Ernu, Blandiana e Teodorovici, tutti pubblicati presso un unico editore, gli altri si dividono tra due o più editori, come nel caso di Doina Ruşti: 3 titoli presso 3 editori, Dan Lungu: 2 per 3 [sic!], Florina Ilis: 2 per 2, cosa alquanto sorprendente soprattutto nel caso di autori noti e affermati in Romania e altrove e di sicuro spessore e forza, come Gabriela Adameşteanu (3 titoli, 3 editori) o Paul Goma (2 per 2).

Tra le case editrici con quattro o più titoli romeni in catalogo si osserva più chiaramente l’esistenza, cui si accennava sopra, di due diverse politiche editoriali relative alla letteratura romena: da un lato, case editrici già affermate sul mercato puntano più cautamente solo – o soprattutto – su un autore (il Saggiatore, Jaca Book, Voland), mentre gran parte di quelle di più recente fondazione paiono più propense a cercare di conquistarsi nuovi spazi e nuovi lettori investendo su una letteratura e aprendosi a più autori, occupando in parte, in direzioni e con gradi di impegno diversi, la “nicchia editoriale” alla quale già si accennava sopra. È questo il caso, ad esempio, di Aìsara e recentemente di Rediviva, ma anche di Nikita o Atmosphere Libri. Tale strategia sembra però, per varie ragioni, essere destinata a minore fortuna (non da ultimo, certamente, a causa delle gravi difficoltà economiche e della crisi d’identità che l’editoria “analogica” tutta si trova a dover fronteggiare), tanto che alcune delle case editrici più impegnate sul fronte delle traduzioni dal romeno sono uscite dal mercato, purtroppo insieme ai numerosi titoli da loro pubblicati, come le ricordate Aìsara (che già aveva assorbito i titoli romeni dell’entusiasta della prima ora Zonza, presto uscito di scena) e Nikita-Barbès.

5.3.

Per quanto riguarda i traduttori, contando solo le nuove traduzioni e solo i volumi d’autore, nel periodo 1990-2014 se ne contano 27, di cui circa la metà (12) con più di un titolo all’attivo: 6 con 2-4 titoli e 6 con 5-10 titoli; cito solo quelli che hanno tradotto almeno due volumi di narrativa, contando le traduzioni in collaborazione una volta per ciascun traduttore: Ileana Maria Pop: 9; Marco Cugno: 8; Mauro Barindi: 7; Anita Natascia Bernacchia: 6; Bruno Mazzoni: 6; Roberto Merlo: 5; Ingrid Beatrice Coman: 4; Celestina Fanella: 3; Maria Luisa Lombardo: 2; Angela Tarantino: 2; Giovanni Rotiroti: 2; Cristiana Francone: 2.

Nell’osservare chi ha tradotto chi, si nota come nel caso degli editori l’assenza di una relazione editoriale (non parliamo certo di affetti e simpatie umane!) stabile tra autore e traduttore. Pochi sono infatti i traduttori che hanno tradotto due o più opere del medesimo autore. Le “relazioni” più stabili sono: Cugno (5 Manea); Mazzoni (4 Cărtărescu), seguiti a una certa distanza da Barindi (2 Ilis); Bernacchia (2 Ernu); Fanella (2 Eliade); Merlo (2 Adameşteanu); Pop (2 Teodorovici). Ciò credo sia dovuto in parte al numero limitato di opere tradotte per autore (v. sopra) e in parte al carattere ancora in fieri della produzione di moltissimi narratori romeni tradotti in italiano negli ultimi anni, esordienti perlopiù – come si è detto – dopo il 2000.

