Centro Culturale Italo Romeno
Milano

Emil Cioran. La vita e la carriera (1)

Ott 8, 2010

FOTO. La casa natale di Emil Cioran, Rasinari/Sibiu

Emil M. Cioran. “La vita e la carriera” di Irina Turcanu

Proponiamo ai visitatori del nostro sito uno studio approfondito sulla la vita e la carriera di Emil M. Cioran, in tre successive parti. Di seguito, la prima

Emil M. Cioran nasce in un angolo dell’Europa[1], a Răşinari, nel 1911, nello stesso paese di Octavian Goga. È il figlio maggiore di un prete ortodosso e della presidentessa dell’associazione locale delle donne di religione ortodossa, radici che porta Geo Săvulescu a intravedere negli scritti cioraniani un’apertura verso la conoscenza della verità cristiana attraverso la negazione della spiegazione razionale di un uomo senza Dio[2].

Frequenta tra il 1928 ed il 1931 l’Università di Lettere e Filosofia di Bucarest dove ha come principali professori Constantin Radulescu-Motru, Eugen Ionescu, mentre colleghi sono Mircea Eliade e Costantin Noica. Nel 1932 si laurea con una tesi su Bergson.

Il 1934 segna l’esordio letterario-filosofico con la pubblicazione del libro “Pe culmile disperarii” (Al culmine della disperazione) che traccia già gli aspetti fondamentali del suo pensiero.

Nel 1936 insegna filosofia nei licei di Brasov e Sibiu, esperienza estremamente negativa che lo porterà a rifiutare ogni altro carico accademico, mentre ai suoi allievi lascerà un ricordo avvolto da una sfumatura di insolito, dovuto al modo in cui Cioran professava il suo temporaneo mestiere[3]. Nello stesso anno pubblica, in lingua romena, Cartea amagirilor (Il libro delle lusinghe) incentrato sul pensiero negativo.

Nel 1937 pubblica una significativa opera, Schimbarea la fata a Romaniei (La trasfigurazione della Romania), volume che presenta la militanza politica di Cioran e dalla quale si allontanerà, definendola, nei periodi di importante pressione comunista romena, il risultato di un entusiasmo giovanile. Nel 1937 si trova a Parigi dove inizia la sua esperienza da esule che lo allontana dalla sua patria e dalla cultura di origine senza però cancellare la presenza interiore del suo paese nativo. In alcune intercettazioni della Securitate comunista[4] Cioran, parlando con suo fratello Aurel, esprimerà il suo desiderio di tornare in Romania verso la quale provava un’incommensurabile nostalgia, e lo avrebbe fatto solo all’insaputa di tutti, obiettivo impossibile nel clima comunista nel quale era precipitata la Romania dopo la seconda guerra mondiale.

Il soggiorno in Francia è garantito da una borsa di studio, ma prima di partire Cioran tenta la pubblicazione di “Lacrimi si sfinti” (Lacrime e santi) nel quale esprime una critica severa nei confronti della religiosità tradizionale del proprio paese. Opera che verrà pubblicata a proprie spese, ma il volume uscirà soltanto nel 1986 in lingua francese (Des larmes et des saints). Nel 1937 Cioran si stabilisce in Francia dalla quale non farà più ritorno nel suo paese d’origine, vivrà a Parigi, in povertà, nella mansarda di rue de l’Odéon.

Tra il 1937 e il 1949 le notizie biografiche sono scarse, durate questo periodo compone il suo primo volume in lingua francese: “Précis de décomposition” (Sommario di decomposizione), uno scritto che rappresenta il culmine del pensiero negativo di Cioran rispetto al quale i libri successivi specificano soltanto alcuni aspetti particolari. Nello stesso periodo continua a scrivere anche in romeno pubblicando, nel 1940, l’ultimo libro redatto nella sua madrelingua, Amurgul gandurilor (Il tramonto dei pensieri). È questo il momento in cui Cioran rinuncia alla madrelingua dando origine al suo esilio metafisico; si sente apolide e, come tale, vuole occuparsi delle sorti della condizione umana[5].

