Centro Culturale Italo Romeno
Milano

Il cinema romeno conquista la giuria e il pubblico del Trieste Film Festival 2016

Feb 8, 2016

Alexandru Belc

Cinema mon Amour: di Alexandru  Belc

Ogni sala cinematografica ha una storia. Un racconto di solitudine, amicizia, speranza e sogni non realizzati. Il proprietario di questo cinema nella provincia rumena dimostra come occorra essere creativi(e un po’ folli) in tempo di crisi.

Oggi, in tutta la Romania, sono rimaste appena trenta sale cinematografiche. Una miseria, per un settore costretto ad andare avanti fra il disinteresse del pubblico e quello delle autorità, un settore abbandonato a se stesso eppure in qualche modo ancora in piedi per la sola passione, folle, di chi ci lavora e lo porta avanti. Cinema, mon amour, del giovane  documentarista Alexandru Belc presentato al Trieste Film Festival 2016, racconta la storia di Victor Purice e della sua battaglia quotidiana per salvare il Dacia Panoramic Cinema a Piatra Neamt, una delle ultime vecchie sale cinematografiche sopravvissute oggi in Romania. Un cinema dove manca il riscaldamento e che sta lentamente cadendo a pezzi, senza alcun sostegno da parte dello Stato.

È stata notevole l’intuizione iniziale di Alexandru Belc, regista di questo interessante lavoro cinematografico partito con l’obiettivo di investigare sull’impressionante calo numerico delle sale, nella Romania post-Ceausescu, ma dirottato sulla storia di questo cinema che valeva assolutamente la pena raccontare. Quasi quattro anni di riprese, per documentare le difficoltà, le soluzioni spesso fantasiose, i cambiamenti, i piccoli e grandi eroismi di un uomo che ama visceralmente il Cinema, disposto a tutto pur di avere ancora tre o quattro persone in sala pronte a ridere,a piangere e a sognare.

Le didascalie iniziali offrono dati da brivido. Prima del crollo del regime comunista erano attive oltre 400 sale, mentre ora ne  rimangono appena una trentina. Un autentico genocidio culturale, quello che ha avuto luogo in Romania come in altri paesi del blocco orientale da ricondurre a diversi fattori tra cui  la mancanza  di un sostegno statale, la cessione degli spazi più ambiti ad altre attività commerciali, la difficoltà degli esercenti più piccoli a reggere il passo dell’evoluzione tecnologica e soprattutto l’emergere di altre forme di fruizione dei prodotti audiovisivi, quali computer e telefonini.

Alexandru Belc, dopo varie ricerche in giro per la Romania, decide di concentrare tutta la sua attenzione sul caso del Dacia Panoramic Cinema.  Il regista sceglie di assumere una posizione quasi defilata, per lasciare la massima libertà di espressione a Victor Purice, il quale, col sostegno di alcune adorabili collaboratrici, si ingegna in tutti i modi pur di tenere aperto il suo cinema. Racconti nostalgici di un passato in cui la sala si riempiva per film americani di culto e centinaia di posti risultavano occupati. Proiezioni fatte oggi per pochissimi spettatori. Eventi speciali creati per i bambini e le loro famiglie, con film d’animazione scelti direttamente da loro. Momenti di svago affrontati suonando la chitarra. Stratagemmi incredibili adoperati per riscaldare la platea, nonostante non vi sia più da tempo un impianto apposito. Contatti con le autorità dagli esiti alterni, per ottenere qualche piccolo sostegno economico che consenta di rimodernare il cinema e comprare attrezzatura moderna.

Il regista ritrae un personaggio e un ambiente che trasuda umanità da tutti i pori, un ritratto che riesce benissimo nell’impresa di sensibilizzare lo spettatore; bravo perciò l’autore, nel creare un legame empatico tra il pubblico e i protagonisti di questa pittoresca, raccontata qui tra lampi di ironia e quadretti che suscitano una compassione e tenerezza. Belc fa sentire la passione inesausta, in una visione malinconica e vagamente nostalgica del passato, capace di aprirsi al futuro pur di far restare intatto il desiderio.

Protagonista indiscusso dell’ultima edizione del  festival per questo motivo, il 27° Trieste Film Festival ha voluto dedicare proprio a lui un premio speciale, il Cinema Warrior 2016 – Cultural Resistance Award : per l’ostinazione, il sacrificio e la follia di quei “guerrieri” che lavorano – o meglio: combattono – dietro le quinte per il cinema. Una storia “universale” (come dimostrano tanti casi analoghi in giro per il mondo, Italia compresa), e un modo per “risarcire” quell’esercito di addetti ai lavori che, lontani dai riflettori, ci permettono ancora di assaporare il piacere di sederci in platea a vedere un film.

Claudia Bolboceanu

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