Raro non è neppure il caso opposto: un autore con più traduttori. Gabriela Adameşteanu è tradotta da Merlo, Francone e Fanella; Doina Ruşti da Merlo e Coman; Paul Goma da Cugno e Zaffi; Dan Lungu da Bernacchia e Pop. Tale fatto è dovuto in alcuni casi all’esistenza di relazioni di lavoro privilegiate tra un certo editore e un certo traduttore, altre volte semplicemente all’inconciliabilità tra gli impegni del traduttore e quelli dell’editore o dell’autore. È possibile però osservare in simili casi una sorta di incipiente “specializzazione” per generi, come nel caso di Ana Blandiana, tradotta come poeta da Mazzoni, come narratrice da Cugno e come saggista da Barindi; o per stili, come nel caso di Gabriela Adameşteanu, la cui narrativa più sperimentale è stata tradotta da Merlo e quella più “classica” da Fanella e Francone. O ancora si nota la predilezione di un traduttore per certe epoche e correnti, come nel caso di Rotiroti, che privilegia autori nell’orbita delle avanguardie interbelliche come Urmuz e Gherasim Luca. Più rara è invece la felice “triangolazione” tra autore, editore e traduttore osservabile nel caso dei due più importanti scrittori romeni tradotti in Italia, Mircea Cărtărescu, tradotto per Voland da Mazzoni, e Norman Manea, tradotto negli ultimi anni per il Saggiatore da Cugno (purtroppo venuto a mancare nel 2012), che contribuisce a consolidare la presenza dell’autore sul mercato e nella coscienza di editori e lettori.

Il panorama professionale e generazionale dei traduttori si presenta piuttosto variegato: da un lato, abbiamo i docenti-traduttori, romenisti titolari di insegnamenti di lingua e letteratura romena presso atenei italiani (Cugno già a Torino, Mazzoni a Pisa, Tarantino a Firenze e poi Roma, Fanella a Udine, Rotiroti a Napoli, Merlo a Torino); dall’altro abbiamo traduttori esterni all’accademia (la maggior parte), alcuni bilingui che hanno portato il romeno con sé come lingua madre nel contesto dei processi migratori degli anni novanta (es. Pop e Coman, quest’ultima anche apprezzata scrittrice in italiano), altri accostatisi al romeno e formatisi come romenisti attraverso l’università italiana (ad esempio, Barindi a Padova, Francone a Torino, Lombardo a Catania) e periodi di studio e ricerca e/o lavoro in Romania. Da un lato, abbiamo alcuni specialisti di lungo e medio corso, come Cugno, Mazzoni, Fanella e Tarantino, dall’altra gli esordienti degli anni 2000. Età ed esperienza eterogenee, scuole e percorsi formativi diversi, storie personali e progetti individuali differenti, che però contribuiscono da varie prospettive – a volte collaborando fra loro – per dare impeto e sostanza alla relativa esplosione delle narrativa romena in italiano degli ultimi anni.

6. Dispersione e frammentazione

79 uscite, 49 autori, 41 editori, 28 traduttori: numeri che parlano di un sicuro fermento, ma anche di una certa “dispersione”; per una narrativa come quella romena, relativamente “nuova” sul mercato italiano – a parte di casi “d’autore” come Eliade e Manea e in crescente misura Cărtărescu – e ancora in cerca di un suo spazio e di un suo pubblico, una simile frammentazione ha come conseguenza che, nonostante l’elevato numero di traduzioni di letteratura romena rispetto al passato, è ancora difficile individuare non solo una casa editrice specializzata, che possa essere almeno in parte associata decisamente alla letteratura romena (come prometteva di essere la defunta Aìsara), ma anche case editrici associate a un autore più che a una letteratura. In questa fase per molti versi nuova (moderato interesse del mercato, presenza di sostegno finanziario), editori e lettori – difficile dire chi sia complice di chi – paiono scommettere più sulla novità del fenomeno (la letteratura romena) che sul valore del singolo (l’autore romeno), che certo resta comunque il dato di base.