Nel 1952 esce un altro volume, Syllogismes de l’amertume (Sillogismi dell’amarezza) e nel 1956 egli pubblica La tentation d’exister (La tentazione di esistere). Successivamente, nel 1960, pubblica Histoire et utopie (Storia e utopia), lo scritto più impegnato sulla negatività della storia. Nel 1964 esce l’opera La chute dans le temps (La caduta nel tempo), seguita, nel 1969, da Le mauvais démiurge (Il funesto demiurgo). Nel 1973 appare il significativo volume De l’inconvénient d’être né (L’inconveniente di essere nato).  Nel 1977 pubblica il volume di riflessioni Essai sur la pensée réactionnaire (Saggio sul pensiero reazionario) su Joseph de Maistre, autore simbolo del pensiero reazionario. Nel 1979 pubblica l’opera dal titolo Ecartèlement (Squartamento).

Cioran riflette sugli autori che hanno segnato la cultura occidentale dando vita, nel 1986, ad un interessante volume dal titolo Exercises d’admiration (Esercizi d’ammirazione), una raccolta di saggi che spaziano da J. De Maistre, a Samuel Beckett, M. Eliade, Guido Ceronetti, ed altri.

Nel 1987 esce il volume sulla cultura buddista, costituente lo sfondo della sua rinuncia negativa ai miraggi dell’esistenza[6], dal titolo Aveaux et anathèmes (Confessioni e anatemi).

Nel 1991 pubblica la corrispondenza avuta con l’amico C. Noica, dal titolo L’amico lontano. Postumo, nel 1996, uscirà Anthologie du portrait de Saint-Simon à Tocqueville.

L’esistenza tormentata di Cioran, povera di eventi esteriori, è insignita di premi letterari, tutti rifiutati dall’autore, tranne il premio Rivarol, nel 1950.

Cioran dà alle stampe anche un insolito diario intellettuale di carattere autobiografico, intitolato Cahiers 1957-1972 (Quaderni 1957-1972).

Le riflessioni di Cioran sono immerse in una coltre di negatività sin dalle prime pagine delle sue opere, quando ancora ventenne uccide il filosofo appena nato in lui. Proseguirà su questa strada anche nelle opere della maturità, rinunciando soltanto all’entusiasmo che lo condusse a scrivere un testo che ha l’obiettivo di risuscitare l’animo umano, nello specifico quello romeno.

Prendendo in prestito un termine dell’astronomia, Cioran potrebbe essere definito una nana bruna, un corpo celeste a metà strada tra la stella ed il pianeta, un pensatore a metà strada tra il filosofo ed il poeta e altresì un pensatore che di ogni cosa ha sostenuto il pro ed il contro[7].

La filosofia di Cioran è una filosofia permeabile per quanto riguarda la vita personale. È una trasposizione in parole delle delusioni, della malattia, e ha come obiettivo quello di non essere capiti perché è una sventura essere capiti, ≪la peggiore che possa abbattersi su un autore≫[8], enucleando una regola d’oro per sfuggire a tale sventura: ≪lasciare di sé un’immagine incompleta≫[9]. In questa prospettiva, Cioran privilegia l’oralità alla scrittura[10], pur scrivendo. Così spiega Cioran le ragioni per cui continua a scrivere:

≪Si gira un film, la stessa scena viene ripetuta innumerevoli volte. Un passante, chiaramente un provinciale, non se ne capacita: “Dopo aver visto questo, non andrò mai più al cinema”.

Si potrebbe reagire allo stesso modo di fronte a qualsiasi cosa di cui si siano intravisti i retroscena e di cui si sia colto il segreto. Eppure con una obnubilazione che ha del portentoso, vi sono ginecologi che si incapricciano delle clienti, becchini che fanno figli, incurabili che abbondano in progetti, scettici che scrivono …≫[11]Cioran abbandona la lingua di origine nel 1947 sposando un nuovo idioma, situazione che lo porterà a tendere verso un’irraggiungibile perfezione dalla quale scaturirà un profondo odio nei confronti del nuovo idioma, ma anche l’incapacità di rinunciarvi. Come dirà nel 1986 al riguardo:

≪Quando nel 1929 andai a Bucarest per degli studi abbastanza vaghi, constatai che la maggior parte degli intellettuali parlava correntemente il francese; da qui, in me che lo leggevo soltanto, una rabbia che doveva durare a lungo e che dura ancora, in altra forma, perché – una volta giunto a Parigi – non ho mai potuto sbarazzarmi dal mio accento valacco. Se non sono dunque in grado di parlare come gli autoctoni, tenterò almeno di scrivere come loro, ecco quale dovette essere il mio ragionamento inconscio; altrimenti come si spiega il mio accanimento a voler fare altrettanto bene e anzi, la presunzione insensata, meglio di loro?≫[12]Cambiare la propria lingua è cambiare l’identità, anzi le delusioni[13]. Sposare un nuovo idioma, cambiare paese, significa per Cioran anche aver fatto un salto fuori dal proprio destino con la conseguenza di non saper più verso che cosa voltarsi, verso che cosa correre[14].

Cioran dichiara di essere un Don Chisciotte oppure un Cesare, ≪un giorno, da una contrada lontana, partii alla conquista del mondo, di tutte le perplessità del mondo≫[15] stringendo tra le mani, a guisa di arma, lo scetticismo ed il dubbio. È un cammino che lo porta a vivere in conflitto con i propri tempi, ≪un privilegio. In ogni momento si è coscienti di non pensare come gli altri. Questo stato di discordanza acuto, per quanto indigente, per quanto sterile sembri, possiede tuttavia uno statuto filosofico, che si cercherebbe invano nelle cogitazioni armonizzate con gli eventi≫[16].

a.      La formazione di  Cioran

Trascorre un’infanzia felice che ricorderà nelle sue lettere. Abbandona, a dieci anni, i luoghi natali, considerati paradisiaci, sulla scia di Ion Creanga, vivendo una crisi di disperazione nel carro che lo porta verso Sibiu, dove frequenterà il liceo Gheorghe Lazar.

Nel 1924 l’intera famiglia si trasferisce a Sibiu. In questo periodo nasce dentro di lui una passione famelica per la lettura. Frequenta l’Università di Lettere e Filosofia a Bucarest, mentre divine la preda di insonnie sfibranti.

È affascinato da Nae Ionescu, il mentore della sua generazione. Legge Schopenhauer, Nietzsche, Simmel, Worriger, Kant, Fichte, Hegel, Husserl, Kierkegaard, Bergson. Collabora a periodici di grande importanza come “Cuvantul”, “Gandirea”, “Calendarul”, “Floare de foc”, “Discobolulu”, “Azi”, con articoli influenzati dalla “Lebensphilosophie”, criticando la ragione a favore della vita, militando per la rigenerazione del mondo intero e specialmente della Romania, attraverso tesi vicine a quella dei membri della Guardia di Ferro.

b.      Gli scritti in lingua romena

La rinuncia al romeno da parte di Cioran ha segnato il suo distacco, in quanto intellettuale, dalla Romania, un distacco che si è realizzato in entrambi i sensi: l’autore si è allontanato ideologicamente dai pensatori romeni, ma anche essi hanno smesso di volerlo comprendere, un risultato ottenuto anche grazie alla Securitate comunista, la quale aveva preso nel proprio mirino il pensatore, ormai disinteressato a risuscitare un ideale nel popolo romeno, cercando con ogni mezzo di avvolgere i suoi lavori in una cattiva luce. Sempre sotto stretta sorveglianza, grazie alle intercettazioni nella casa del fratello[17], luogo frequentato dagli intellettuali del tempo, il regime iniziò un lavoro di offuscamento dei suoi scritti nella Romania ormai profondamente comunista, motivo per cui Cioran rimarrà, a lungo, poco noto ai suoi connazionali. Solo alcuni scritti avranno un certo successo, specialmente quelli redatti nella madrelingua.