Nel parlare dei prosatori di lingua romena oggi presenti sul mercato italiano occorre quindi distinguere tra percorsi individuali e percorsi collettivi. La pubblicazione di autori dell’esilio come Eliade (soprattutto negli anni ottanta-novanta) e Manea (dal 1990 a oggi) pare seguire tragitti in gran parte indipendenti dalle sorti della letteratura romena nell’editoria e nella cultura italiana, secondo un destino editoriale e culturale individuale “d’autore”; e lo stesso sembra valere in parte pure per Mircea Cărtărescu, anch’egli avviato lungo un percorso editoriale “d’autore”.

Gli autori della nutrita pletora tradotta negli ultimi tre-quattro anni, invece, faticano ancora a trovare una propria individualità editoriale, confluendo invece nel più ampio fenomeno letterario “Romania”, legato mi pare più a una curiosità generale per un paese di cui in Italia si sa ancora realmente poco o nulla che non a una ricerca specificamente letteraria, da parte di editori e lettori, di scrittori su cui puntare.

È inoltre cosa certamente più che positiva che negli ultimi anni si sia tradotto tanto e con tanta costanza, e che grazie alla presenza di numerosissimi autori degli anni 2000, i due mercati editoriali (a differenza di quanto accadeva nei decenni passati) si muovano finalmente in parziale ma sostanziale sincronia. Mentre fino a poco tempo era quasi impossibile poter leggere in italiano un libro di un autore romeno a relativamente poca distanza dalla sua pubblicazione in Romania (vedi sopra), oggi questa è una possibilità concreta. Un lettore nostrano volenteroso ha oggi a disposizione una discreta selezione di opere di narrativa romena contemporanea in traduzione, sufficiente a formarsi una prima idea delle tematiche e delle modalità narrative di alcune direzioni importanti imboccate dalla letteratura nella Romania degli ultimi dieci-vent’anni, con l’occasionale ma spesso significativo scorcio sul passato, così come dalla letteratura dell’esilio.

Questa esplosione compressa in pochi anni dà però anche origine a deformazioni prospettiche: attraverso le traduzioni italiane, la narrativa romena contemporanea appare come un albero rigoglioso e ricco di frutti, ma dalle radici poco profonde. Dal mercato italiano si vedono infatti poco o nulla i “classici”, le radici profonde dell’albero: mancano opere e autori importanti (cito a caso tra i primi che mi vengono in mente: Mara di Ioan Slavici, Hortesia Papadat-Bengescu, Camil Petrescu, Sorin Titel e Ştefan Bănulescu; ma anche moltissimi altri), e anche il già tradotto, spesso oggi introvabile, abbisogna di nuove edizioni o di nuove traduzioni (due su tutti, Ion Luca Caragiale e Baltagul [La scure] di Mihail Sadoveanu).

Continuando certo a tradurre letteratura d’oggi, magari con una maggiore attenzione a individuare possibili percorsi “d’autore”, più meditati e solidi (e in questo mi ci metto anche io, come traduttore e docente di letteratura romena), è opportuno continuare a proporre anche autori di ieri e ieri l’altro (come hanno fatto ad esempio Rediviva con Nicolae Breban e Matei Caragiale, Mazzoni con Max Blecher per Keller, Adriana Senatore con Ion Agârbiceanu o Giovanni Rotiroti con Urmuz e Gherasim Luca).

In conclusione, mi pare che si possa dire che la situazione odierna delle traduzioni di narrativa romena in Italia sia piuttosto positiva: gli autori romeni da tradurre non mancano, i traduttori ci sono e case editrici interessate (per ora) anche; se a questo si aggiunge il sostegno dell’ICR – che si spera continui a essere presente ma anche che rappresenti sempre meno frequentemente una conditio sine qua non – le premesse di un ulteriore sviluppo direi che ci sono e sono ottimali. E credo che se il naturale e positivo fermento degli ultimi quattro-cinque anni saprà far fronte all’eccessiva dispersione cristallizzando progetti editoriali differenziati, non dubito che da tale sviluppo sapranno trarre grandi benefici sia la cultura romena che quella italiana.

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