Esordisce con un saggio filosofico, Pe culmile despartirii (Al culmine della disperazione), 1934, per il quale riceverà il Premio per Giovani Scrittori della Fondazione Regale.

Gli viene accordata una borsa di studio da parte della Fondazione  Humboldt per studiare filosofia a Berlino. Si inscrive ai corsi di Nicolai Hartmann, non particolarmente amati, e a quelli di Ludwig Klages, il teorico del “ritmo vitale” e dell’azione mortificante della coscienza sulle pulsioni originali della vita – corsi che lo entusiasmano. Sempre a Berlino, scopre Kokoschka e gli altri espressionisti, ma anche la drammaturgia di Bruckner.

Al culmine della disperazione (1934) ha provocato con la sua comparsa una vera e propria pioggia torrenziale di critiche, l’eco dello scioccante saggio sarà persistente e contradditorio. Il giovane pensatore fa della disperazione un modo di essere. La sua filosofia frammentaria, anti-sistematica, accusando lo spiritualismo astratto, ridiventava ciò che G. Liiceanu definisce un “genere letterario”. La sua filosofia lirica, seguendo il metodo dell’agonia, con radici nella filosofia di Kierkegaard e Nietzsche, è un’originale “ontologia poetica”. Essa viene sviluppata nel primo capitolo, dal titolo Essere lirico. Per Cioran il sistema è artificiale, odiato in quanto l’autore scrive solo ≪nei momenti di ispirazione, quando il pensiero è un’espressione organica e personale che segue la fluttuazione e la vibrazione della disposizione nervosa e organica≫[18]. Il lirismo definito da Cioran non soffre di autismo, ma è l’effetto dell’implosione della soggettività, provocando un riverbero di se stessi. ≪Essere lirici significa non poter restare chiusi in se stesso≫[19]. Il lirismo non è più un’espressione dell’interiorità, ma l’espressione del vitalismo esacerbato e malato. ≪Quasi tutte le malattie, dunque, hanno virtù liriche […]. È infinitamente più importante il problema della sofferenza che quello del sillogismo […]. Contentiamoci dunque di scrivere l’elogio di quest’ultimo [del lirismo], per evitare di riscrivere quello della follia≫[20]. La filosofia di Cioran è determinata e determinante per una poetica e un’estetica moderna fondata sulla vitalità e inconscio. N. Manolescu  sostiene che  ≪La poetica di Ion Barbu presenta elementi evidenti di questa isteria vitale, come quella riguardante il romanzo soggettivo di Camil Petrescu (contro il husserlianismo)≫[21].

I temi della riflessione cioraniana sono la morte, la malattia, la melanconia e, specialmente, la disperazione.

L’autore non sviscera gli argomenti in modo concettuale ma metaforico. Come alcuni esistenzialisti, Camus ad esempio, egli considera il suicidio un problema filosofico fondamentale e, nonostante l’esistenza rimanga priva di un argomento teleologico, egli scopre una logica irrazionale nella passione per l’assurdo.

La disperazione del filosofo, come hanno notato sempre i suoi critici, si presenta in un senso paradossale, estremamente tonificante, segno che il pensatore oltrepassa il pessimismo e la misantropia in una direzione totalmente opposta, della comunicazione e dell’unione con un fondamento organico, affettivo. ≪Da un punto di vista essenziale e ontologico, esso [il bacio] avvicina all’essenza della vita più di una lunga e complicata riflessione≫[22].

Nella recensione al libro, C. Noica riconosce di non comprenderlo molto bene, ma non dubita della sincerità del pensiero di Cioran. ≪Fa niente, Emil Cioran, tu menti. Ma puoi continuare a mentire. Io ti credo≫[23]. L’autore non parla più, come molti altri della sua generazione, di fatti impersonali, essendo pienamente sincero, fino all’agonia più profonda – diversamente da come sosteneva S. Cioculescu ed altri – un ≪uomo che si siede nudo di fronte alla vita e alla morte≫[24], rischiando di esporsi alla derisione, perché la sua disperazione ha, in primo luogo, stile.

G. Calinescu, nella Istoria literaturii romane de la inceput si pana in prezent, non comprendeva la secondarietà delle idee per Cioran. La loro assenza oppure il loro presunto prestito dal suo maestro Nae Ionescu, la forma aforistica kiekegaardiana le sembravano proprio i motivi necessari per contestare la personalità di colui che scrive qualcosa di indefinito, ≪una sorta di saggi filosofici≫ nei quali si attua un ≪giovanile esercizio di seminario≫[25]. È proprio la volontà e la forza della personalità ciò che sfugge al critico  nel caso di Cioran, il quale estetizzava e stilizzava, sulla scia di un nichilismo costruttivo, i tormenti lirici, da ≪grande poeta del pensiero≫[26] come si sarebbe espresso Ion Negoitescu.

Nel 1936 pubblica il secondo volume di saggi in lingua romena, Cartea amagirilor. Con questo testo, egli continua il modo di pensare e di essere lirico e aforistico, ciò che si potrebbe definire come un argomento “onto-retorico”[27].

L’autore, inorridito dalla sonnolenza romena nella storia dell’umanità, delle complessità con la quale essa viene mistificata e assottigliata con uno sconosciuto specifico nazionale, pubblica, nel 1937, Schimbarea la fata a Romaniei.

Come D. Draghicescu nel Din psicologia poporului roman, Cioran propone un’esatta e assoluta necessità di auto-conoscenza etnica, per raggiungere una teleologia salutare del miglioramento. Antitradizionalista, pro-occidentale, anti-ortodosso, egli oppone l’energismo transrazziale della rassegnazione “mioritica”, pastorale, nella quale scopre l’auto-disprezzo, il celare il sacrificio, la pigrizia, l’innocenza colpevole di tutti, l’umiliazione umana e la non meritabile pietà. In questo contesto, ≪Eu vreau un alt neam≫ (Io voglio altri parenti), è una spinta verso il cambiamento e non verso l’annichilimento.

Al di là delle tesi imperialistiche, anche G. Calinescu riconosce in questo testo un lovinescianismo[28] di fondo, un tendere verso l’europeizzazione ignorata troppo a lungo e la riscoperta degli ideali dei militanti del ’48. ≪Emil Cioran respinge le piccole missioni, la cultura del villaggio, mette sotto processo “Junimea” e approva il liberalismo, entra, in una parola, totalmente nello spirito delle forze rivoluzionarie proprie a Lovinescu≫.[29] Nel 1950 pubblica Lacrimi si sfinti (Lacrime e santi), un libro che provoca molte reazioni, drasticamente criticata da M. Eliade per il suo nichilismo e confusione, mentre alcuni recensori lo accusano di ≪sacrilegio≫[30]. Lacrime e santi (1937) è il libro di un pensatore il cui spirito è , come ha mostrato Mariana Sora[31], romantico e emineschiano[32]. Cioran non si sente a casa propria da nessuna parte, l’esilio ha come referente il tempo e non lo spazio. Egli è un Faust con due anime diverse, una ardente, l’altra contenuta, felicemente bilanciate in un mondo oscuro dell’angoscia. Il suo romanticismo è una costante dello spirito e non un costrutto poetico, per questo Cioran è stato avvicinato, non solamente in modo critico, ma anche in modo biografico, a Samuel Beckett.  Questo ≪ricercatore dell’assoluto≫[33] fallisce nel tentativo di uscire dall’ego attraverso il nos. Alla relazione con Eminescu, l’autore di Memento mori oppure di La preghiera di un Daco, arriva attraverso Nietzsche, il buddhismo, la scolastica, gli eretici. La malinconia demoniaca coabita con l’eroismo byroniano. Il fervore del discorso sulla paura del male è filtrata attraverso il demonismo, l’eresia, la mistica tedesca medioevale, l’impulso distruttivo baudelairiano. Egli è un ≪romantico deciso ad abolire il proprio romanticismo, spegnendo dentro di sé la fiamma della spinta verso Dio, ma anche quella verso il demone prometeico≫[34], scrive Mariana Sora.Amurgul gandurilor (1940) è un libro scritto da Cioran mentre si trovava ancora in Romania. Esso è un insieme di aforismi lirici e confessionali appartenenti ad un egoista che continua a rifiutare le accumulazioni di libri, praticando una auto-scopia profonda della propria biografia spirituale con radici biologiche e psicologiche. G. Calinescu, uno spirito diverso, non è riuscito a intuire il sincronismo e il destino di questo spirito adottato, universalizzato, di Occidente e quindi ne contesta l’originalità: ≪In Amurgul gandurilor ci sono aforismi un po’ infantili basate sul paradosso e l’esclamazione, cammina seguendo Kierkegaard≫[35]. Indrepatar patimas è l’ultimo manoscritto romeno, di 111 pagine, lasciato in Romania, comprende 56 frammenti. La seconda parte del libro non è stata continuata, rimanendo soltanto anticipata. I frammenti sono ≪equivalenti lirici≫, come li definisce G. Liiceanu[36], incentrate sul tema dell’assoluta solitudine nella natura e nella storia. L’ego è solitario perché indistruttibile e non comunicato, a dispetto della sua proiezione inconsistentemente discorsiva.

La malinconia, la monotonia, l’orrendo lo macera emotivamente. Il tempo dominante della riflessione è quello del crepuscolo, mentre l’agonia lo sovrasta. Lo spazio emblematico è quello parigino, dell’esilio scelto, evidenziando il clivaggio ontologico dell’abisso valacco originario e l’inizio dello sfilarsi paradossale dell’Essere.

Singuratate si destin 1931 – 1934; Revelatiile dureri racchiude la pubblicistica della giovinezza di Cioran apparsa in due edizioni, una nel 1990 e una nel 1991, nonostante questo manca ancora un’edizione integrale e non censurata dell’opera. L’autore ha invocato il diritto ad un’ultima immagine della sua opera, realizzando eliminazioni e riscrivendo, sia qui, come in Schimbarea la fata a Romaniei. Alcuni, come Z. Ornea, l’hanno accusato di aver sfigurato la propria opera, introducendo criteri politici e ideologici a discapito di quello estetico[37]. Il radicalismo politico è stato riconosciuto come eccessivo da Cioran stesso, esso si identifica con l’effetto estremo del vivere in un mondo che sperimentava assiduamente l’esistenza paradossale. Cioran rimane acuto quando circoscrive le proprie riflessioni intorno agli argomenti che l’avevano ossessionato: la disperazione, la solitudine, il destino, la malinconia, la morte, l’utopia; oltrepassando, con intelligenza, l’apologia delle barbarie, della follia, dell’estasi e dell’abisso.

N. Florescu ha identificato pagine dello scrittore nella rivista “Luceafarul” apparsa in lingua romena a Parigi raggruppandole nel volume “Razne”.

c. Gli scritti francesi

Diversamente da quelli scritti in lingua romena, gli scritti francesi hanno conosciuto una maggiore notorietà e divulgazione.Précis de décomposition (Sommario di decomposizione), sarà apprezzato da Claude Mauriac, André Maurois e specialmente da Maurice Nadeau.

Con Syllogismes de l’amertume adotta definitivamente l’aforisma come stile di scrittura. Riedito nel 1976, il libro, inizialmente ignorato, diventa un best-seller. ≪Sillogismi è un libro che piace solo ai giovani. Gli altri, i miei amici per primi, la trovano insignificante e frivola. Io sono più indulgente, per colpa del mio prediletto per i libri falliti≫[38]. Appare La tentation d’exister, un libro evento in Francia. ≪Non è esisto, senza dubbio, da 20 o 30 anni, sul piano intellettuale, un evento paragonabile con la pubblicazione del lavoro di Cioran≫, scrive un critico della “Dimanche matin”[39]. Con l’occasione dell’edizione americana, Cioran confessa a suo fratello: ≪Credo sia il mio libro migliore≫[40].Appare Histoire et Utopie. In Francia, il mondo intellettuale è marxista e la ricezione del volume riflette l’opinione della sinistra occidentale. Viene lodato particolarmente lo stile “magnifico”, così denominato da Roger Caillois[41].

Pubblica La Chute dans le temps e Jean-François Revel, in « Le Figaro Littéraire », (3 XII 1964), scrive : « Cioran ci offre il piacere più raro – quello di gustare le idee senza essere d’accordo con esse – quello di uno stile veloce che si legge piano »[42].

Appare, nel 1960, Le Mauvais Demiurge. Rieditata nel 1965, nella popolare collezione “Livre de Poche” (Trattato di decomposizione). “Le monde” gli dedica due pagine, a firma del filosofo esistenzialista e drammaturgo Gabriel Marcel. Cioran detesta la pubblicità: ≪Ho cercato di fermare tutto questo affare, ma non è stato possibile≫[43].Pubblica un libro che non considera ≪Né buono, né cattivo […] un somma di riflessioni e aneddoti, del genere futile e funebre insieme≫[44], si tratta di De l’inconvénient d’etre né.

Pubblica Ecartèlement (Squartamenti) e così si esprime al riguardo: ≪I libri che ho scritto qui in più di 30 anni non hanno mai avuto un successo reale. Ed ecco che di questa, la quale sicuramente meno buona delle altre, ne parla tutto il mondo≫[45].

Un’altrettanta grande rivelazione è stata quella delle epistole di Cioran, parzialmente scritte in romeno,  Scrisori catre cei de-acasa  pubblicate nel 1995, svelando così la sua immagine più autentica.

Emil Cioran, dopo aver presentato un mondo altrettanto incerto quanto quello dipinto da Pascoli nell’opera Il lampo, morirà nel 1995 dopo anni di solitudine e di improduttività letteraria.

[1] Emil M. Cioran, Esercizi di ammirazione, Adelphi, Milano, 2005, p. 108.

[2] Geo Savulescu, Lucian Blaga. Filosofia prin metafore, Editura FCR, Bucuresti, 2000, p. 6.

[3] Ionel Necula, Emil Cioran in vemea Romaniei comuniste, in ≪Pro-Saeculum≫ 7/2008, p. 44.

[4] Ibidem.

[5] Aurelio Rizzacasa, Sentinella del nulla. Itinerari meditativi di E. M. Cioran, Morlacchi, Perugia, 2007, p. XV.

[6] Ivi, p XVI.

[7] Emil M. Cioran, Sillogismi dell’amarezza, Adelphi, Milano, 2007, p.39.

[8] ID, Esercizi di ammirazione, op. cit., p. 15.

[9] ID, L’inconveniente di essere nati, Adelphi, Milano, 2003, p. 158.

[10] Ivi, p.65.

[11] Ivi, p.64.

[12]ID,  Esercizi di ammirazione, op. cit., pp. 223-224.

[13] ID, La tentazione di esistere, Adelphi, Milano, 2008, p. 57.

[14] ID, L’inconveniente di essere nati, Adelphi, Milano, 2003, p. 187.

[15] ID, Esercizi di ammirazione, op. cit, p. 64.

[16]ID,  L’inconveniente di essere nati, op. cit., p. 146.

[17] Aurel Cioran, figura scomoda per il regime comunista, rimarrà l’unico legame, accanto alla sorella Virginia, di Emil Cioran con la Romania, dopo la morte dei genitori. Aurel verrà processato a Sibiu, assieme ad altri 27 intellettuali romeni, e condannato a sette anni di prigionia. Come di consuetudine per il regime, anche la sorella Virginia Cioran verrà arrestata, l’unico a mantenere la propria libertà sarà Emil Cioran, grazie al suo esilio in Francia. Dopo i sette anni di prigione, Aurel Cioran diventa la fonte primaria per la Securitate non tanto per le sue attività, quanto perché nella sua casa vengono ospitati importanti intellettuali reazionari romeni, tra essi Constantin Noica.

[18] ID, Al culmine della disperazione, op. cit., p. 20.

[19] Ivi, p.  16.

[20] Ivi, p. 18.

[21] Victor Marian Buciu, Scriitori bilingvi. Ionescu si Cioran, FCR, Bucuresti, 2005, p. 21.

[22] ID, Al culmine della disperazione, op. cit., p 98.

[23] Per Emil Cioran, in ≪Familia≫, n. 7, novembre 1934.

[24] Victor Marian Buciu, Scriitori bilingvi: Ionesco si Cioran, op. cit., p. 22.

[25] George Calinescu, Istoria literaturii romane de la inceput si pana in prezent. Compendiu, Minerva, Bucuresti, 1983, p. 396.

[26] Victor Marian Buciu, Scriitori bilingvi: Ionesco si Cioran, op. cit., p. 22.

[27] Victor Marian Buciu, E. M. Cioran – Despartirea continua a Autorului cel Rau, Editura FCR, Bucuresti, 2005, p. 96.

[28] Eugen Lovinescu (1881-1943) è stato critico e storico letterario, teorico della letteratura e sociologo della cultura, moralista, drammaturgo, novellista, il critico più autorevole dopo Titu Maiorescu.

[29] George Calinescu, Istoria literaturii romane de la inceput pana in prezent. Compendiu, op. cit., p. 369.

[30] Victor Marian Buciu, Scriitori bilingvi: Ionesco si Cioran, op. cit., p. 23.

[31] Marina Sora, Cioran jadis et naguère, L’Herne, Paris, 1988, p. 67.

[32] Mihai Eminescu (1850-1889) è il maggiore poeta romeno. La sua opera si presenta come un perfetto connubio di romanticismo e simbolismo; la più nota di esse è Luceafarul (Espero).

[33] Victor Marian Buciu, Scriitori bilingvi: Ionesco si Cioran, op. cit., p. 24.

[34]Marina Sora, Cioran jadis et naguère, op. cit., p. 67.

[35] Geroge Calinescu, Istoria literaturii romane de la inceput pana in prezent. Compendiu, op. cit.,  p. 396.

[36] Victor Marian Buciu, Scriitori bilingvi: Ionesco si Cioran, op. cit., p. 25.

[37] Ibidem.

[38] Victor Marian Buciu, Scriitori bilingvi: Ionesco si Cioran, op. cit., p. 26.

[39] Ibidem.

[40] Ivi, p. 27.

[41] Ivi, p. 28.

[42] Victor Marian Buciu, Scriitori bilingvi: Ionesco si Cioran, op. cit., p. 29.

[43] Ibidem.

[44] Ivi, p. 30.

[45] Ibidem.

Irina Ţurcanu

nasce nel 1984 in Romania dove trascorre i primi diciassette anni trasferendosi poi in Italia. La giovane età le permette di frequentare la scuola italiana sui cui banchi s’innamora perdutamente della filosofia e una volta conseguito il diploma scientifico, dopo un anno di studi in giurisprudenza, decide di seguire la propria passione iscrivendosi alla facoltà di Filosofia presso l’Università degli Studi di Milano. Dal 2004 collabora con il giornale provinciale piacentino, la “Libertà”. Il primo componimento lirico risale all’età di undici anni, ma la prima pubblicazione avviene soltanto nel 2005 sull’antologia “Poeti del web” e nel 2006 sull’antologia “Rassegna poetica dedicata alla mamma”. Partecipa al primo concorso di poesie nel 2006 classificandosi tra i migliori e pubblicando sull’antologia del concorso offerto dal Club dei Poeti. Nel 2008 realizza una ricerca antropologico – filosofica sul dio daco Zamolxis. In Italia ha pubblicato il romanzo: Alia, su un sentiero diverso, Seneca Edizioni, pp.134, euro 15,00

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